Riceviamo e pubblichiamo.
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“Il declino che avanza in Appennino”.
Indicatori demografici, occupazione, numero di imprese., reddito pro capite, case sfitte,…..: ogni volta che vengono pubblicati dei dati l’appennino compare in fondo alla lista con numeri sempre negativi. In particolare, i comuni con la “V” iniziale (Ventasso, Vetto, Villa Minozzo) occupano costantemente gli ultimi posti. Gli allarmi si susseguono da decenni ma ogni giorno il declino avanza e diventa sempre più difficile fermarlo.
POPOLAZIONE RESIDENTE nei Comuni dell'Unione Appennino | ||||||
in valore assoluto e percentuale anni 1951, 2001, 2023 | ||||||
Variazione % | Indice di | |||||
Territorio | Anno | Anno | Anno | vecchiaia | ||
1951 | 2001 | 2023 | 1951-2001 | 1951-2023 | 2023 (1) | |
Carpineti | 6.979 | 4.111 | 3.901 | -41,1% | -44,1% | 268,8 |
Casina | 6.105 | 4.392 | 4.562 | -28,1% | -25,2% | 233,9 |
Castelnovo ne' Monti | 9.677 | 10.046 | 10.345 | 3,8% | 6,9% | 216,3 |
Toano | 6.748 | 4.264 | 4.157 | -36,8% | -38,4% | 232,1 |
Ventasso | 11.016 | 4.830 | 3.974 | -56,2% | -63,9% | 416,7 |
Vetto | 3.800 | 1.972 | 1.794 | -48,1% | -52,8% | 305,3 |
Villa Minozzo | 8.594 | 4.147 | 3.516 | -51,1% | -59,1% | 347,4 |
Unione Comuni | 52.919 | 33.762 | 32.249 | -36,2% | -39,1% | |
Provincia di Reggio E. | 390.131 | 453.892 | 528.834 | 16,3% | 35,6% | 170,2 |
I dati sono impietosi e ci segnalano che i tre comuni con la “V” hanno ormai raggiunto il cosiddetto “punto di non ritorno” ovvero la soglia oltre la quale questi enti non sono più in grado di invertire – con le proprie risorse umane – il declino demografico. La natura, il verde, la tranquillità, la qualità dell’aria e dell’acqua sono graditi ma non bastano a trattenere o ad attrarre in modo permanente giovani e famiglie: è con questa realtà che occorre fare i conti.
L’emergenza della nostra provincia è l’alto Appennino e la priorità assoluta per fermare il declino del crinale è creare lavoro per consentire la permanenza ed il radicamento di popolazione nel territorio.
Non ci sono indagini mirate ma il contributo delle poche aziende private che operano sul territorio appare di gran lunga più efficace dell’insieme degli interventi pubblici (dalle iniziative del Parco nazionale ai contributi per il trasferimento di nuclei familiari in appennino,…). L’occupazione creata da E80 Group (per ultima la recente iniziativa con Gor.Far a Carpineti) è l’esempio più evidente.
Per affrontare una situazione eccezionale come quella del nostro alto appennino la normale amministrazione non basta: servono interventi eccezionali.
In primis l’attuazione dell’art. 14 della “legge sulla montagna” che recita testualmente: “Il CIPE e le Regioni emanano direttive di indirizzo tendenti a sollecitare e vincolare la pubblica amministrazione a decentrare nei comuni montani attività e servizi dei quali non è indispensabile la presenza in aree metropolitane, quali istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati, case di cura ed assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari.” In Emilia Romagna c’è un buon numero di enti/società/fondazioni regionali tra Vigilati, Partecipati e Controllati dei quali non è indispensabile la presenza in aree metropolitane e che potrebbero essere trasferiti in aree montane alleggerendo l’asse della via Emilia ad alta densità abitativa ed alto inquinamento. Per l’appennino sarebbe una boccata di ossigeno provvidenziale che consentirebbe il mantenimento di servizi pubblici e privati (bar, negozi, ristoranti, alberghi, banche, asili, scuole,…) in appennino, aiuterebbe a crearne di nuovi e darebbe una spinta propulsiva all’economia locale e, in particolare, a quella del crinale. In ogni caso sarebbe davvero il segnale di una forte volontà politica di riequilibrio del territorio.
