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Elda racconta: la torre di Babele e Abramo

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Sulla terra parlavano una sola lingua e usavano le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una grande pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono con le loro tende. Poi qualcuno di loro scoprì che impastando quella terra e cuocendola si potevano ricavare delle pietre rossastre molto resistenti così scoprirono il “mattone”.

Allora costruirono delle case e nacque una città, poi dissero:

“Siamo in tanti e certe famiglie dovranno emigrare, ma prima che ciò avvenga, dobbiamo costruire una torre alta come il cielo, questa resterà come nostro ricordo”.

Così cominciarono a costruire una torre con una grande circonferenza dal momento che secondo loro doveva toccare il cielo.

Certo erano altri tempi, perché noi coi nostri missili e le nostre invenzioni, abbiamo capito che la volta del cielo non è quella che vedono i nostri occhi ma ora torniamo a questi uomini.

Nostro Signore scese da lassù per vedere cosa combinava questa gente con questa grande torre e disse:

“Questi uomini sono molto presuntuosi, credono di arrivare in paradiso in questo modo, pretendono di arrivare lassù dove sta solo Dio, confonderò la loro lingua, così non si capiranno più fra di loro e non potranno continuare quest’assurdo lavoro”.

Difatti loro non riuscirono più a capirsi e crearono una gran confusione e fu in questo modo che Dio li disperse in tutta la terra con le loro diverse lingue e la torre restò incompiuta e per questo si chiamò “Babele” che significa “confusione”. 

ABRAMO E LA TERRA PROMESSA

Ora vi voglio raccontare di Abram che era un discendente di Sem. Sem figlio di Noè, aveva 100 anni quando due anni dopo il diluvio, generò Arpcasad e dopo di questo le generazioni si susseguirono e noi arrivati a Terach ci fermeremo per continuare questa storia.

Da Terach nacquero Abram, Nacor e Aran, quest’ultimo morì giovane, era lui il padre di Lot, che verrà ricordato in questo racconto. Anche Abram e Nacor presero moglie, quella di Abram si chiamava Sarai (sì, non mi sono sbagliata mettendo la i poi andando avanti capirete perché) lei era anche sua sorella dalla parte del padre ma non della stessa madre. Nacor invece aveva sposato Milca una sua cugina “questi sono i pastrocci che si combinavano allora ed erano legali”.

Sarai era sterile e non aveva potuto dare ad Abram dei figli, ma in compenso loro due si amavano molto.

Il grande patriarca Terach, prese Abram e Lot suo nipote figlio di Aran che era morto, questi portarono con loro le loro famiglie e uscirono da Ur dei Caldei. Arrivarono in un paese chiamato Carran e si stabilirono lì dove morì il vecchio Terach padre di Abram alla veneranda età di 205 anni.

Poi il Signore parlò ad Abram:

“Vattene da questo paese e dalla casa di tuo padre, ti indicherò io dove, farò di te un grande popolo e ti benedirò e farò grande il tuo nome”.

Abram aveva allora 75 anni e aveva sempre ubbidito a Dio, perciò prese la moglie Sarai e Lot suo nipote e tutti i suoi beni, i suoi servitori, fecero una lunga colonna e si incamminarono dove Dio indicava loro la strada, verso la terra promessa. (Io questo me lo sono sempre immaginato un po’ come i nostri pastori quando scendevano a piedi dai monti coi loro greggi e i loro carretti tirati dai muli e andavano a svernare nelle pianure della Toscana).

Arrivarono in un paese chiamato Canaan, pieno di verde delle sue erbe e di fiori, lo attraversarono fino alla località di Sichen lì si fermarono presso le Querce delle More, lì Abram costruì un altare al Signore che gli era apparso poi passò sulle montagne e piantò la sua tenda, proprio fra Betel e Ai.

Abram era molto ricco sia in bestiame che in oro e argento e aveva al suo seguito molta gente che lavorava per lui. Anche suo nipote Lot possedeva greggi armenti e proprio per questo decisero di dividersi dal momento che i loro mandriani bisticciavano spesso fra di loro.

Abram disse a Lot:

“Non deve esserci discordia fra di noi, tu scegli: se tu andrai a destra io andrò a sinistra e viceversa”.

Allora Lot scelse la valle del Giordano, verde irrigata da ogni parte, sembrava il giardino del Signore e Abram rimase a Canaan. 

Così Abram scese alle “Querce Di Mamre” e vi costruì un grande altare per onorare Dio.

Poi naturalmente scoppiarono delle guerre, queste ci sono sempre state e ci saranno sempre perché gli uomini sono di indole cattiva.

Gli invasori arrivarono dalle parti del Mar Morto, loro si erano ribellati ai soprusi dei loro sovrani e arrivarono combattendo fino a Sodoma e Gomorra. Finalmente gli invasori se ne andarono, ma fecero prigioniero Lot il nipote di Abram, con tutti i suoi averi e le sue donne.

