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La Montagna del Latte scende in Città

“Respirare”: boschi e foreste si affacciano sulla montagna del latte nelle parole di Marco Marchetti

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“Respirare”: boschi e foreste si affacciano sulla montagna del latte nelle parole di Marco Marchetti

La seconda edizione della rassegna “La Montagna del Latte scende in Città”, organizzata dall’Archivio Osvaldo Piacentini per avvicinare culture e consapevolezze urbane ai temi

Giovanni Teneggi

dell’Appenino, conoscerà sabato 18 maggio la sua quarta e penultima puntata, portando la propria attenzione sul bosco, tema “montano” quanti altri mai. Alle ore 10,00 nei locali della ex Polveriera di Reggio Emilia, Marco Marchetti ne discute con Giovanni Teneggi, responsabile per l’innovazione e lo sviluppo di Confcooperative Terre di Emilia e Presidente IFOA.

Tra i suoi tanti impegni accademici alla guida di istituzioni e società scientifiche italiane e internazionali, Marco Marchetti, già pro-Rettore della Università del Molise, è anche il Presidente della Fondazione Alberi Italia, promossa per attuare l’iniziativa lanciata da Stefano Mancuso, Carlin Petrini e Domenico Pompili, Vescovo di Rieti, per piantare 60 milioni di alberi, e testimonia in tutta la sua portata l’importanza della cura del bosco e delle foreste nella vita dell’uomo contemporaneo, come pure il rilievo che una nuova politica forestale può assumere nello sviluppo – equilibrato e sostenibile – dei territori della Nostra Montagna.

A cornice dell’evento, l’Ensamble di percussioni del Conservatorio Peri Merulo presenterà un programma musicale nel quale le sonorità della foresta potranno trovare il loro eco.

Il bosco, con le sue funzioni ecologiche fondamentali, è entrato in modo dirompente nella sensibilità contemporanea, per la sua capacità di assorbire anidride carbonica e di contribuire così a frenare le alterazioni climatiche che lo sviluppo delle attività umane ha prodotto e continua a produrre. L’importanza di questo “respirare del mondo” ci è apparso ancora più evidente quando il respiro ci è cominciato a mancare, nell’occasione della recente pandemia, e l’esigenza di un rapporto più diretto (e più responsabile) nei confronti dell’ambiente naturale è parso improvvisamente immediato e urgente a ciascuno di noi.

Anche il bosco, però, – almeno nel nostro Paese – è una formazione “sociale” che registra e richiede l’intervento dell’uomo e della sua millenaria attività di cura e manutenzione. O registra, invece, con il venir meno di questa attività, processi di inselvatichimento, che richiederanno tempi millenari per ritrovare equilibri naturali e che, intanto, generano nuovi squilibri e pericoli. Lo vediamo nello sviluppo di formazioni boschive in terreni un tempo coltivati e ora incolti, in castagneti che hanno perso la natura e la forma del frutteto, che li aveva contraddistinti come fondamentale risorsa alimentare dell’Appennino, in più antiche formazioni forestali soggette a prelievi più casuali e meno consapevoli di quelli che ne regolavano lo scambio con le tradizionali società rurali. Un processo di inselvatichimento

Il bosco, diventato il principale uso del suolo presente nel nostro Paese dove ricopre ormai oltre il 36% della superficie, ha ancora – e ancora di più - bisogno della nostra attenzione e della nostra cura.

1 COMMENT

  1. Che io sappia, all’ epoca dei nostri nonni, come si usa dire, i boschi da “sfruttamento” erano di due tipi, ossia i castagneti da frutto e il ceduto da taglio periodico, per legno da ardere o lavoro, oppure per ricavarane carbone, il che mi pare fosse il sistema andato avanti da tempi lontani, per non dire immemorabili.

    Larghe estensioni dei primi sono oggi in stato di abbandono o semiabbandono, o suppergiu’, e salvo qualche caso abbastanza isolato, non sembra intravedersi al momento un cambio di tendenza, pur auspicabile che possa essere, visto l’impegno che comporterebbe il rimettere un castagneto in produzione.

    Per i secondi, a me sembra che il proseguire col ciclico taglio tradizionale, casomai migliorato sul piano tecnico se può servire, sia ancora la forma ottimale quanto alla loro gestione, e continuo a non spiegarmi quella linea di pensiero che vorrebbe allungare gli intervalli di taglio così da farne foreste incameranti carbonio.

    Il sottrarre anidride carbonica all’atmosfera è sicuramente buona cosa, a detta degli esperti, ma il risultato é a mio vedere raggiungibile pure col rinnovo del bosco secondo le usuali consuetudini dei nostri posti, che forniscono lavoro e reddito, oltre ad energia rinnovabile (specie se dovesse rincarare il costo di quella fossile).

    Circa gli incolti, una loro significativa quota è verosimilmente destinata a restare tale, soprattutto per quei terreni la cui lavorabilita’ è resa complessa dal non poterlo fare coi mezzi meccanici, e possiamo ragionevolmente supporre che le superfici bloscate andranno aumentando, e di riflesso la capienza quanto a carbonio inglobato.

    P.B. 18.05.2024

    • Firma - P.B.