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Elezioni europee, Fontana: “Il calo demografico è una delle tante sfide della UE”

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Il voto è un diritto, ogni elezione è di per sé più importante delle precedenti. Lo sono anche le elezioni europee che si terranno l' 8-9 giugno.
Ne abbiamo parlato con il nostro esperto Gino Fontana per la rubrica Uno Sguardo sul Mondo.

L'intervista

Prima di addentrarci nelle sfide che attendono l’Unione Europea, vediamo brevemente come funziona il Parlamento Europeo.

Vorrei iniziare giusto con un breve cenno di storia. Nel 1951 con la nascita della CECA venne istituita un’Assemblea comune composta da 78 rappresentati parlamentari nominati dai Paesi membri. Con il Trattato di Roma del 1957 venne rinominata Assemblea Parlamentare Europea aumentando il numero di parlamentari da 78 a 142, dotata tuttavia di funzioni solamente consultive e di controllo. Negli anni, questa assemblea acquisì ulteriori poteri e nel 1962 si decise di rinominarla Parlamento Europeo. Le prime vere elezioni democratiche a suffragio universale si ebbero solamente nel 1979 con Simone Veil come prima donna Presidente del Parlamento Europeo. Da allora il Parlamento Europeo ha acquisito sempre maggiori poteri e conferisce certamente un senso reale di cittadinanza europea.

Com’è composto il Parlamento Europeo?

Con le elezioni di quest’anno i seggi passeranno da 705 a 720 e la loro ripartizione per Stato membro è regolata dai Trattati. In gergo si dice che è una ripartizione “degressivamente proporzionale” ovvero gli Stati più popolosi sono proporzionalmente meno rappresentati al fine di garantire un minimo di rappresentatività agli Stati più piccoli. All’Italia spettano 76 seggi. Il Parlamento è organizzato al proprio interno da gruppi politici formati da almeno 23 parlamentari provenienti da almeno sette Stati diversi. Dato che il panorama dei partiti nazionali degli Stati membri è estremamente frammentato, i gruppi parlamentari svolgono una funzione di aggregazione di parlamentari di nazionalità diversa ma accomunati da un’affinità politica. Infine, il Parlamento è organizzato in commissioni e sottocommissioni che sono il vero e proprio luogo di lavoro. Contiamo 20 commissioni permanenti ad esempio agli affari esteri, all’agricoltura, allo sviluppo regionale, al mercato interno e così via.

Negli ultimi mesi si è dibattuto molto su transizione energetica, ambientale, digitale. Inoltre, uno dei temi centrali è proprio quello della sicurezza.

Gino Fontana

Si, questi temi sono sicuramente centrali e interconnessi, ma dobbiamo precisare cosa intendiamo per sicurezza. Militare? Demografica? Economica? Partiamo da quella economica, ovvero la garanzia di poter contare su un approvvigionamento sicuro di beni, materie prime ed altre risorse strategiche dai mercati internazionali. La globalizzazione e l’interdipendenza hanno sicuramente generato molti benefici, tuttavia, questa interdipendenza non è immune da rischi.

Proviamo a fare un esempio: se un Paese che rifornisce l’UE di una materia prima essenziale entra in crisi per una qualsiasi ragione, oppure vi è una crisi internazionale che blocca un’area geografica cruciale per il commercio e le catene di approvvigionamento, la produzione interna all’UE di quel bene o servizio strategico entra in crisi siccome vengono a mancare le risorse per produrlo. Un esempio per tutti l’invasione russa dell’Ucraina e l’approvvigionamento del gas. Altro tema centrale che riguarda la sicurezza economica sono gli investimenti per raggiungere la neutralità climatica.

Vi sono materie prime considerate strategiche in particolare per la transizione digitale e la transizione ecologica. Il Parlamento Europeo ha ratificato il Net-Zero Industry Act in materia di produzione di tecnologie necessarie per la decarbonizzazione e per raggiungere gli obiettivi climatici. La finalità quindi è rendere l’Unione Europea meno dipendente da quei pochi attori internazionali e da Stati considerati non affidabili, per l’approvvigionamento di materie prime e risorse considerate strategiche per la produzione interna.   

Vi è poi l'importante tema dell'immigrazione ma ne abbiamo già parlato nella precedente intervista

E per quanto riguarda la tecnologia?

