C’è una breve poesia, solo otto versi di un frammento senza titolo scritti ai margini di un'altra poesia, di John Keats (1795-1821) che pare lontana dal modo di comporre del poeta romantico. Gli otto versi sono costruiti attorno ad un linguaggio lineare e asciutto, senza schema metrico, ciò che ci fa pensare che siano, appunto, un frammento incompiuto. Nonostante ciò, come in molti altri componimenti, è protagonista la morte, ben presente al poeta che soffriva già della tubercolosi che solo due anni dopo lo avrebbe ucciso in Italia, dove era venuto con la speranza che il clima mite gli giovasse.
This living hand, 1819
Questa mano vivente
This living hand, now warm and capable
Questa mano vivente, ora calda e capace
Of earnest grasping, would, if it were cold
Di una stretta calorosa, se fosse fredda
And in the icy silence of the tomb,
E nel gelido silenzio della tomba,
So haunt thy days and chill thy dreaming nights
Perseguiterebbe in tal modo i tuoi giorni e farebbe rabbrividire i sogni delle tue notti
That thou would wish thine own heart dry of blood
Che desidereresti che il tuo stesso cuore si asciugasse del suo sangue
So in my veins red life might stream again,
Così che nelle mie vene il rosso della vita potesse fluire di nuovo,
And thou be conscience-calm’d–see here it is–
E la tua coscienza sarebbe rasserenata - guarda ecco -
I hold it towards you.
Te la porgo.
La mano del poeta, lo strumento per mettere sulla pagina la sua poesia, è ancora calda, pronta a scrivere, stringere, accarezzare, ma, se fosse fredda del gelo della tomba, la persona cui i versi si rivolgono sarebbe pronta a dare il suo sangue per farla rivivere. A chi è indirizzata la poesia? A un altro poeta amico, che può ben capire la pena di sapere che gli anni che rimangono sono contati, quando si ha la consapevolezza di ciò che quella mano potrebbe produrre poeticamente? Una pena la cui angoscia è moltiplicata perché morire impedirà il compimento, nei versi, delle proprie capacità. La morte di una persona giovane è tanto più crudele, appunto, perché distrugge ciò che è ancora solo in boccio, che non potrà mai fiorire, è lo spreco di una mente acerba. Keats dice anche che se si riuscisse ad evitare la sua morte, la coscienza sarebbe rasserenata. Perché? Perché sopravvivere ad una fine così giovane, un amico che condivide le nostre passioni, fa sentire in colpa, ci fa chiedere perché a noi non è successo, ci fa riflettere sulla crudele casualità della vita.
O, forse, la poesia è diretta a Fanny Brawne, la fidanzata che Keats non riuscì a sposare. I versi usano sia la parola thou che you: il primo indicava maggiore familiarità, mentre il secondo era più formale, quindi Keats si sta rivolgendo a qualcuno con cui ha confidenza e potrebbe usare you nel verso finale a indicare la formalità di una vera e propria richiesta di matrimonio, del poeta che si promette alla donna dandole la mano.
Comunque sia, mi piace pensare a questa mano come un pegno d’amore per noi arduo da comprendere. In una società che disapprovava il contatto fisico, quanti significati erano affidati al tocco d'una mano? Quante sfumature d’amore, di passione, di affetto, di desiderio prendevano forma al contatto delle dita? Difficile capirlo adesso pienamente, ma certo le mani diventavano braccia che stringevano e labbra che baciavano.
Anche Vittorio Sereni (1913 - 1983), in soli nove versi, concentra lo sguardo sulle mani. Questa volta sono le mani dell’amata:
Le mani, 1941
Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
Le mani della donna creano una distanza, come cercasse di mantenere la propria individualità anche nell’amore, e pare creino un’ombra sul volto del poeta, un’ombra che fa pensare alla sera; ma poi, quando queste mani si aprono, la vista comprende tutta la città in un tramonto infuocato. Rivelano un mondo di colore e passione. Anche nei sonni, nelle sere future le mani saranno presenti, e come una persiana ritaglieranno, rivelandolo in strisce luminose, il bagliore del sole. Queste mani donano ricchezza, calore e luce, incarnano il corpo della donna che, quando deciderà di andarsene, riprendendosi le mani, farà perdere al poeta il legame con la terra e il vento, il suolo e l’aria, ovvero con la vita stessa.
La visione di Sereni della donna come portatrice di luce e vita è un tema spesso presente in letteratura, dove soggetti già esplorati prendono una nuova vita, perché la poesia che viene scritta ora si nutre di tutto quanto è stato scritto prima, in una conversazione ininterrotta. Così, mi piace pensare che i versi di Sereni intonino un dialogo con quelli della poetessa Indo-Canadese Rupi Kaur (nata nel 1992) Being Independent (Essere Indipendente):
i do not want to have you
non voglio averti
to fill the empty parts of me.
per riempire le mie parti vuote.
i want to be full on my own.
voglio essere piena io stessa.
i want to be so complete
voglio essere così completa
i could light a whole city
da poter illuminare una città intera
and then
e poi
i want to have you
voglio averti
cause the two of us combined
perché noi due insieme
could set it on fire.
la possiamo incendiare.
Scrivendo con tutte le lettere minuscole, Rupi Kaur ci fa intendere subito, visivamente, che questa poesia è frutto di tante culture diverse. Tuttavia, come la donna di Sereni, anche questa può dar fuoco e luce ad una città intera, dicendo al suo uomo che la forza che è in lei non ha bisogno di essere completata da nessun altro, e così lo accoglie sapendo che non perde nulla di sé stessa, bensì che, così facendo, il loro amore avrà la potenza piena di entrambi, una forza di passione da dar fuoco al mondo.