Dodici anni e 4 mesi di reclusione per Silvia Pedrazzini e il marito Riccardo Guida. Rinvio a giudizio per la moglie, Marta Ghilardini.
Sono le 13.10 quando le porte, fino a quel momento chiuse, dell’aula del tribunale di Reggio, presieduta dal Giudice dell’Udienza Preliminare, dottor Andrea Rat, si aprono ed i parenti di Giuseppe Pedrazzini possono dare sfogo a tutte le loro emozioni.
E’ questo l’esito del giudizio abbreviato (che comporta lo sconto di un terzo della pena) relativo alla vicenda legata alla morte del 77enne residente a Cerrè Marabino, frazione del comune di Toano, ritrovato senza vita all’interno di un pezzo presente nella tenuta dove viveva assieme alla moglie, figlia e genero, l’11 maggio del 2022.
Alla sbarra nel giudizio abbreviato, come è noto, vi erano figlia e genero. Dovevano rispondere di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, omissione di soccorso, soppressione di cadavere e truffa ai danni dell’Inps. Mentre per quanto riguardava la moglie di Pedrazzini, l’esito verteva sul rinvio al giudizio ordinario o l’archiviazione.
L’UDIENZA DI OGGI
Quella di oggi è stata un’udienza relativamente breve. Infatti, dopo quella lunghissima di giovedì scorso, in cui il pubblico ministero, Piera Cristina Giannusa, al termine di sei ore di requisitoria aveva chiesto la pena di 18 anni e 2 mesi per Silvia e Riccardo (difesi dall’avvocato Ernesto D’Andrea, del foro di Reggio) e il rinvio a giudizio per la signora Marta (difesa dall’avvocato Rita Gilioli, lei pure del foro di Reggio) - mentre l’avvocato D’Andrea, nella sua arringa, aveva chiesto l’assoluzione per tutti i capi d’imputazione, tranne che per la soppressione di cadavere di cui si era richiesta la riqualificazione in occultamento di cadavere con pena minima -, stamattina le repliche di Pm e difesa si sono concluse in appena un’ora.
Dalle 10.30, poi, è iniziata la Camera di Consiglio, conclusasi poco dopo le 13, quando il Dottor Rat ha pronunciato il suo dispositivo, che, conferma, sostanzialmente, come l’impianto accusatorio di Procura e carabinieri (Nucleo Investigativo in primis) abbiano retto con l’unica eccezione del capo riguardante l’omissione di soccorso per cui il Gup ha dichiarato l’assoluzione per i coniugi.
Oltre agli anni di reclusione – e da quanto emerge, Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida a seguito di un pronunciamento della Cassazione hanno fatto ritorno in carcere in quanto il regime domiciliare cui erano sottoposti era incompatibile con le esigenze cautelari richieste dalla Procura – è stata stabilita anche una provvisionale di 50 mila euro. Assieme a tutto ciò, vi è anche, come detto, il pronunciamento di rinvio a giudizio per Marta Ghilardini.
“GIUSTIZIA È FATTA”
“Ho sempre creduto nella giustizia – sono le poche parole pronunciate dal fratello di Giuseppe Pedrazzini, Claudio, visibilmente provato, all’uscita dall’aula -. Oggi è stata fatta”.
Più articolato il pensiero delle sorelle del 77enne. Luciana oltre a ribadire il concetto che “Un po’ di giustizia per mio fratello è stata fatta”, si accompagna il perdurante senso di vuoto per il fatto che Giuseppe non sia più tra loro: “Ancora non ci credo che gli abbiano fatto questo – sbotta con le lacrime agli occhi – Non riesco ancora a capacitarmi che gli abbiano potuto fare ciò che gli hanno fatto. La giustizia ha ritenuto responsabili Silvia e suo marito. Ora tocca a Marta”.
“Non ce l’abbiamo più tra noi (Giuseppe, ndr) – lo ripete più volte l’altra sorella, Floriana, davanti alle telecamere delle tv nazionali -. Oggi almeno, abbiamo l’esito di questo processo, che allevia, un po’, la nostra sofferenza. Marta? Per me restano responsabili tutti e tre. In egual misura. Marta succube? Lei può dire quello che vuole, ma aveva il dovere di dire ‘Salvo mio marito’. Perché lei l’aveva sposato. E sicuramente, nel processo che si aprirà per lei, ci saremo ancora, anche noi, come abbiamo fatto in questo. Senza ombra di dubbio”.
PARLANO I LEGALI
Abbandonano l’aula a passo veloce le difese di Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, dopo il pronunciamento da parte del Gup Rat. Se l’avvocato Gilioli, difesa di Ghilardini, non rilascia commenti – così come la sua assistita, scurissima in volto -, l’avvocato D’Andrea evidenzia come “La pena sia stata diminuita rispetto alle richieste del pubblico ministero e va rilevata l’assoluzione in merito al capo d’imputazione relativo all’omissione di soccorso. Ora non ci resta che attendere le motivazioni, che dovranno essere depositate in 90 giorni e che leggeremo con grande attenzione, per poi compiere valutazioni approfondite su come procedere”.
Si ferma, invece, estremamente soddisfatta, l’avvocato Naima Marconi che assiste il fratello di Giuseppe Pedrazzini, Claudio, costituitosi parte civile: “Giustizia è stata fatta e finalmente sappiamo qual è la verità – dichiara -. Che è quella emersa nell’aula di tribunale, non certo quelle che abbiamo sentito in tanti talk show, parole su parole che oggi sono state sconfessate. Oggi è arrivata la condanna che aspettavamo. Voglio rimarcarlo, la giustizia penale si fa in aula, non certo nei programmi televisivi. Noi ci riteniamo soddisfatti”.
L’inizio del processo per la signora Ghilardini è fissata a marzo del 2024.