Per quale motivo l’Assessorato regionale alla montagna deve stare a Bologna e non a Vetto, Villa Minozzo o Ventasso? La stessa domanda vale per tutte (e sono tante) le strutture, enti, istituti, laboratori,.. regionali insediati a Bologna o lungo l’asse (notoriamente molto affollato e inquinato,…) della via Emilia.
L’ente che ha le competenze di programmazione territoriale è la Regione ed è lei che ha il dovere di “riequilibrare” il territorio togliendo a chi ha troppo per trasferirlo a chi non ha nulla!”.
I nostri politici e amministratori appaiono distratti o forse rassegnati e incapaci di vedere il destino dei nostri figli e nipoti.
Chi programma lo sviluppo, non intervenendo, continua a incrementare ricchezza e inquinamento lungo l’asse della via Emilia lasciando, di fatto, all’appennino il ruolo di cenerentola/fornitore di acqua, aria e verde al servizio della pianura.
Nessuno sembra rendersi conto che è suonata la campana dell’ultimo giro.
Caro Presidente Bonaccini,
come regalo di Natale decentri nei Comuni del nostro crinale alcune delle attività e servizi come prevede la legge sulla montagna: la sorte di questi territori nei prossimi decenni è la desertificazione del capitale umano con tutte le ripercussioni di questo tsunami sul piano economico, sociale ed ambientale.
Le auguro un Buon Natale.
(Giuseppe Bonacini)
Sig. Giuseppe, leggo con attenzione quanto da Lei scritto, purtroppo, se vado a cercare tra i miei scritti, tra le mie lettere, tra i miei articoli inviati alla stampa, trovo almeno 10 testi che ricalcano il Suo, i miei erano con dati meno puntuali, ma nel senso rispecchiavano la sua disanima.
Purtroppo gli anni passano e le cose peggiorano, non sono stati in grado di rendere fruibile questo nostro stupendo territorio con una strada e non con una mulattiera, la SS63, senza strade, un territorio muore, lo scrivevo negli anni 2000 a capo del comitato SS63.
Nulla è cambiato, solo peggiorato, meno giovani, meno risorse, meno servizi.
Nel 2024 aggiungerei con meno AGRICOLTURA, visto che grazie al silenzio delle associazioni, della politica locale, nel silenzio più assoluto si sta preparando il FUNERALE dell’agricoltura in montagna, le giunge nuova questa notizia!!! non credo, qui ci si vanta di essere medagliati al campionato mondiale dei formaggi, con IL RE, sua signoria il Parmigiano Reggiano, re solo sulla carta, prezzo medio € 9.50 KG stagionato 12 mesi, lo stracchino 18 € Kg stagionato 1 giorno, mozzarella di Bufala € 16.00 Kg, latte del giorno prima, gongorzola € 18.00 e cosi andiamo, per non parlare del pecorino.
Il comparto è alla frutta non ha più risorse…. e grazie anche al consorzio, ed al suo presidente i quali permettono al CONAD di fare un’offerta ad € 9,90 Kg stagionato 24 mesi, una grande politica commerciale….. ma lasciamo perdere, i costi nel corso degli ultimi 20 mesi grazie alla “guerra” alla produzione sono CRESCIUTI del 40/50% il prezzo calato del 15%, sono dei grandi, poi parlano di prodotti di montagna, di sostenere l’agricoltura con il cambio generazionale, forse costoro vedono film.
Mi permetto un consiglio, anche se difficile, per persone come Lei e come me che amano la propria terra, passi oltre non serve a nulla non c’è più peggior sordo di chi nn vuol sentire.