In questo campo l’Unione Europea ha intrapreso misure per potenziare la produzione e innovazione di tecnologia sofisticata come l’EU Chips Act. Oltre a questo è stato creato un sistema di coordinamento tra la Commissione Europea e gli Stati membri di monitoraggio del mercato al fine di anticipare crisi o shock nelle catene di approvvigionamento strategiche. A questa autonomia economica si collega il concetto di autonomia strategica.

Che cosa intendi?

Gli Stati membri ne danno diverse interpretazioni. Ricordiamo tutti le parole di Macron quando disse che la NATO era “cerebralmente morta”. La visione francese auspica una maggiore integrazione delle forze armate, ma questa proposta non è condivisa dalla Germania per via dei suoi rapporti con la Cina e Stati Uniti. Inoltre, una maggiore integrazione nella difesa europea deve prendere in considerazione il rapporto con gli alleati extraeuropei della NATO. Si possono distinguere diversi tipi di autonomia: il primo riguarda la capacità dell’UE di poter condurre operazioni militari in autonomia, anche quando gli altri alleati oltre oceano non ne abbiano interesse. Questo significherebbe un incremento dei costi per la difesa per i membri europei della NATO. Il secondo tipo di autonomia lo potremmo definire “industriale”, ovvero il potenziamento di alcuni settori chiave dell’industria della difesa europea. Quindi, oltre all’autonomia operativa, vi sarebbe anche una maggiore autonomia industriale, con conseguenza una minore dipendenza dall’industria della difesa americana. Il terzo tipo invece vede l’UE pienamente autonoma in ogni settore: operativo, industriale e politico. Questo non significherebbe emancipazione dalla NATO e da Washington, ma maggiore libertà dell’UE sul campo operativo, della produzione industriale e sul piano politico. Questo potrebbe rafforzare il versante orientale (ovvero quello europeo) dell’Alleanza, ma vi sono opinioni diverse all’interno degli Stati membri.

Il calo demografico è un’altra sfida nel lungo periodo dell’UE.

Certamente, tenendo presente però che esistono dinamiche differenti all’interno della stessa UE. La bassa natalità è un tema centrale specialmente per l’Italia che riguarda il nostro presente e il nostro domani. Tuttavia, dobbiamo considerare il “dividendo demografico”, ovvero la quota di popolazione in età attiva e quella invece detta “dipendente” ovvero non in età produttiva cioè troppo giovane e anziana. Sebbene ora il dividendo demografico europeo sia positivo, le Nazioni Unite hanno stimato che prima della fine del secolo, la percentuale di popolazione in età attiva scenderà sotto il 50%.

Questo che cosa implica?

Questo implicherà inoltre maggiori costi (e quindi maggiore debito pubblico) a livello di PIL per sostenere le fasce più deboli in età dipendente specialmente gli anziani. Il rischio è che possano aumentare le diseguaglianze, quindi sarà necessario investire fortemente nel welfare e nella salute pubblica.

Che strumenti ha l’Europa?

L’Unione Europea sta cercando di attuare misure che riguardano il sostegno alla natalità, di pari passo con un’immigrazione ben integrata, e la formazione delle nuove generazioni. Oltre a ciò si punta su una più attiva partecipazione della popolazione anziana ad un nuovo tipo di economia più vicina ai loro bisogni e necessità al fine di garantire una buona qualità della vita proprio a questa fascia di età.

Prima di avvicinarci alla conclusione, l’Unione Europea non è la sola che si accinge alle elezioni. Come influiranno le altre elezioni, ad esempio quelle americane, sulle sfide che l’UE dovrà affrontare?

Sicuramente le elezioni europee ci riguardano da vicino, ma non siamo gli unici che vanno al voto appunto. In autunno ci saranno le elezioni americane, anche quelle ci riguardano da vicino siccome condizioneranno i rapporti tra Europa e Stati Uniti in materia di politica estera, maggiore o minore impegno nella difesa, nella transizione energetica, ambientale e digitale.

Inoltre, dobbiamo tenere monitorate altre elezioni importanti come quelle in Sudafrica, India e Iran tutti partner con cui la nuova Commissione Europea si interfaccerà nei prossimi cinque anni. In questo quadro internazionale frammentato credo che l’Europa debba e possa assumere un maggiore protagonismo in politica estera, vediamo cosa ci riserveranno le prossime elezioni.