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“L’Appennino muore? Lamentiamoci di meno e facciamo finalmente rete”

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“L’Appennino muore? Lamentiamoci di meno e facciamo finalmente rete”

Nella ridda di commenti che hanno suscitato le analisi pubblicate dal nostro sito sul depopolamento in Appennino da parte del sociologo Giuseppe Bonacini, è interessante far emergere anche l’opinione di chi, dalla pianura (e dal capoluogo di provincia), ha deciso di credere e investire, nella montagna e delle difficoltà, spesso ‘culturali’, nel fare breccia in un certo contesto socio economico.

Riportiamo quindi, larghi stralci di una lettera-commento di una nostra lettrice, Valentina Grasselli, a proposito di questo tema estremamente sentito nell’Appennino reggiano

“AFFITTI ESORBITANTI D’ESTATE E POI CI SI LAMENTA CHE NESSUNO LI ACCETTA”

Castelnovo Monti non è più cara di Reggio. E’ inutile, però, che ci si lamenti per le case vuote, se in estate vengono affittate a 1000 euro al mese (scelta legittima di chi lo fa, sia chiaro, ma poi….) e poi durante l’inverno solo a medici o insegnanti, a 800euro, magari, ma solo se si ha il contratto a tempo indeterminato o magari si lavora nel pubblico. Alla fine della fiera, io ho comprato casa in montagna, il lavoro l’ho trovato a Ventasso e prima di parlare dei problemi delle “famiglie” bisognerebbe, per lo meno, ascoltare anche gli under 40”.

“AVREI DEI PROGETTI PER QUESTA TERRA…”

“Io, nel mio piccolo, avrei dei progetti per questa terra, e dopo le prossime Amministrative di Castelnovo tornerò a proporle. Ma sarebbe il caso che la gente smettesse sempre di lamentarsi perché “gli altri” devono fare, e iniziasse, in primis, a operare, pensare, immaginare e creare.
Qui sembra di vivere negli anni 90 e non nel 2024. Si trovano enti che offrono lavoro e non rispondono alle mail, associazioni con pagine Facebook praticamente chiuse, siti sulla ricezione turistica con orari e prezzi fermi al 2018 (Poi vi sarebbe il discorso dei prezzi degli alberghi, su cui si dovrebbe un discorso approfondito e razionale. Mi limiterò a dire che costa mento il Trentino a Natale…).
Non si sa chi gestisce cosa, non si sa come contattare chi. Magari un cittadino di pianura è già qui e vorrebbe proporre eventi di promozione del territorio, ma non c’è un santo a cui votarsi”.

“RITROVIAMO LA NOSTRA IDENTITA'”

“Parlando specificatamente del nostro Appennino, si potrebbe già iniziare a lavorare, dal punto di vista della promozione territoriale, con quello che già c’è. Possibilmente senza criticare a prescindere se qualcosa viene dagli under 50.

Serve fare rete, ma sul serio.
Serve radunare le idee e le proposte anche dei cittadini comuni (cosa che qui è possibile fare, a differenza della zona di pianura), serve entrare nel mondo del web, e- anche in questo caso- unirsi.
Serve, soprattutto, ancorarsi alla propria anima (l’Appennino modenese promuove libri di leggende, folklore, noi non abbiamo neanche una libreria..) , possibilmente senza passare il tempo a criticare i giovani; serve trovare un’identità comune e anche campanilistica, se necessario. A meno di non volere finire come Reggio Emilia, città che ha perso tutto. Tranne il traffico.
Quando si ha un’identità, si va ovunque. E, nello stesso tempo, per andare ovunque, bisogna decidere che direzione prendere. Che tipo di turismo vogliamo? Che tipo di interessi economici perseguiamo? Che tipo di gente vogliamo attirare e che tipo di gente vogliamo essere?
Io ricordo eventi di tutto rispetto che richiamavano gente da tutta Europa. Che fine ha fatto quel “sentire comune”? Abbiamo paesini che nei decenni passati erano gioiellini turistici. Abbiamo delle vere perle (quando sono stata a Bormio, ho pensato “ecco una Cerreto Laghi che ce l’ha fatta”, per dirvi).

“C'E' ANCORA LA MENTALITA' DEL FARE?”

“Invece di lamentarsi, sarebbe più proficuo pensare a cos’è cambiato dagli anni 90 ad ora. Crisi economica mostruosa a parte. Le nostre “Terre Alte” stanno implodendo perché non ci sono abbastanza soldi? O stiamo forse morendo perché non c’è più la mentalità del fare? Sono di Reggio, ho visto cosa succede ai posti che si perdono e che hanno cittadini pigri.