Il crinale è caduto su Castelnovo ne’ Monti, a breve Castelnovo crollerà a valle.
cordialmente e buone Feste
Grazie Roberto Malvolti per quanto hai scritto; nel tuo breve commento c’è la realtà delle cose, la semplice verità, una verità che chiunque non abbia gli occhi bendati dalle ideologie politiche/partitiche e le orecchie otturate, vedrebbe o sentirebbe; una verità molto semplice, da decenni su questi territori montani, che a differenza di altri territori avrebbero avuto le potenzialità di dare punti al Trentino Alto Adige, sono stati volutamente fatti morire, ma ciò che fa rabbia è che tutto questo è stato fatto nel tacito silenzio accondiscendente dei montanari, si prometteva mare e monti su queste terre e tutti felici e contenti, mentre nessuno ascoltava Roberto Malvolti e a volte Lino Franzini, quando dicevano che per mantenere la vita in montagna servivano le infrastrutture e non le riserve per lupi e cinghiali, ma tutti inginocchiati al capezzale di chi ha sempre detto di NO a tutto o non ha mai fatto nulla, ma solo promesso, in cambio di cosa?, di una sedia?.
Ricordo il “giovane” Malvolti quando sollevava i problemi della viabilità in montagna, la viabilità è come una grande arteria che porta ossigeno e vita in montagna, ma per montagna si intende fino al Cerreto e non fino a Castelnovo, ma il mondo montanaro doveva finire a Castelnovo e domani finirà a Rivalta; con alcune gallerie si è data una boccata di ossigeno per Castelnovo, che tra breve finirà, e non si è fatto nulla per il crinale, recentemente si è speso una follia per raddrizzare una curva sotto Vetto, che a sentito dire da alcuni camionisti non ha migliorato nulla, mentre tra Vetto e Ramiseto si transita ancora su due guadi; si è illuso il montanaro che il crinale avrebbe vissuto in ricchezza con i suoi boschi, i suoi prati, i suoi laghetti che stanno diventando delle torbiere e le sue riserve di lupi e cinghiali, follia pura, nel silenzio assoluto di tanti, anche da parte di chi ha sempre, o quasi, amministrato questi territori montani; mai li ho sentiti sostenere strade, fondovalli, gallerie, ponti o Diga di Vetto e altro.
Si sappia che la montagna vive dove c’è il montanaro a costudirla, se c’è il montanaro a costudirla arriverà anche il turista, ora il montanaro non c’è più, ma se chi ha contribuito alla fine di questi territori senza mai sollevare queste necessità, ha una coscienza, spero ne dovrà renderà conto a qualcuno che sta ben più in alto di noi, scusate lo sfogo.
Grazie, Lino, grazie a tutti quelli che hanno risposto o commentato l’articolo.
Purtroppo, questa è la triste realtà delle cose, dopo aver letto mi sono posto alcune domande alle quali non è facile dare risposte.
La prima è la seguente: abbiamo ancora tempo, per invertire le cose?
Domanda alla quale rispondere non è semplice, partendo dai numeri dell’articolo, presumo di no…. il tempo è scaduto, i dati sono impietosi, pochissimi giovani, territorio anziano, servizi in decadimento, non per ultimo bacino di voti irrilevante.
Poi la mente va al COVID 19, case piene, ovunque, richieste di locali in affitto alle stelle!!! perchè? noi abbiamo la natura, aria buona possibilità di passeggiate, ecc ecc.
Passato il COVID tutto come prima, eppure lavorando a distanza senza recarsi in città qui si vive meglio, bastava dall’esperienza del COVID battere i piedi, farsi sentire e chiedere una STRADA CELERE E VELOCE, osando chiedendo una fondovalle sino alla Spezia, non dimentichiamoci che sul percorso del Secchia a pochi Km vi è Sassulo, Maranello la motor valley.
Ma anche qui la cecità politica è alle stelle, ma anche la staticità dei cittadini è all’ennesima potenza, il montanaro è abile al bar ma poi si ferma li la sua voce è un silenzio assordante.
