A partire dal 1 gennaio, le rette delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) dell'Emilia-Romagna hanno subito un aumento del 8,2%, passando da 50 a 54,10 euro al giorno. Questo significa che gli ospiti delle case protette vedranno un aumento di 123 euro al mese, sommando un totale di 1.476 euro all'anno.
Critiche della Cgil: un colpo alle famiglie fragili
“Se consideriamo le caratteristiche del territorio montano (distanze e viabilità disagiata, condizioni meteorologiche invernali rigide, alta concentrazione di popolazione ultra-sessantacinquenne e in particolare ultra-ottantenne, diminuzione dei servizi sul territorio, reddito procapite nel territorio dell'Unione Montana tra i più bassi della provincia di Reggio) abbiamo il quadro del bisogno che porta la popolazione più fragile a usufruire, come ultima scelta possibile, delle case protette" - spiega Silvia Dalla Porta, coordinatrice zona montana della Cgil.
"L'aumento delle rette mette sicuramente in difficoltà la popolazione anziana, che paga le rette a libero mercato, ma crea difficoltà anche alla fetta di popolazione che usufruisce di posti con contribuzione del Fondo regionale della non autosufficienza (Frna). Il fondo erogato, tramite i servizi sociali dell'Unione, rischia di non coprire il bisogno del territorio, purtroppo sempre in crescita. Come sindacato pensionati Spi Cgil riteniamo sia scorretto "fare cassa" su chi vive di una pensione a volte minima e che ha contribuito per una vita lavorativa intera al pagamento delle tasse. Il problema è sotto l'attenzione dei sindacati dei pensionati di tutta la regione e che a fine gennaio ci sarà una giornata di mobilitazione unitaria sotto la sede della Regione in concomitanza con una riunione del consiglio.”
Critico anche il coordinatore del Pd Montagna: necessità di coinvolgimento
“Anch'io condivido una posizione critica riguardo a questi aumenti" - dice Paolo Ruffini, coordinatore del Pd montagna.
"Non sono all'oscuro delle difficoltà finanziarie che la nostra regione sta affrontando, e dell'impegno profuso nell'ultimo bilancio nel tentativo di mantenere un livello accettabile su vari fronti ma ritengo che si sottovaluti ancora il tema degli anziani, soprattutto nelle aree montane dell'Appennino, ignorando i costi umani, sociali ed economici che le nostre comunità più anziane e le loro famiglie devono sostenere. Prima di prendere decisioni così significative, sarebbe stato opportuno e cruciale condurre un confronto approfondito e uno scambio di opinioni, consentendo una riflessione più approfondita. La mia posizione è consapevole delle difficoltà nelle pubbliche amministrazioni, ma è anche fortemente critica nei confronti di un approccio che prende decisioni senza coinvolgere le forze sociali e senza consultare il territorio. La discussione su questi temi non dovrebbe emergere solo in risposta a eventi particolari, ma dovrebbe essere parte integrante di un approccio più ampio e proattivo. Mi auguro che le prossime amministrative serviranno anche per una riflessione a 360 ° sulla condizione di questa popolazione e sulla situazione delle strutture.”
La posizione del Cupla: questo è solo un aspetto, il problema è più ampio
“Nel momento in cui il Cupla ha fatto propria la Carta per i diritti delle persone anziane e i doveri della Comunità elaborata dalla Commissione del Ministero della Sanità presieduta da Mons. Paglia che, grazie alla preziosa collaborazione di Federfarma, viene distribuita in questi giorni nelle farmacie della nostra provincia, intervenire sull’aumento delle rette nelle RSA deciso dalla Regione Emilia-Romagna è perlomeno limitativo" - dichiara Luigi Davoli, presidente del Cupla.
"È senz’altro increscioso, in tempi di aumento di tutti costi per le famiglie, un ulteriore aggravio per chi ha in carico genitori o parenti che necessitano ricoveri nelle istituzioni socio sanitarie pubbliche. Siamo convinti, tuttavia, che oggi non si possa limitare la riflessione a un unico aspetto del problema che, a nostro parere, deve partire dalla visione generale, che la Carta propone, di mettere al centro come soggetto la figura dell’anziano che ha diritto di continuare a vivere ed essere assistito il più possibile nella propria residenza e nella continuazione delle sue relazioni sociali. Siamo convinti che le azioni auspicate nella Carta possano essere perseguite solamente superando la “delega” agli addetti ai lavori, senza un coinvolgimento permanente e organico delle rappresentanze degli utilizzatori dei servizi socio assistenziali.”
Si ha non di rado l’impressione che i pubblici servizi, nel loro insieme (tra cui sembrano rientrare le RSA, ove io non abbia frainteso quanto dispone la LR n.12/2013, pur se qui si parla anche di Case Protette, che dovrebbero essere altra cosa), incontrino talora difficoltà a soddisfare la richiesta che viene dall’utenza, fatte naturalmente salve le dovute eccezioni, e a tal riguardo le spiegazioni si differenziano, tra chi chiama in causa la mole crescente della domanda, e chi invece la insufficiente dotazione di risorse economiche, cui si aggiungono quanti pensano che c’entrino in qualche modo anche impostazioni organizzative non ottimali
In questo quadro il problema può essere destinato ad acuirsi ulteriormente proprio nella sfera dei servizi alla persona, specie in quelle aree del Paese dove l’invecchiamento della popolazione segna i numeri più alti, così come i casi di fragilità per una concomitanza di fattori, e il discuterne torna sicuramente utile, oltre che opportuno, pur correndo il rischio di farne oggetto di disputa politica, ma l’importante è che si trovino alla fine idonee “vie d’uscita”, stante la indubbia portata della materia, e in proposito credo che i Corpi Sociali e altre forme di rappresentanza possano dare un prezioso contributo, avanzando rispettive proposte.
Tali eventuali proposte devono ovviamente essere realistiche e sostenibili, anche sul piano economico, ovvero “cantierabili” come si usa dire, partendo giustappunto dalle ragioni che hanno determinato la situazione attuale, ma a me sembrerebbe abbastanza sottinteso che le legittime azioni rivendicative nei confronti dei “decisori” siano più credibili e convincenti se sono accompagnate da intenti propositivi (la capacità propositiva, nei sopraddetti termini, non dovrebbe mancare a chi, per mandato, dà voce alle aspettative dei pensionati e confido quindi possa venir espressa nel corso degli incontri coi “decisori”, che penso non mancheranno.
Trovo poi condivisibile il concetto cui si fa cenno sul finale di queste righe, ossia che l’anziano “ha diritto di continuare a vivere ed essere assistito il più possibile nella propria residenza e nella continuazione delle sue relazioni sociali”, ma se la mano pubblica non fosse in grado di arrivare a tutti andrebbero allora individuati strumenti agili, semplici e snelli, che possano dare una mano a quanti riescono ancora a cavarsela da soli pur necessitando di un qualche supporto, occasionale o comunque non continuativo, e a mio modesto vedere i “voucher”, resi facilmente usufruibili, potrebbero corrispondere a tale bisogno.
P.B. 11.01.2024