Sebbene l’americana Elizabeth Bishop (1911-1979) scrivesse poesia nello stesso periodo in cui anche Sylvia Plath e Anne Sexton lo facevano, nei suoi testi non troviamo i toni confessionali, di finestra aperta sui pensieri più intimi, delle altre poetesse. Anzi, Bishop spesso introduce immagini apparentemente banali, impersonali, come quelle che aprono i suoi famosi versi sul tema della perdita:
One Art, 1976
Un’arte sola
The art of losing isn’t hard to master;
L’arte di perdere non è difficile da padroneggiare;
so many things seem filled with the intent
così tante cose sembrano possedere la volontà
to be lost that their loss is no disaster.
di essere perdute che la loro perdita non è un disastro.
Lose something every day. Accept the fluster
Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il nervosismo
of lost door keys, the hour badly spent.
di chiavi di casa perse, l’ora sprecata.
The art of losing isn’t hard to master.
L’arte di perdere non è difficile da padroneggiare;
Then practice losing farther, losing faster:
Poi continua a far pratica col perdere. perdendo più in fretta:
places, and names, and where it was you meant
posti, e nomi, e dov’era che volevi
to travel. None of these will bring disaster.
fare un viaggio. Niente di tutto ciò sarà un disastro.
I lost my mother’s watch. And look! my last, or
Ho perso l’orologio di mia madre. E guarda! l’ultima, o
next-to-last, of three loved houses went.
la penultima, di tre case amate.
The art of losing isn’t hard to master.
L’arte di perdere non è difficile da padroneggiare;
I lost two cities, lovely ones. And, vaster,
Ho perso due città, proprio belle. E, peggio ancora,
some realms I owned, two rivers, a continent.
alcuni regni che possedevo, due fiumi, un continente.
I miss them, but it wasn’t a disaster.
Mi mancano, ma non è stato un disastro.
—Even losing you (the joking voice, a gesture
—Persino perdere te (la voce scherzosa, un gesto
I love) I shan’t have lied. It’s evident
che amo) non mento. E’ evidente
the art of losing’s not too hard to master
l’arte di perdere non è difficile da padroneggiare;
though it may look like (Write it!) like disaster.
sebbene possa sembrare (Scrivilo!) un disastro.
Nelle terzine di questa villanella (cinque terzine e una quartina finale) la poetessa, quasi scherzosamente, ci dice che perdere le cose non è mai davvero un disastro. Perdere è un’arte che si impara col tempo, prima perdendo cose banali, poi altre sempre più importanti. La perdita degli oggetti è come una lezione che ci abitua, lentamente, a reagire con calma a perdite più consistenti, perché vivere significa anche perdere. Nei cinque versi finali, però, la perdita è di tutt’altro genere: è quella della persona amata. Non è più possibile illudersi che questo evento sia sempre sopportabile, inutile ripetersi che perdere è un’abilità come le altre, facile da dominare. Pretendere non è più concesso e, facendosi forza, imponendosi di scriverlo, la poetessa termina i versi con la parola “disastro”, che così, nella sua posizione di spicco, ribalta, paradossalmente, quanto detto prima, e centra il messaggio sulla disgrazia che è, in effetti, la perdita dell’amata. Perdita che Elizabeth Bishop sperimentò quando la compagna morì suicida.
La morte o separazione da chi si ama condiziona la nostra vita spesso in modo definitivo. E’ quello che ci dice anche il poeta americano W.S.Merwin (1927-2019):
Separation (1962)
Separazione
Your absence has gone through me
La tua assenza mi ha attraversato
Like thread through a needle.
Come filo attraverso un ago.
Everything I do is stitched with its color.
Ogni cosa che faccio è cucita col suo colore.
Sono solo tre versi, ma la metafora del cucito è estremamente potente. Una volta che si è perso chi si ama, ogni cosa è vista attraverso le lenti di questa perdita; il filo della separazione che ha trafitto Merwin è come una freccia che lo attraversa, a indicare il dolore provato, e gli eventi successivi della sua vita sono come pezze cucite con quel filo, il cui colore definisce tutto quanto. La separazione potrebbe anche essere temporanea, ma, anche in questo caso, la vita assume colori diversi a causa dell’assenza della persona che la illuminava.
E’ difficile fare i conti col fatto che una persona cara non sia più con noi, l’incredulità del primo momento lascia il posto alla desolazione di dover portare avanti le giornate senza la presenza di chi ci era vicino. Ogni risveglio è oscurato dalla mancanza di un viso amato sul cuscino, le parole di chi ci circonda vengono contrapposte a quelle di chi non c’è più, i gesti delle abitudini devono ricrearsi, ora che manca chi quei gesti condivideva, e il dolore diventa parte di noi. E’ una guarigione lenta, che non ci vedrà mai sanati del tutto, ma che ci cambierà per sempre.
Complimenti come sempre, per la scelta delle poesie. Per sfatare il luogo comune che vuole la poesia unicamente triste, sarebbe bello che proponesse un capitolo sulla felicità.
Grazie ancora.
Riccardo