Poiché la poesia di cui ci nutriamo non è mai abbastanza, vi lascio alle parole ispiratrici di Silvia Tedeschi che commenta l'evento tenuto sabato 11 Novembre presso la biblioteca 'Don Francesco Milani' di Carpineti, ovvero la presentazione del suo libro 'Una manciata di mattoni rossi e di pallide parole'.
Un bel 'Sabato del villaggio' alla biblioteca di Carpineti -
Nel giorno di San Martino, data sentita nel mondo contadino del passato in cui le famiglie di mezzadri si trasferivano da un podere ad una 'nuova' vita, un piccolo libro ha traslocato da una casa cantoniera di alto versante ma di incerta ubicazione alla sala di lettura della Biblioteca di Carpineti, portandosi con sé Ermete, il cantoniere protagonista, gli altri personaggi, la sua scrittrice e una manciata di lettrici assortite e 'rapite'.
Flavia, assessora alla Cultura e alla Scuola del Comune, ha invitato a mettersi attorno ad una tavola rotonda, almeno nelle intenzioni, 5 donne, come 5 sono le stagioni in cui vengono cadenzati e intessuti i racconti di cantoniera: Sara, diplomata al Linguistico castelnovese e fresca di laurea in Scienze linguistiche, Antonella e Ornella, proff.di Inglese, Valentina prof.di Matematica e Fisica, Silvia, prof.di Italiano e Latino, tutte dotate di cognomi, persino duplici, superflui tra amiche.
Nella sala di lettura le grandi vetrate su una terra matildica radiosa nell'estate dei morti ci hanno dischiuso nuovi spunti, ragionamenti, piccole visioni o ri-scoperte di varia umanità e ci hanno indotto a giocare a scambiarci i ruoli travestendoci da 'castellane cortesi'.
Che cosa può succedere quando alcune amiche, variegate per età, formazione e condizione di vita, decidono di confrontarsi e capire insieme il 'miracolo' della moltiplicazione di un libro secondo il principio per cui un libro non è solo di chi lo scrive, ma anche di chi lo legge, lo segna e lo sogna?
Possiamo dire che un gioco di squadra, generoso e responsabile, vale sempre la pena e assortiti sacrifici personal. E mi commuovo a pensare che in un tempo così avaro di tempo, in cui, cioè, manca il tempo di attuare le nostre liste di letture, i racconti di cantoniera abbiano sortito un'attenta rilettura: raccogliere qualche dettaglio sapido in più ritornando sui propri passi è un 'lusso' e significa che il viaggio- paesaggio, che abbiamo cercato di raccontare, vale qualcosa.
Il piccolo libro, " Una manciata di mattoni rossi e di pallide parole" , vincitore della V edizione del premio " Silvio D' Arzo" ha riempito tutte le sedie disponibili e, come il narratore manzoniano, si è assicurato i suoi "25 lettori " comprendendoli in un bel colpo d'occhio : figlie, editore, studenti del Liceo ai piedi della Pietra, una manciata di amiche dalla città e dai monti, alcuni colleghi e compaesane incuriosite da una formula di presentazione insolita, complessivamente una 'bella scola'.
Ogni lettrice ha regalato bellissime immagini: chi di un Ermete 'dalle spalle dritte' che non ha bisogno di essere visto in dettagli fisici precisi; chi dallo sguardo magnetico alla George Clooney e dalle labbra inarcate in un sorriso sottile, che sa ascoltare a lungo prima, eventualmente, di giudicare; chi di un "abitante abitato", che conosce e rispetta l'alterità della Montagna senza possederla ma desiderandone la compagnia; chi di un frate laico confessore in un ospitale lungo il cammino; chi di un uomo con impulsi taciuti ma non sopiti. Insomma a ciascuna il suo Ermete che guarda il paesaggio " di rocce incise dal vento e di erbe dissetate dall'acqua" e i cui occhi ne assumono i colori sfumati e diventano essi stessi paesaggio. E, rassicurante deuteragonista, si staglia la casa cantoniera, appartata, tutta da immaginare nei luoghi dell'anima o del ricordo dell'infanzia e dei nostri cari.
Poi la conclusione, secondo cui le scritture inattuali sono diffuse più di quanto appaia e hanno il diritto-dovere di disobbedire ad una comunicazione frettolosa, da fast food, automatica, non ardita.
Un ringraziamento cordiale a chi ha dedicato questo ‘Sabato del villaggio’, sempre ricco di promesse e meritato ristoro dalle fatiche della settimana, o anche solo un pensiero lontano ad una donna di campagna, che si diletta a scrivere e si commuove dei versi di Pascoli intonati all'occasione come un amuleto. L'esperimento riuscito di oggi conferma che un libro, anche sottile come questo, è, se non lo scudo di Perseo, una sottile carta velina che lascia intravedere la realtà, la riflette e al tempo stesso protegge dalla sua vista diretta, pietrificante come Medusa, e ne spunta gli strali.
'E stato per me un pomeriggio 'superlativo', non assoluto, ma relativo all' opera e alla mia sensibilità, costantemente incalzata dal dubbio e dal pudore, un colloquio declinato al "genitivo/ ablativo di qualità" secondo la sintetica recensione di Ferdinando.
E con Sara ci ricorda che molto più della quantità di copie vendute, di pagine, di lettrici/ lettori conta la loro qualità e la loro disponibilità a seguire con dedizione le proprie passioni, a difenderle dalla dominante mercificazione di tanto, quasi di tutto.
Confortate dal pensiero che in qualche cantuccio di questo frenetico mondo c'è una manciata di mattoni rossi ad aspettarci e ad accogliere le nostre pallide parole, abbiamo suggellato i nostri colloqui con un motto di Borges emblematico dello spirito dell'iniziativa e del luogo che l'ha accolta:
"Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto".
Silvia Tedeschi