Allora Abram radunò 318 uomini esperti d’armi, figli dei suoi schiavi nati nella sua casa e si diede all’inseguimento dei rapitori e riuscì a liberare Lot, le sue donne e recuperare i suoi averi e qui riusciamo a capire che Abram non fu solo un pastore e un contadino ma anche un condottiero di uomini che sapevano guerreggiare.

Dopo Abram ebbe una visione e il Signore gli disse:

“Non temere Abram Io sono il tuo scudo, la tua ricompensa sarà grande”.

Rispose Abram:

“Mio Signore Dio che mi darai? Io me ne vado senza figli, non mi hai dato discendenze e un mio domestico sarà il mio erede”.

“Non un tuo domestico, ma uno nato da te sarà tuo erede.”

Sarai sua moglie, non potendo avere figli, lo fece unire a una sua ancella egiziana che si chiamava Agar. Dovete sapere che secondo le leggi di allora il figlio della schiava, che doveva partorire nel grembo della padrona, era considerato il figlio della moglie sterile. Difatti questa gli diede un figlio che chiamò Ismaele.

Dopo una decina d’anni, un giorno Abram vide arrivare alla sua tenda tre uomini e subito li accolse, questi poi erano angeli mandati da Dio e uno disse a Sarai che dopo circa un anno le sarebbe nato un figlio.

Sarai rise: “Un figlio? Non vedete come sono vecchia?”

“Dio può far tutto, tu avrai un figlio che chiamerai Isacco”.

Abramo e Isacco

Così fu, dopo un anno arrivò questo bambino, poi successero molte cose, ma io vi racconterò solo quello che sentivo raccontare da mia madre.

Un giorno Dio disse ad Abram che da allora si sarebbe chiamato Abramo e la moglie non più Sarai, ma Sara, poi gli ordinò di portare suo figlio sopra un monte e di immolarlo a Dio al posto dell’agnello.

Abramo con la morte nel cuore ubbidì a Dio, come aveva sempre fatto, ma quando aveva già messo il figlioletto sull’altare e stava per ucciderlo, sentì la voce del Signore:

“Abramo, Abramo, fermati non farlo, ora so che mi ami e mi temi, non mi hai rifiutato il tuo unico figlio”.

Allora Abramo, vide un caprone impigliato in mezzo a dei rovi, lo prese e lo offrì a Dio.

La mamma aveva finito e io stavo zitta per un po’:

“No non ci credo Dio non può aver fatto questo, Lui è buono non è sadico e non può aver fatto star così male Abramo”.

E mia madre:

“Queste si chiamano le prove che Dio ci manda e noi dobbiamo accettarle”.

Lei era molto credente, ma poi fece molta fatica anche lei, ad adeguarsi al volere di Dio e finiamola qui, adesso andiamo avanti col dialetto:

LA TORRE DI BABELE

Insema àla tèra as parlèva sultant na léngua, po’ a fòrsa d’emigrar st’iomi ién arivà int na gran pianura e ian piantà lè al so tendi. Dop qualchidun ed lur l’à capì che impastand clà tèra rusèsa lè e po’ fàla cheòsre in ti furne agniva fòra di sass dur: iaivne inventà i matùn.

Alura a forsa ed far dal cà iàn fatt na cità, po’ iàan decìs ed far na tòra cl’arivèsa fin in paradìs. 

Alura Nostre Sgnur lè gnu zò ded laseù per vedre cusa a cumbineva sta genta e l’ha pensà:

“St’iomi is credne d’esre chisà chi, adèsa igh pens me, igh fagh cunfondre la léngua achsè in se capiràn pèo e in andràn peò avanti. Difàti l’ha fàt quest e la tòra l’è rmasa lè fin duva ièrne arivà e i l’han ciamàda Babele ca veòl dir cunfusiùn.

ABRAM E LA TERA PRUMESA

Abramo ringrazia Dio

Abràm agniva dàla disendensa ed Sem, eùn di fieò ed Nuè, l’era pasà tanc ann da alura e a gh’era sta na meùcia ed disendensi, ma nuatre is fermèma a Teràch chi po’ l’éra al padre d’Abram, Nacor e Aran. Quest po’ l’era mort zòvne, ma gh’éra rmas Lot su fieòl , chi i sentirì numinàr in ste racùnt.

Anch Abràm e Nacòr iàn teòt muièra, al prèm là spusà Sarai lur ièrne fieò dal stess padre ma ed na mama diversa e Nacòr l’aiva teòt na su cususina l’as ciamèva Milca. Sé ragasèt quisc iérne i pastròcc chi févne alura e àla leg d’alura i gh’andèvne ben.

Sarài l’an gh’aiva méa aeù ed fieò, ma lur dù i s’avrivne tant ben l’istèss.

Arturnèma a Teràch chi insèm a Abràm e a Lot iandèn vèa da Ur dei Caldei in serca ed post mei e ièn arivà fin a Carran e is fèrmèn l’è dova po’ l’è, Terach chi po’ l’aiva la blèsa ed 205 an, l’è mort.

