Non oso chiederti come stai, l’abisso della sofferenza mi fa paura. Passano per la mente orrendi pensieri stretti nel labirinto della tua quotidianità che, tra l’incertezza del presente e l’angoscia del domani, fa nascere in me la speranza che tutto si possa risolvere nel migliore dei modi.
Che importa del profumo dei fiori, dei tramonti infuocati, della bellezza dei mari e dei monti se nel campo della vita nascono spighe di dolore? Che importa delle stagioni, della tramontana che spazza le foglie, del solleone che riscalda i cuori degli innamorati, se non comprendi il perché di questo inganno della natura biologica del tuo corpo? Che importa del bene e del male, dei ritardi agli appuntamenti, degli scioperi dei trasporti o della campagna elettorale se intorno a te aleggia l’apprensione dei tuoi cari? Nulla vale questa prigione, se non il pensiero di libertà ed il desiderio che ti possa rimettere in salute al più presto e ritrovare il sorriso e la battuta acuta ed intelligente che ben conosco. Che importa del canto del gallo ad annunciare l’alba se poi sarà un giorno d’inquietudine, visite ed esami di laboratorio?
Il pensiero annulla la distanza e ti vedo qui al mio fianco a parlare di ricordi e visto l’età di entrambi ne abbiamo davvero tanti in comune.
Vorrei lasciarti con l’amicizia di sempre e un forte abbraccio in un augurio specialissimo mentre ti do una pacca sulla spalla e ti dico: “Ti ricordi quando…?”.
Alberto Bottazzi