L'Eccidio di Cervarolo e quei risarcimenti che, incredibilmente, non arrivano…nonostante la legge
E’ una vicenda, quella in oggetto, che ‘balla’ tra il paradossale e l’incapacità endemica di questo Paese di fare i conti con il proprio passato. Inoltre, se guardata con la lente di casa nostra, anche con quell’antifascismo raccontato ma mai veramente ‘applicato’ per… fatti concludenti.
Una situazione tornata prepotentemente alla ribalta a livello nazionale, con svariati articoli comparsi su alcune testate nazionali ed i cui effetti si riverberando anche sul nostro Appennino.
L'Eccidio: arsi vivi sull’aia del paese, perfino il prete e un paralitico
Accadde il 20 marzo del 1944. Quando i tedeschi, coadiuvati dalle milizie fasciste, prima si diedero al saccheggio più sfrontato a Civago, dopo aver ucciso tre persone e dato alle fiamme le abitazioni della frazione; successivamente toccò a Cervarolo. Qui radunarono tutti gli uomini di età compresa tra i 17 e gli 84 anni, per essere fucilati, compresi anche una persona portatore di handicap e il prete del paese.
Successivamente, anche lì, come a Civago, tutte le case furono date alle fiamme. Alla fine furono 24 le persone trucidate quel giorno, sull’aia di Cervarolo.
Una vicenda che è sfociata, nei primi anni 2000, in una serie di procedimenti giudiziari davanti al Tribunale Militare di Verona, con 7 ergastoli ed il risarcimento del danno da parte della Germania, che però si è sempre rifiutata di adempiere.
E qui arriva il primo paradosso: tocca all’Italia farsi carico di questo risarcimento nei confronti degli eredi delle vittime della strage.
Una situazione che pareva sbloccata nel 2022 con un decreto apposito emesso dall’allora Governo Draghi, che, stabiliva un fondo di 55 milioni di euro, portato successivamente a 61 milioni – soldi facenti parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - per appunto, procedere ai ristori legati alle disgrazie subite dalle famiglie delle vittime del nazi-fascismo.
L’avvocato Rovali: “Ho in mano tutti i titoli per il risarcimento, perché non pagate?”
“Il decreto, in pratica, stabiliva che per accedere al risarcimento, il richiedente doveva essere in possesso di una sentenza passata in giudicato – chi parla è l’avvocato Italo Rovali, che tutela gli interessi di dieci tra gli eredi di quelle persone che persero la vita quel giorno -. Io ho quattro sentenze in mano (Quella del Tribunale Militare di Verona in Primo Grado, Quella della Corte d’Appello Militare di Verona, un’altra della Corte d’Appello dopo un rinvio per un cavillo relativo alla prima sentenza, e infine, quella della Corte di Cassazione, ndr), che definiscono in modo certo il passaggio in giudicato della sentenza. Quindi, secondo la lettera del decreto, ho pieno titolo per ottenere la liquidazione del risarcimento a favore dei miei assistiti. Eppure…”
Eppure i fondi non si sbloccano: “Sa quante sentenze sono andate a sentenza definitiva riguardo alle stragi come quella di Cervarolo? Venti. Ripeto, venti. Vuol dire che pochissimi otterranno i giusti risarcimenti – prosegua Rovali -. Mi sembra uno scherzo. Qui c’è lo Stato che mi ‘dice’ che c’è un fondo disponibile cui accedere per ottenere un risarcimento, che ho pieno titolo per chiederlo, ma che, tuttavia, per le più svariate, e spesso risibili ragioni, non me le sblocca. Il tutto dopo aver sostenuto oltre 50 udienze, con ingente esborso da parte dei miei assistiti, ed aver chiamato in causa (primo in Italia, ndr) la Germania come responsabile civile. Cosa dobbiamo fare ancora?”.
Per altro, spiega il legale, non stiamo parlando di poche centinaia di euro, ma sono risarcimenti tutto sommato consistenti: “Dipende dalla linea ereditaria. Per esempio, un figlio in vita di uno di quelli che furono trucidati quel giorno, può arrivare ad ottenere un risarcimento pari a 150 mila euro; chi, invece, ha lasciato un nipote diretto potrebbe ottenere circa 40 mila euro. In sostanza in base al grado di parentela di chi rimane in vita è stabilita una diversa somma a ristoro”.
“Qui si parla di antifascimo, ma poi nessuno fa nulla”.
Ovviamente, il tema centrale è: cosa fare per sbloccare la situazione. Qui si leva alto il j’accuse dell’avvocato Rovali anche nei confronti della politica reggiana: “E’ una vergogna. Qui ci si riempie la bocca della parola ‘antifascismo’, ma poi non c’è un onorevole, un consigliere regionale, provinciale o comunale, e nemmeno un sindaco che alzi un dito per fare qualcosa – attacca Rovali -. Ma le pare possibile che io debba ricevere una telefonata dal senatore Dario Parrini (Partito Democratico, ndr), dalla Toscana, per raccogliere un interesse concreto su questa vicenda? E i suoi omologhi reggiani dove sono? Qui si parla e basta. Noto, infatti, che sia a livello di politica locale che di esponenti nazionali, in Toscana c’è grande attenzione su questo tema ed alla fine bisogna sperare in loro per ottenere qualcosa di concreto”.
“Il Senatore Parrini mi ha informato che proporrà un’interpellanza parlamentare per fare in modo che la scadenza per accedere ai fondi, che coincideva col 31 dicembre 2023, possa almeno essere prorogata al 30 aprile di quest’anno. Speriamo, dunque, che questa cosa possa effettivamente concretizzarsi per darci il tempo di agire”.
“Cosa faremo? Non ci resta che la causa allo Stato”.
Agire come? Qui arriva il secondo paradosso: “Dovremo mettere in campo un’azione di recupero crediti nei confronti dello Stato – conclude l’avvocato Rovali -. Dovremo arrivare a questo, per ottenere ciò che la legge stabilisce. E’ una situazione incredibile e paradossale, ma se l’Avvocatura dello Stato continua ad attaccarsi a dei cavilli, non abbiamo altra strada”.