Home Dalla Provincia Ferrara (Cisl Funzione Pubblica): “Proteggere questi infermieri è una priorità per tutti”
Violenze al servizio psichiatrico di Correggio

Ferrara (Cisl Funzione Pubblica): “Proteggere questi infermieri è una priorità per tutti”

110
0

Ferrara (Cisl Funzione Pubblica): “Proteggere questi infermieri è una priorità per tutti”

“Le parole non bastano per descrivere la situazione gravissima che sta emergendo dentro al Servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura di Correggio. Sono un sindacalista, sono un infermiere e ho lavorato a lungo con i malati psichiatrici in carcere ma la violenza continua subita dai 24 infermieri che operano in quella struttura mi ha tolto il fiato. Riconosco che Azienda Usl ha aperto insieme a noi un percorso, ora le chiedo di proseguire spedita: siamo pronti a collaborare con la Direzione per prendere le migliori decisioni. Proteggere questi infermieri ora so che è una priorità per tutti”.

Così Gennaro Ferrara, segretario generale Cisl Funzione Pubblica, responsabile della Sanità, commenta l’inchiesta “che abbiamo condotto sul campo, parlando con gli infermieri e raccogliendo le loro testimonianze. Devo dire che da oggi questi ragazzi, tutti dipendenti di Ausl, sono i miei nuovi eroi”.

 

 

QUELLO CHE ACCADE NEL SERVIZIO PSICHIATRICO DI CORREGGIO: LE TESTIMONIANZE

“IO, STRANGOLATO E VIVO PER UN CASO”
Uno di loro il 16 dicembre è stato aggredito da uno dei 16 pazienti della struttura, un uomo corpulento che “ha finto di abbracciarmi e in un attimo mi ha strangolato sbattendomi contro il muro. Sono vivo solo perché era già arrivata la polizia e sono riusciti a liberarmi. Se mi avesse attaccato durante il turno di notte non sarei qui a raccontarlo”. Questo infermiere ora ha una lussazione di primo grado alla spalla sinistra, come recita il referto medico. Solo 24 ore prima lo stesso paziente “ha sputato in faccia a due infermieri” – il testimone spiega che “in questo caso devi sottoporti agli esami perché bisogna sincerarsi di non aver contratto una malattia”. A Correggio “arrivano persone di tutti i tipi: soggetti scarcerati e molto aggressivi, con pericolosità sociale. Minorenni, persone dalla strada e dall’ospedale. Siamo la terapia intensiva della psichiatria” – e il 5 dicembre “ci ha sequestrati nella guardiola, tenendoci d’occhio con una spranga di ferro. Al minimo movimento all’esterno l’uomo dava in escandescenze e abbiamo dovuto tappezzare i vetri con sacchetti neri per oscurare la sua visuale. La polizia è stata chiamata alle 7 del mattino, è arrivata dopo due ore e ho fatto di tutto per tenere a bada e buono questo paziente, fumando con lui una sigaretta dopo l’altra e aiutandolo a fare pipì in un contenitore per rifiuti organici”.

“LA DENTRO NON CI TORNO PIÙ”

Un altro infermiere mentre racconta è stremato, ma non gira mai intorno al problema: “Siamo in guerra, noi infermieri siamo poveri coglioni che fanno il lavoro sporco, senza strumenti e locali adeguati. Amo questo lavoro, nonostante tutto. L’ho scelto io e perdono chi mi ha aggredito, ma io là dentro non ci torno più. Non in queste condizioni”.
Intorno al 10 dicembre un paziente ha colpito un’infermiera, incrinandole le costole e colpendo un altro infermiere negli occhi. Molto prima un altro infermiere ha rimediato una ventina di punti di sutura in testa”.

“La medicina psichiatrica mi piace. Il problema è che in queste condizioni non mi sento sicuro”, evidenzia un infermiere che in diversi anni questo ha subito cinque ferite. Una sedia fracassata sulla spalla, mentre cercava di proteggere un paziente aggredito; il ginocchio sinistro scassato nel tentativo di bloccare un rivoltoso, la spalla destra ancora dolorante dopo essere stato sbattuto contro un muro; la paura di essersi rotto un gomito “quando un paziente molto aggressivo mi ha spinto di forza su uno spigolo”

CICATRICI E FERITE. PER 1.700 EURO AL MESE

Il dolore passa, i segni restano. Come la cicatrice ben visibile sullo zigomo sinistro di un altro infermiere. A domanda spiega come se l’è procurata: “Un paziente mi ha tirato un idrante in faccia, ho avuto quattro punti di sutura”

E’ andata molto peggio ad una infermiera tramortita con un colpo di bottiglia al volto, caduta a terra e alla quale un paziente ha strappato capelli e una striscia di pelle.
Questi professionisti sono davvero eroi, si prendono cura di chi sta oltre i margini della società e lo fanno per 1700 euro al mese scarsi. All inclusive con gli straordinari, i pestaggi e le responsabilità civili e penali, perché reagire alle violenze di un paziente è vietatissimo: “Rischieremo di essere denunciati”.

PERSONALE IN BURNOUT

Gli infermieri, praticamente all’unisono, osservano che “il personale è completamente in burnout, ogni anno cambiano quasi tutti i colleghi, perché per molti è impossibile restare lì. In ogni turno lavoriamo in quattro infermieri, ora gli uomini sono pochi e capitano turni con tre e a volte quattro donne in servizio in queste condizioni. Ma è chiaro che se scoppia una rissa o c’è un paziente che esce fuori di sé sono i maschi che intervengono”.

CHIEDIAMO PIU’ SICUREZZA. IL SERVIZIO TORNI A REGGIO

Ascoltando le storie di questi infermieri, il bisogno di sicurezza emerge forte e con proposte concrete.
In cima alla lista c’è il bisogno di “una stanza di de-escalation come si usa all’estero. Qui se uno dà di matto non sai dove metterlo. Con corridoi lunghi e stretti, larghi un metro a malapena, non riesci nemmeno a separare i pazienti che iniziano una rissa”. Già prima del trasferimento a Correggio, Cisl segnalava che la struttura era inadeguata e troppo piccola.
Questa non buona conformazione produce un sovraffollamento nelle stanze e pure l’impossibilità di farci stare i letti, a meno di impilarli verticalmente. Quando la struttura supera il numero massimo di 16 pazienti, è capitato che gli ospiti extra abbiano dovuto dormire su poltrone molto pesanti movimentate a mano dal personale infermieristico.
Le misure di sicurezza sono affidate alla vigilanza privata, che però non può bloccare un paziente violento. Deve chiamare le forze dell’ordine. Che qui a Correggio “a volte arrivano molto dopo la chiamata di soccorso. Anche per questo vogliamo che questo servizio ritorni a Reggio Emilia, dove in cinque minuti la Polizia può intervenire”.