Home Società Davoli: “Non lasciamo che l’intelligenza artificiale ci atrofizzi il cervello”
Riceviamo e pubblichiamo

Davoli: “Non lasciamo che l’intelligenza artificiale ci atrofizzi il cervello”

348
2

Davoli: "Non lasciamo che l'intelligenza artificiale ci atrofizzi il cervello".

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di Luigi Davoli in seguito alla pubblicazione dell'articolo Intelligenza Artificiale, Reggio quarta in Regione per investimenti.

***

Luigi Davoli, presidente Cupla

Mi permetto, di fare alcune riflessioni, sul tema, in considerazione del tempo di vita che ancora penso dovrò affrontare, sono già nel terzo tempo, quindi non molto, qualche anno, non certo lustri.

Abbiamo condiviso il fatto che l’IA dà risposte, ma è una intelligenza procedurale, perché gli algoritmi non sono autoriflessivi, e quindi funziona su dati, che derivano da conoscenza medico scientifiche, da esperienze di vita ecc.

Quindi mi chiedo quale possono essere i vantaggi, o meglio i rischi, se una persona che è già nel terzo tempo della sua vita, si affida o meglio pensa di affidarsi alla IA.

Per quanto conosco, l’intelligenza umana ha la qualità dell’imponderabile, che credo sia molto difficile, se non impossibile, inserirla in una macchina, quindi ci si affida alla statistica dei dati.

E’ pertanto molto rischioso, affidarsi alla IA, per il futuro delle persone, in particolari giovani, che seguono le indicazioni sul loro futuro, salute, lavoro, interesse pubblico, persino nel riconoscimento delle emozioni, quindi aumenteremo il numero delle persone con ridotte capacità cognitive.

L’abituarti a non pensare, porta a realizzare una vita più comoda? Non credo.

Mi viene in mente, come i futuri nonni, potranno raccontare la propria vita ai nipoti, dai quali si sentiranno dire, guarda conosco già tutto. 

E’ affossare l’individuo nella sua identità, demotivarlo, portarlo alla solitudine e molto probabile alla soglia del suicidio psicologico, si perde l’entusiasmo del racconto, ci si affossa anche a livello sociale, non si potranno trasmettere le emozioni e l’empatia che le accompagna.

Anche la mia generazione, ha vissuto la tecnologia di Internet, ha imparato a usarla, a fare ricerche, ma credo restando sempre nel cerchio della conoscenza a livello informativo, e poi affidando alla propria mente la riflessione per le decisioni da prendere, certo, questo almeno nei paesi dove la cultura media della popolazione fosse abbastanza elevata.

Credo, come esempio, quasi tutti, abbiamo la patente, ma questo senza esperienza, prove, non ci permette di passare dalla guida di una utilitaria a una macchina di formula uno, noi pensiamo che l’IA riesca a insegnarci questo in modo automatico?

La Comunità Europea, sta cercano di dare un regolamento per l’IA, che certamente sarà epocale nel cambiamento sociale, indicando che le norme dovranno essere incentrate sulla persona, richiedendo una solida protezione dei diritti fondamentali, salute, sicurezza, cultura, ambiente e democrazia.

Penso in conclusione, che si dovrà portare la massima attenzione, e far sì che l’IA non atrofizzi ancora di più il nostro cervello, portandolo a non pensare, ma solo a constatare dei dati, e a non impegnarsi in quell’invecchiamento attivo che ritengo la migliore medicina utilizzabile.

Luigi Davoli

2 COMMENTS

  1. Sento parlare molto di intelligenza artificiale, ma cos’è l’I.A? Secondo Turing, il primo a parlare di “macchine intelligenti “ negli anni ‘40, sono macchine in grado di dare una risposta indistinguibile dal comportamento umano. Secondo McCarthy, nel ‘56, e fu lui a coniare il termine I.A. , sono macchina e algoritmi in grado di simulare completamente l’intelligenza umana. Chi usa i recenti traduttori sta già usando una di queste applicazioni. In campo medico se sottoponiamo una radiografia all’I.A. Questa è in grado di confrontarla con le decine di migliaia già refertate, e in futuro saranno milioni, dando un parere affidabile, sempre da confermare da un medico specialista. Spesso si sente parlare dei pericoli dell’I.A su temi tipo i fotomontaggi che nulla hanno a che fare con essa. Personalmente sono entrato in contatto con l’I.A. a metà anni ‘70 al Politecnico quando si studiava il linguaggio LISP per la programmazione di questi algoritmi, questo tema mi ha sempre appassionato e spero che questa lunga pratica non mi abbia obnubilato il cervello più del progredire inesorabile dell’età.
    Cordialità

    • Firma - Vulzio Abramo Prati