Spopolamento in montagna: -5,6% residenti in dieci anni
Al 1° gennaio 2023, dato più aggiornato, nei 7 comuni che fanno parte dell’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano (Carpineti, Casina, Castelnovo ne’ Monti, Toano, Ventasso, Vetto e Villa Minozzo) risiedono 32.122 persone, pari al 6,1% dei reggiani.
Rispetto a 10 anni fa, si è registrata una decrescita di 1.922 individui, pari a un -5,6% della popolazione residente nell’area, mentre in provincia di Reggio Emilia la popolazione è calata nello stesso arco dello 0,3%.
Al 31 dicembre 2023 le imprese attive nel territorio sono 3.356, di cui 1.137 sono artigiane.
Sono i principali dati che emergono da un’analisi elaborata dall’ufficio studi Lapam Confartigianato sul territorio dell’Appennino Reggiano.
Come emerge dall’indagine, analizzando in primo luogo la popolazione residente, si nota uno spopolamento generalizzato per tutti e 7 i comuni, più accentuato a Ventasso (-10,4%), Villa Minozzo (-10%) e Toano (-8,2%). I giovani under 35 hanno un’incidenza inferiore rispetto agli over 65. La popolazione giovane decresce anche per effetto del calo delle nascite: nei comuni dell’Appennino Reggiano sono nati 190 bambini nel 2022 ma sono decedute nello stesso anno 522 persone, che comporta un saldo naturale negativo di 332 abitanti.
Il mercato del lavoro è composto da circa 14.800 occupati nell'Appennino Reggiano. Il tasso di occupazione è del 52,2% in montagna, a fronte di un 53,3% medio provinciale. Le persone in cerca di occupazione sono il 4,3% della popolazione dell'Appennino (tasso di disoccupazione), in linea con il 4,2% provinciale. Complessivamente gli occupati e i disoccupati, che compongono la forza lavoro del territorio, sono circa 15.400 persone e rappresentano il 54,6% della popolazione in età lavorativa dei comuni dell'Appennino Reggiano (è il 55,6% in provincia). Complessivamente i dati mostrano un mercato del lavoro in buona salute, che ha ripreso a crescere dopo la battuta d'arresto dovuta alla pandemia.
Focalizzando l’attenzione sulle imprese, nei territori montani si ha un calo maggiormente marcato rispetto al resto della provincia di Reggio Emilia.
Nel lungo periodo (dal quarto trimestre 2015 al quarto trimestre 2023) i comuni in esame perdono 197 imprese, con un calo del 5,5%, più marcato rispetto al -2,8% medio provinciale. Cali più accentuati si osservano a Castelnovo ne’ Monti (-78 imprese in 8 anni), Toano (-37 imprese) e Vetto (-35 attività). L’artigianato cala nello stesso periodo dell’11,6%.
La composizione per macrosettori del tessuto economico ha sicuramente una influenza sulle dinamiche demografiche delle imprese. Il territorio montano ha una vocazione agricola: il 27,2% delle imprese lavora nel settore primario. Per numerosità di imprese segue il settore delle costruzioni (665 attività, il 19,8%) che cala del 10,5% con 78 imprese in meno negli ultimi 8 anni. Il commercio conta 622 imprese (il 18,5%), con 75 imprese in meno. Il macrosettore dei servizi alle imprese conta 413 attività e pesa per il 12,3% sul totale delle imprese (è il 20,1% in provincia), ma risulta essere l’unico settore in crescita assieme ai servizi alle persone che conta 190 imprese (il 5,7% del totale).
"Questi dati – conclude Daniele Casolari, responsabile sindacale e delle categorie di Lapam Confartigianato – dimostrano come sia possibile fare impresa nei territori montani, ma come ci siano oggettive difficoltà, come il reperimento di figure professionali dovuto in parte anche al calo demografico cui si è assistito in questi anni. Per contrastare uno spopolamento sempre più diffuso sia a livello di persone che di servizi è necessario investire nel territorio, nella qualità dell’offerta e nell’ampiezza delle possibilità: come associazione, la nostra mission è promuovere la cultura del lavoro autonomo anche e soprattutto in quei territori, come ad esempio la montagna, dove ci sono realisticamente delle opportunità interessanti. Logicamente è necessario un’unità di intenti con tutti gli enti presenti, per investire e riuscire così a invertire questo trend che riguarda comunque tutto il territorio provinciale ma che è più accentuato nelle zone montane".
Un grande ringraziamento a Daniele Casolari di Lapam Confartigianato per aver riportato la situazione dello spopolamento dei paesi montani e la cessazione di tante attività, spero che questi dati facciano meditare qualcuno, specie chi è responsabile di tutto questo.
Sia chiaro che c’è una responsabilità politica se il nostro territorio montano si trova in questa situazione, un territorio che a differenza di altri, avrebbe avuto grandi possibilità di sviluppo, ma una politica, una certa politica, del no a tutto, anche alle cose utili ha portato a questa situazione.
I nostri territori montani dispongono dei beni più importanti e più richiesti, a partire dalle su risorse naturali, l’acqua, la biodiversità, i paesaggi, prodotti di qualità, valori della solidarietà, tradizioni, cultura, ecc.; ma con ogni mezzo si è impedito che questi beni potessero produrre reddito e lavoro; e la responsabilità di questo ricade interamente su chi si è opposto che venissero realizzate le infrastrutture necessarie a sviluppare questi territori, infrastrutture in parte già avviate e poi sospese. a partire dalle fondovalli alla Diga di Vetto.
Egoisticamente fa piacere che i cali più accentuati hanno colpito Castelnovo ne’ Monti e Vetto, comuni che dalle grandi infrastrutture ne avrebbero ricavato i maggiori benefici, ma che a mio avviso, hanno pensato solo al loro orticello e non all’interesse dei paesi del crinale.
Pensate ai grandi benefici che avrebbero portato le fondovalle Val d’Enza e Val Secchia ai paesi montani, ma chi ha la mia età ricorda che quando iniziarono i lavori della Fondovalle Val d’Enza, un politico di peso in un convegno gridava che su quella strada ci sarebbe cresciuta l’erba, che non ci sarebbe passato nessuno, che erano miliardi di vecchie lire buttati via, e i lavori furono sospesi, come furono sospesi i lavori della Diga di Vetto, sempre grazie a qualcuno; e mai ripresi, sempre grazie a qualcuno.