Riceviamo e pubblichiamo
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Due recenti articoli di Redacon, in cui si raccomanda alla nostra montagna di dotarsi di una struttura adibita a canile-gattile - o la si sollecita a farlo - mi offrono lo spunto per alcune riflessioni, partendo col ricordare che fino a qualche decennio fa i cani randagi, o vaganti, una volta che fossero “accalappiati”, rimanevano in custodia presso i canili comunali per un determinato lasso di tempo, e poi soppressi in modo eutanasico, così da non provocare loro sofferenza, qualora non ritirati dai rispettivi proprietari, oppure adottati, e se ben ricordo era altresì in vigore una tassa annuale di competenza comunale, con rilascio di apposita medaglietta da apporre al collare.
Successivamente, in questo come in altri campi, hanno preso corpo nel sentire comune nuove sensibilità, contrarie nella fattispecie alla soppressione dei nostri “amici a quattro zampe”, salvo circostanze particolari, andatesi a tradurre nelle corrispondenti norme e disposizioni, in una con l’impiego di nuovi strumenti per la loro identificazione, e con l’abrogazione della “imposta sui cani”, ossia un insieme di interventi e provvedimenti rispondenti alla logica di gestire diversamente dal passato il rapporto uomo – animali, e che avrebbe giocoforza comportato una rete di strutture con capienza e tipologia tali da poter ospitare casomai a lungo i cani catturati.
Sulla riuscita o meno di detta nuova impostazione i pareri sono controversi, e anche contrapposti, ma al di là delle divergenti opinioni in proposito, il fatto che si stia ora “reclamando” un canile-gattile per la montagna, non può che ispirare qualche interrogativo sulle ragioni di tale situazione, vedi il chiedersi se qualcosa non ha funzionato nel sistema che ci si è dati, o c’entri invece una certa qual “disattenzione” degli amministratori locali, oppure entri piuttosto in gioco una carenza di risorse economiche impiegabili nel comparto, e del resto un pari quesito può venire spontaneo davanti per es. ad aree verdi pubbliche o piste ciclabili, che diano l’idea di scarsa manutenzione.
Compatibilità economica e altri imprevisti
Sempre in quel periodo ebbero a maturare pure “nuove sensibilità” verso tutto il mondo animale, col nascere di strategie che in ambito di fauna selvatica miravano a tutelare specie a rischio di estinzione, unitamente al favorire la ricomparsa di altre in territori che da tempo non ne vedevano più la presenza, e tali misure hanno prodotto indubbi effetti positivi, ma col trascorrere degli anni sono anche subentrati inconvenienti, e criticità, da doversi “governare”, e per farlo non è da escludere che si renda opportuno o necessario rivedere le iniziali strategie, rimodulandole giustappunto in base ai risultati raggiunti e a quelli mancati, e tenendo parimenti conto anche degli insuccessi
Volendo fare un parallelo con tematiche di tutt’altra natura, abbiamo letto in questi giorni, sempre su Redacon, la sensata idea di una “comunità educante” riguardo ai nostri giovani e, contestualmente, un quotidiano a tiratura nazionale riportava ieri, 30 ottobre, il pensiero di un noto esperto in materia secondo il cui vedere non ci si impegna più ad educare i propri figli, e di riflesso io stento ad immaginare una comunità educante senza la fondamentale opera di “mamma e papà” (detto supposto disimpegno mi pare un po’ figlio di una nuova sensibilità dell’epoca, che tendeva a convertire i genitori in amici dei figli, spogliandosi del ruolo loro tradizionalmente assegnato).
Con queste mie considerazioni intendo meramente significare che talune “nuove sensibilità” trovano sul loro cammino, o nel loro svilupparsi, ostacoli e contrattempi inaspettati, o imprevedibili, nel senso di dover poi “fare i conti” con la realtà, ivi compresa talvolta la questione costi, e se quest’ultima ipotesi valesse anche per il canile ci si potrebbe aspettare che si esprimessero pure gli amministratori locali, per dire la loro sul come “trovare la quadra”, o se vi sia semmai qualcosa da ripensare nell’intero meccanismo, o in qualche sua parte, così da poter valutare eventuali aggiustamenti o “revisioni” proprio alla luce dell’esperienza fin qui acquisita.