Territorio eccezionale ma bisogna prendere atto che non si può continuare ad investire sulle stazioni sciistiche , come le conosciamo da anni, la neve latita ed allora, perchè utilizzare gli impianti per portare in quota tutto l’anno le persone con bici al seguito, realizzare percorsi “spettacolari”, potrebbe essere un modo di animare la montagna tutto l’anno.
Poi perchè non permettere in modo regolamentato il fruire su percorsi ad OK moto da enduro…. ma smettiamola di essere miopi o di voler vendere verginità che ci porteranno solo alla morte economica del territorio.
Veniamo all’agricoltura, qui si produce Parmigiano Reggiano di Montagna, lo si produce, mantenendo il territorio, sudando il doppio che in pianura sobbarcandosi costi inauditi e POI…… prezzo come in pianura, ma per evitare l’abbandono della montagna con relativi dissesti idrogeologici, bisogna permettere alle aziende di sopravvivere con un prezzo differenziato, tralascio i paragoni sui prezzi con altri formaggi, da me scritti nel mio precedente commento, parlano da soli.
Territorio anziano, ma per attrarre i giovani devi permettere a questi di vivere economicamente, qui costa tutto più caro, carburanti, spese di riscaldamento, alimentari, come pensate che si possa resistere in montagna se non si ha servizi e i costi sono maggiori…. a Voi la risposta?
Concludo, ma se i montanari non inizieranno a farsi sentire, uscendo di casa e manifestando il proprio disappunto, difficilmente si potrà voltare PAGINA, basta tavole di lavoro, tra i soliti, come dissi al presidente REGIONALE DELLA CIA: io sulla tavola ci taglio il pane, il salame e bevo un bicchiere di vino con gli amici.
E’ Ora di agire
Cordialmente
Purtroppo Roberto ha ragione quando scrive che “NON C’È PIÙ PEGGIOR SORDO DI CHI NON VUOL SENTIRE” basta vedere non solo quanto ha denunciato lui in passato ma quante volte ha scritto Bucci sull’argomento e quanto messo per iscritto dai PARROCI del crinale denunce molto forti ma purtroppo che chi ha governato il territorio negli ultimi trent’anni non solo non ha fatto nulla ma ha aiutato nei fatti il declino della montagna tutta per non parlare del crinale basta vedere che la popolazione dei comuni del crinale sono passarci da circa 20.000 abitanti a meno di 8.000 e poi si deve tener conto delle residenza fittizie. Secondo le statistiche fra non molto il crinale sarà riserva indiana. LA POLITICA PURTROPPO NON ASCOLTATO, è se lo fa è in ritardo di anni, basta vedere che infrastrutture propone e come le vuole fare ad esempio la DIGA DI VETTO non viene pensata per un futuro della e nella montagna ma solo in funzione di alcuni pseudo politici che parlano di cambiamenti climatici e di un futuro atroce per l’uso dell’acqua ma poi propone (nascondendosi dietro alle scelte che faranno i tecnici) una pozza d’acqua che a malapena salvaguerderà il deflusso vitale dell’Enza per qualche anno mentre deve essere fatta un’opera che guardi al futuro e possa essere usata anche come volano turistico della zona e non occorre andare in Trentino a vedere il lago di Andalo ma basta andare in Garfagnana dove sulle rive dei Laghi sono state fatte opere come campeggi scuole di canoe od opere che attirano migliaia di persone all’anno. MA VEDRETE CHE NULLA SI MUOVERÀ perché i politici non si mettono in discussione e come per la diga si inventeranno delle lontre.
Il presente articolo – che segue quello risalente ad una ventina di giorni fa sulle case disabitate, dal titolo “Il postino suona a vuoto in Appennino” – ci consegna a sua volta una fotografia della nostra montagna, sovrapponibile alla precedente, e il loro insieme può prestarsi ad una duplice interpretazione, la prima delle quali sembra sancire il fallimento o all’incirca delle azioni messe in atto, nel corso di questi anni, dai nostri decisori politici, onde frenare o contenere lo spopolamento, mentre la seconda, all’opposto o suppergiù, starebbe a dirci che l’esodo dai nostri luoghi era un fenomeno ineluttabile (per mancanza di lavoro o di tipologie occupazionali appetibili, o per una viabilità poco adatta al pendolarismo, ecc ..)