Poi, per carità, se togli il reparto di ostetrica e ginecologia dall’ospedale, non si invitano certo le donne in età fertile a fare famiglia in montagna, dunque l’Amministrazione locale e regionale ci deve mettere del proprio. Ma possiamo anche scegliere di essere cittadini attivi, anziché passivi.  Non è Bonaccini che decide che l’unico cinema teatro della montagna deve chiudere in estate, per esempio…”

 

 

 

6 COMMENTS

  1. “Sono di Reggio, ho visto cosa succede ai posti che si perdono e che hanno cittadini pigri”, voglio partire dalle parole della Sig.ra Grasselli, per provare a rispondere alle Sue considerazioni, mi permetto in quanto cittadino della montagna non “pigro”
    Valentina, mi permetto complimentarmi con Lei per la Sua lettera, in parte condivisibile anche se sarà ritenuta estremistica dai lettori montanari.
    Vede Lei esprime un pensiero positivo, come io l’ho espresso per molti anni, per poi dover sbattere nella triste realtà che le cose sono diverse da quantyo si crede.
    La montagna muore…. vero. per colpa dei pigri, vero, per colpa dei politici… vero ma sopra ogni cosa vi è una verità ASSOLUTA, la montagna muore perchè dita troppo “tempo” non kilometri dalla pianura, dal lavoro.
    Ebbene si è innegabile che lo spopolamento è dovuto alla mancanza di collegamento CELERE al lavoro.
    Di questo ne sono sicuro, girando l’Italia ne ho preso visione con i miei occhi, i territori VIVONO solo se sono serviti da strade celeri, quali strade a scorrimento veloce o ferrovie.
    Potrei parlare della Val Sassina, di Sora, dei paesi di Isernia e non solo, della Val Brembana, della Val Sugana.
    Ma da noi no, la SS63 una mulattiera non più a norma con paracarri inesistenti gallerie “trappole” nessun collegamento celere con la Toscana ed il mare.
    In compenso abbiamo il Parco Nazionale, le stazioni sciistiche senza neve, ma tante speranze che ogni anno si assottigliano.
    La miopia però i montagna regna sovrana, si parla di turismo invernale….. senza neve, ma ugualmente vi sono amministratori che chiedono a mamma regione contributi a pioggia da sotterrare in attività fallimentari, forse bisognerebbe prendere atto del cambiamento climatico.
    Ma se vuole parliamo di agricoltura, di Parmigiano Reggiano , prodotto da pascoli di biodiversità prodotto con il 25/30% di spese maggiori. ma non valorizzato di un solo centesimo.
    Evviva, qui primeggia la coltura ” invidia” montanara che preferisce sperare nel fallimento del vicino piuttosto che sperare nella prosperità comune.
    Lei mi parla di far rete, ma lei pensa che il montanaro conosca la parola “rete”, beata Lei che crede ancora in questo.
    Io l’ho sperato a capo del Comitato SS63, ho auspicato che i montanari “riservati” vedendo un folle come me metterci la faccia, avrebbero seguito il sogno di chiedere una strada NUOVA per la montagna, ho solo sognato, mi creda il popolo della montagna da il meglio di se al Bar.
    Lei scrive che dopo le elezioni tornerà a parlare del Suo progetto, la prego di farlo prima , se condivisibile sarò il primo a seguirla, mi creda io non sono pigro-
    La saluto cordialmente

    • Firma - Malvolti Roberto
  2. Articoli interessanti ,fatti con competenza e autenticità!Spunti importanti su cui riflettere e valutare azioni concrete!Personalmente, nel mio piccolo ho avuto modo di incontrare molte persone che hanno vissuto le situazioni descritte nell articolo;un dialogo concreto ,partendo anche dal basso che coinvolga e incentivi i cittadini e i montanari volenterosi manca!

    • Firma - Valterino Malagoli
  3. Da queste appassionate righe traggo alcune parole o concetti su cui soffermarmi, vedi famiglia, identità anche campanilistica, promozione territoriale, difficoltà nel fare breccia in un certo contesto socio economico, e parto col dire che la famiglia a me sembra “andare a braccetto” con l’identità, nella versione più spontanea e quotidiana di quest’ultima, come ad es. il festeggiare Fiera e Sagra del rispettivo paese, o rispettiva borgata, ovvero onorare la Giornata del Patrono, ricorrenze proprie di ciascuno dei tanti Campanili svettanti nei nostri luoghi, e nel corso delle quali si ritrovano intorno allo stesso tavolo congiunti e parenti, a gustare i piatti della tradizione locale via via tramandati nel succedersi delle generazioni.

    Non è ovviamente un passo obbligato quello del “metter su famiglia”, tuttavia mi sembrerebbe decisamente sbagliato il non riconoscere la centralità di tale “istituzione”, casomai al punto di sacrificare l’attenzione nei suoi confronti per ascoltare e assecondare gli “under 40”, i quali sono una componente importantissima della società, ma il ruolo delle famiglie resta a mio vedere prioritario, anche per frenare lo spopolamento di un territorio, perché il loro esservi insediate ne promuove e salvaguarda il tessuto sociale, inteso pure come fabbisogno di servizi – scolatici, sanitari, assistenziali, ecc …- ossia una “copertura” cui invece è di fatto poco interessato chi vi soggiorna in maniera transitoria ed occasionale.