Po’ Nostre Sgnur l’ha cumincià a parlar a Abram:

“Va vèa da ste paès e dàla cà ed tu padre i t’insègn me dòva e i farò ed te un gran popolo it darò la mi bendisiùn e i farò grand al tu nom.

Abram alura l’aiva 75 an, lu l’aiva sempre ubdì a Nostre Sgnur, alura insèm a su muiera e a su nuùd Lot cun teùti al besti e i servidùr  i fevne na leònga fila e i caminevne dòva Dio al gh’insigneva la véa (pensè ai pastur chi gnivne zò dàla nostra muntàgna a pé pr’andàr a svernàr in Tuscana o zò ded lè.)

Intant iérne arivà in t’un paes c’as ciamèva Canaan pien d’erba verda e fiur, po’ iarivèvne a Sichèn e is fermèn lè in cul post c’as ciameva al “Quersi di Mur”. Lè Abràm al piantè al seò tendi e al fè un altar a Dèo.

Abràm l’era un gran sgnur al pusediva besti or e argènt e anch su nuùd Lot l’era sgnur, alura iàn decìs ed divèdse. Lot l’è andà vers la val dal fieum giordano e Abràm le armàs lè a Canaan e lazò dòva i gh’a dsivne (Quersi ed Mamre) l’ha fàt un atre altar per ringrasiar Déo.

Po’ l’è scuppià dal guèr, bei i me ragasèt i duvì saver chi al guèri al gh’en sempre stadi, perché la genta l’è cativa.

Iarivévne dal Mar Mòrt i s’érne ribelà ai seò re e i gueregèvne fin al cità ed Sodoma e Gomorra. Po’ irturnevne indrè, ma iaivne fat persunèr Lot cun teòta la su famèa. Alura Abràm l’è partì cun d’iomi chi is’intendivne ed guèra, ch’iérne seò dipendent e a glà cavada a liberar Lot al seò dònn e teutt quel chi gh’aivne rubà.

In ste mòd i capirì chi Abram an era mèa sul un pastùr, ma quand l’era necesàri al saiva anch far la guèra per difendre la su famèa.

Dop Nostre Sgnur al s’è fàt vedre a Abram e al gh’à dett:

“Abràm t’en dev mèa aver paeùra me it sun sempre vsìn e it ricumpensarò”.

“Cusa vòt dam ancòra, t’en ved chi sun sensa fieò e i duvrò lasàr teòtt a un mi servitùr”.

“No t’em dèv credre it gh’arè un fieòl tùo”.

Po’ Sarài su muièra a li fè asacar atàca a la su serva cl’as ciamèva Agar acsè dop le l’arè alvà al ragasèt cumi sòo. Difati questa l’agh ha dà eun fieòl chi la ciamèvné Ismaele.

Dop circa dès ann Abràm l’ha vèst arivàr àla su tenda tri omi. Iérne angele mandà da Dèo e eùn l’ha dèt a Sarai chi dop un ann l’arè aeù un fieòl.

Sarai l’ha s’è mèsa a rèdre:

“T’en ved Cuma i sun vècia i sun già in menopausa da parècc”.

“Dèo al pòl far teùtt, te it gh’arè un fieòl e tl’a ciamarè Isacco”.

Difàti dop gnanch un ann Sarai l’ha mess al mond ste fiulìn. Po’ l’è sucèss tanc fatt, ma me iv cunt sul quel c’am cuntèva mi mama.

Un de Dèo l’ha det a Abram chi d’alura al se sré ciamà Abramo e su muiera Sara, inveci che Sarai. Po’ al ghè cmandéva ed purtar su fieol Isacco insèma a na muntagna e a uffril a Lu al post d’un agnell.

Abramo al gh’aiva un gran dispiasèr in t’al còr, ma l’ubdiva a Dèo, cuma l’aiva sempre fat, ma quand l’ha mèss al fiulìn inséma a l’altàr e cun al curtèl a l’arè sgusà cuma al féva cun iagnell l’ha sentì la vus ed Nostre Sgnur:

“Adàmo fermete an li fàr mèa iò sul avrù mandàt na pròva”

Alura Abram l’ha ciapà un cavrun cl’era lè vsìn e a l’ha breùsà insèma a l’altar.

La mama l’aiva fnì ed cuntàr, alura me dop un peo’ i s’un saltada seò e iù dett:

“Me in ghe cred mèa chi Dèo l’ha fat quest, alura a srè trop cativ e sadiche, per far suffrir achsè un papà”.

E la mama:

“Quésti as ciamne preòvi chi Nostre Sgnur al manda e nuatre i duvema acètali”.

Le la cherdìva verament, ma po’ l’ha fat fadiga anca lé a acetar al vler ed nostre Sgnur e fnemla che.

 Elda Zannini