P.B.
Prima considerazione : sarebbe auspicabile che chi si espone con supposizioni e memorie storiche inesatte apponesse la propria firma per esteso senza giocare a nascondino.
Seconda considerazione : il problema canile non esiste la convenzione attuale con il Rifugio Rocky Lega Nazionale Difesa del Cane tutela il benessere animale e i costi delle amministrazioni grazie all’elevato numero di adozioni.
Terza considerazione : le famigerate soppressioni eutanasiche ( sempre che buttarli in camere a gas si possa definire morte eutanasica) fanno parte di un passato buio in cui non vi erano obblighi particolari per la detenzione dei cani a partire dall’identificazione tramite microchip che è un OBBLIGO di legge e ridurrebbe il numero di cani vaganti ricoverati in canile.
Quarta considerazione: il problema si pone come urgenza per i gatti e quindi se non diversamente risolvibile ( convenzioni con gattini esistenti ) varrebbe la pena di pensare a un gattile che per altro ha ben altri costi e un minore impatto ambientale rispetto al canile.
Quinta considerazione : vorrei ricordare che la vigente legislazione IMPONE il recupero dei cani vaganti e dei gatti in difficoltà non autosufficienti che non possano essere inseriti in colonie feline ( per altro ampiamente tutelate dal legislatore) . Siamo sicuri che visto che il servizio DEVE essere svolto i costi non si possano abbattere con un organizzazione migliore ?
Infine carissimo P.B rimango a disposizione per chiarire tutti i suoi restanti dubbi .
Per Aiut Appennin
Loretta Boni vice presidente
Circa le supposte “memorie storiche inesatte”, che sembrerebbe attribuirmi il rappresentante di Aiut Appennin, io mi sono semplicemente attenuto agli artt. 83 e 85 del Regolamento di polizia veterinaria, di cui al D.P.R. n. 320, in data 8 febbraio 1954, articoli facilmente consultabili su Internet, e nei quali si parla giustappunto della “tassa cani”, che prevedeva a sua volta la regolare notifica, da parte dei possessori, di tutti i cani esistenti nel territorio comunale.
Vi si trova altresì citata la “piastrina” da applicarsi al collare di ciascun cane, alla pari del leggervi il ricorso ai “metodi eutanasici”, e non vedo pertanto dove stiano le imprecisioni o le inesattezze che mi vengono ascritte; in ogni caso ho ricordato quei trascorsi per compararli col dopo, sino ai giorni nostri, e dal confronto esce anche fuori che pure allora “vi erano obblighi particolari per la detenzione dei cani”, diversamente dalla tesi riportata in questo commento.
Non si può ovviamente escludere che in quel precedente sistema vi fosse più d’una “smagliatura”, ma forse qualcuna non mancherebbe neppure oggi, o così almeno sembra potersi desumere nel trovare scritto “a partire dall’identificazione tramite microchip che è un OBBLIGO di legge e ridurrebbe il numero di cani vaganti ricoverati in canile”, asserzione che lascerebbe intendere una incompleta osservanza del meccanismo di identificazione ora in vigore (in base alle attuali regole).
Nel commento si dice poi che “il problema canile non esiste”, mentre nel recente articolo “Mettiamo un freno al randagismo” c’era un passaggio che così recitava: “Vogliamo parlare non solo con i politici, ma con chiunque ci aiuti a costruire qualcosa. Nel 2008 promisero di aprire un canile, ma non se è più parlato. Non possiamo più essere soli in montagna”; ne ho tratto l’impressione che si aspirasse ad un canile della montagna, e che comunque qualcosa non sia andato com’era atteso o previsto.
In ogni caso, in questa come in altre circostanze, relative ad argomenti d’altra natura, io esprimo le mie considerazioni, opinabili e contestabili quanto si vuole, e semmai anche poco gradite a qualcuno che la pensa all’opposto di me, ma non vedo altro modo per mettere a confronto le rispettive idee, e il mio punto di vista mi pare del resto altrettanto legittimo di chi pensa, in riferimento ad una volta, che “le famigerate soppressioni eutanasiche fanno parte di un passato buio …”.
P.B. 02.11.2023