    Riguardo poi al “pensare a cos’è cambiato dagli anni 90 ad ora”, .mi verrebbe facile il rispondere che, sul piano politico, è crollata la cosiddetta Prima Repubblica, cosa non da poco, ma per evitare una eccessiva semplificazione degli eventi si può pure ricordare che all’epoca, ossia nei primi anni Novanta, e anche prima, l’economia montana ebbe a vivere una stagione di floridezza – con significativa presenza di nuclei famigliari – imperniata in buona parte sulla agricoltura, il cui apporto socioeconomico è poi andato via via calando perché molti giovani hanno scelto di prendere altre strade, e casomai trasferirsi altrove, e tutte le azioni “pubbliche” dipoi intraprese per colmare un tale “vuoto” non paiono aver dato sinora il risultato atteso.

    Se per promozione territoriale si intende l’avere una libreria o promuovere libri di leggende e folklore, sono iniziative di cui non sottovaluto certo la valenza, ma non vedo quale traino possono svolgere per risollevare un territorio, dove non si è persa la mentalità del fare, ereditata da chi, negli anni, vi ha speso impegno e fatica, mentalità che non può comunque essere del tipo concepito da chi viene da fuori e che se resta inascoltato parla semmai di “difficoltà, spesso culturali, nel fare breccia in un certo contesto socio economico”, dimenticando che ogni territorio ha la propria cultura del lavoro, per così dire in linea con la rispettiva identità.

    Per concludere, è sicuramente positivo ed apprezzabile che la lettrice abbia “progetti per questa terra” – e per inciso è comprensibile il suo disappunto circa gli Enti che non rispondono alle mail – ma eviterei di considerare in modo riduttivo gli anni 90, che anzi possono rappresentare un riferimento cui idealmente guardare, pur se quel modello di società è ineluttabilmente tramontato, ma si può comunque tendervi e la via più naturale per farlo a me pare essere quella del supportare l’imprenditorialità privata montana, nelle sue varie forme, tramite la fiscalità, ossia una sostanziosa detassazione, non appena le casse pubbliche lo permettessero.

    P.B. 03.01.2024

    • Firma - P.B.
    • Per P.B:
      dove avrei sminuito gli anni 90? Che hanno visto fiorire eventi, studi, promozione sociale… Io chiedo proprio cos’è cambiato dagli anni 90 ad oggi, a livello sociale.

      Ammetto di non aver ben compreso il discorso sulla famiglia; aldi là del discorso delle possibilità lavorative, per formare famiglie bisogna prima trovare una stabilità nel posto in cui si vive (anche se va piuttosto di moda pretendere di vederci scodellare figli su figli dopo esserci sposate col primo che passa..), stabilità che non si ritrova se ci si sente perennemente sminuiti (esempio pratico per cui ho il dente avvelenato: a Reggio fai schifo se sei donna e lavori e studi, fai schifo se guidi, fai schifo se rimani incinta e pure se sei single e non hai figli. Fai schifo sempre e comunque. Non a caso, tutti i miei amici hanno cambiato provincia da tempo..), che non si trova se i lavori vengono sempre subappaltati a qualcun altro (problema tutto italiano, non solo della nostra provincia), e che non si trova neanche se non ci si può sentire utili neanche col volontariato. Insomma, come stiamo dicendo un po’ tutti, sembra iniziare a logorarsi il sistema sociale- umano.

      Faccio puntigliosamente notare, circa il discorso “[econoia] imperniata in buona parte sulla agricoltura, il cui apporto socioeconomico è poi andato via via calando perché molti giovani hanno scelto di prendere altre strade”, che attualmente una marea di ‘giovani’ sta tornando a lavorare la terra, ma evidentemente non è abbastanza.

      • Firma - Valentina
  4. Se non fossi stato via x lavoro 30 anni visto la mia ” pigrizia” rimarrei quasi incantato da questi articoli scritti con tanta maestria..La realtà però e’un altra ,viabilità e/o lavoro ..nessuno dei 2,le conseguenze non devo certo spiegarle io..Invito la gent.le sig.ra a vivere sul crinale da Ottobre ad Aprile..una prova nei NS ormai ” borghi”…Chissà,forse intuisce la differenza tra teoria e realtà!!!
    ..magari capisce la NS pigrizia e le NS strane lamentele…
    PS. i cinema come tutte le altre attività chiudono quando non possono fare diversamente…x il resto ci pensa Bonacini.
    Saluti

    • Firma - Anonimo
    • Per Anonimo:
      …mi sono trasferita qui tra dicembre e gennaio 2022-2023 (capodanno festeggiato spaccandomi la schiena a portare i pacchi di libri in casa..)
      Ora, tra dicembre e gennaio 2023-2024, lavoro nel comune di Ventasso e Vetto.
      Ordunque?

      • Firma - Valentina