Quest’ultima ipotesi attenuerebbe di fatto le responsabilità politiche, e avrebbe allora poco senso lo scambiarsi reciproche “colpe” tra l’una o altra parte o partito – come invece capita di osservare – così come il prendersela con la perdita di servizi, essendo questa la conseguenza, abbastanza naturale, del calo demografico, e del numero sempre più ridotto degli abitanti, posto che tali due parametri viaggiano solitamente in parallelo, in base alla cruda regola della “domanda ed offerta”, ma il fare i conti con questa realtà non dovrebbe comunque indurci al un rassegnato fatalismo, fino al rinunciare ad ogni tentativo per invertire, o quantomeno limitare e rallentare, la “desertificazione” (usando un termine di queste righe).
E a tal riguardo mi riconosco nella tesi qui riportata secondo la quale il contributo delle aziende private operanti sul territorio appare essere “di gran lunga più efficace dell’insieme degli interventi pubblici”, il che starebbe a significare che, giunti a questo punto, la politica dovrebbe innanzitutto lasciar campo all’imprenditorialità privata, e sostenerla quanto più possibile, prima di incamminarsi od “avventurarsi” in iniziative proprie, delle quali non possono prevedersi gli esiti, ed il commento di Roberto Malvolti offre a sua volta lo spunto per una ulteriore riflessione, in materia di agricoltura, segnatamente quella del settore rivolto a produrre il nostro tipico e rinomato formaggio Parmigiano Reggiano.
Giorni fa ho sentito qualcuno esprimere l’opinione che le monocolture, come a suo dire è configurabile quella del Parmigiano Reggiano, espongono al rischio che una loro eventuale crisi si riversi sull’intero comparto, il che non succede invece quando le produzioni agricole vengono diversificate, ma resta il fatto che sono quelle tipiche ad identificare e valorizzare il rispettivo territorio, e non vorrei poi che dietro quella opinione vi fosse in sottofondo un’idea contraria o quasi agli allevanti bovini, e altre specie, il che avrebbe un po’ dell’inverosimile trattandosi di pratica vigente da tanti secoli (spero di sbagliami, ma vedo nondimeno che c’è chi vorrebbe cambiare più d’una delle nostre consuetudini).
P.B. 26.12.2023
iO PENSO CHE IL DECLINO DEL NOSTRO APPENNINO, SIA ATTRIBUIBILE ALLE ERRATE SCELTE POLITICHE ED AL LORO NON FARE NULLA PER LA MONTAGNA Opere che iniziano tipo quelle della viabilita’ , che non finiscono mai , servizi sempre piu’ carenti o assenti, costi che lievitano.
Gli stessi enti preposti alla salvaguardia ambientale , si occupano solo ed esclusivamente di sperpero puro di risorse.
Anni fa avevamo almeno il miraggio di rivolgerci alla vicina Reggio Emilia, ora quest ‘ultima congestionata dalle arterie incompiute, diventa irraggiungibile in tempi decenti.
I paesi montani si sono rassegnati ad offrire solo ristorazione e bar, manca tutto.
Per finire poi la regione incentiva chi smette la lavorazione agricola, con quello che ne conseguira’.
La gestione regionale e provinciale dei nostri territori , fino ad ora ha fallito e questo e’ il risultato.
Si può essere d’accordo, o dissentire, riguardo a quanto scrive Roberto Malvolti, ma credo abbia il pregio di esporre le proprie opinioni, e di non sottrarsi al contraddittorio, o scambio di vedute, a differenza di chi invece affida a Redacon le proprie “verità” ma poi si guarda bene dall’accettare il confronto.
P.B. 28.12.2023