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LA LETTERA

Costetti, (Italia Viva Reggio Emilia): “Il 25 novembre sarà nel segno di Giulia e della sua famiglia”

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Riceviamo e pubblichiamo da Diego Costetti, Italia Viva Reggio Emilia

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Il 25 novembre, ovvero questo sabato, sarà la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Stiamo parlando di uno dei temi più complessi e più attuali per la nostra società.

I dati parlano chiaro, e si tratta di numeri terrificanti: il 32% delle donne afferma di aver subito, almeno una volta nella vita, una qualche forma di violenza (dati Istat). La maggior parte di queste situazioni non ottiene il risalto mediatico che ciascuna di esse meriterebbe, e questo probabilmente è parte del problema.

Non possiamo, però, limitarci a leggere dei semplici numeri, quando parliamo di esseri umani "colpevoli" del solo fatto di essere donna. Bisogna, infatti, ricordare queste persone partendo dai loro nomi e dalle loro storie.

Indubbiamente questo 25 novembre sarà nel segno di Giulia e della sua famiglia, che in queste tragiche ore ha coraggiosamente deciso di non chiudersi nel silenzio del cordoglio, preferendo invece fare rumore per Lei e per tutte le donne, con il sostegno di migliaia di piazze italiane radunatesi in questi giorni per dire basta a tutto questo, subendo purtroppo anche insulti e calunnie.

Anche il nostro territorio, ovviamente, non si sottrae a questo tipo di dinamiche: pensiamo, per esempio, all’omicidio della giovane Saman, il cui processo si sta svolgendo in queste ore, "colpevole" di voler essere una donna libera.

In questo contesto, ritengo fondamentale il ruolo di noi uomini: noi per primi, infatti, dobbiamo avere la consapevolezza e la sensibilità di capire che, se è vero senza dubbio, che la responsabilità penale è sempre e solo individuale, è altrettanto vero che esiste una responsabilità morale e culturale collettiva, a cui nessuno di noi può sottrarsi.

Ogni volta che si ride ad una battuta sessista, ogni volta che non si interviene e si guarda dall’altra parte, ogni volta che si dà per scontato qualcosa o qualcuno, si sta alimentando il problema. A chi dice che è sempre stato così, e che qualsiasi tentativo di sensibilizzazione è inutile, rispondo che non è vero.

Il progresso è nel nostro DNA, siamo sempre stati in grado di andare avanti e guardare oltre. Possiamo e dobbiamo farlo di nuovo, ma c’è bisogno della spinta di tutti.

Che sia l’ultima.

 

1 COMMENT

  1. Non ha tutti i torti l’esponente di Italia Viva quando afferma che “esiste una responsabilità morale e culturale collettiva”, ma si tratta poi di vedere a quali ambiti e contesti vada riferita, e in quale misura e forma, vuoi per non fare indistintamente “di tutta l’erba un fascio”, e vuoi anche per non mettere sullo stesso piano quanti hanno un reale bisogno che la collettività si occupi di loro, sul piano materiale e non solo, e chi invece non è in tale condizione e non dovrebbe pertanto distogliere impegno e risorse dai primi.

    A meno di dover intendere che la responsabilità morale e culturale debba tradursi in un comune e generale senso di colpa, verso il quale dovremmo tutti sensibilizzarci, ma in tal modo si rischia a mio vedere che la nostra società incorra in una sorta di astratto ed improduttivo autolesionismo, fine a sé stesso, oppure che si cerchi un capro espiatorio, alla faccia della suddetta responsabilità collettiva, e mi sembra che ciò stia per certi versi già avvenendo, allorché avverto la voglia di mettere sotto accusa il “patriarcato”.

    Il patriarcato di casa nostra, ossia quello che ha conosciuto la mia generazione, non era certamente privo di limiti e difetti, ma esercitava comunque una funzione di guida, e molto spesso si configurava altresì come argine e deterrente, nel tenere a bada e sotto controllo le intemperanze dei giovani, e i loro eventuali eccessi, e ci abituava inoltre a nutrire rispetto per gli anziani e per quanto essi potevano insegnarci (come mi pare avvenisse in antiche civiltà di cui sentiamo talora citare l’alto livello del pensiero filosofico).

    Io credo che si possa anche ridere nell’ascoltare una battuta sessista, o supposta tale, vuoi perché non bisognerebbe mai perdere la capacità di sorridere – talora la maniera più semplice per depotenziare l’effetto di spiritosaggini un po’ esorbitanti, pur se casomai del tutto innocue – vuoi perché non possiamo dettare ad altri il repertorio di battute e barzellette, pena il cadere in inutili “incupimenti”, e del resto c’è stata un’epoca in cui capitava di scherzare con amenità e battute colorite, ma senza andare mai oltre le parole.

    P.B. 24.11.2023