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Protestano le educatrici all’integrazione scolastica dell’Appennino

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Questa mattina le educatrici all'integrazione scolastica dell'appennino reggiano hanno messo alcuni striscioni davanti ai cancelli delle scuole di Castelnovo ne’ Monti.

Una protesta, organizzata con il sindacato Adl Cobas, dovuta all'evoluzione dei tavoli sindacali iniziati a maggio con la cooperativa Papa Giovanni XXIII, che gestisce l’appalto per la committente l’Azienda Speciale Consortile Teatro Appennino e Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano, responsabile dei servizi. La committenza dopo un primo tavolo sindacale, in cui accoglieva le richieste organizzative per migliorare le condizioni lavorative e i servizi offerti, a luglio in modo inaspettato ha chiuso ogni dialogo.

A protestare sono le educatrici e gli educatori dei servizi di assistenza educativa scolastica ed extra scolastica per bambini e ragazzi diversamente abili, del servizio di pre e post scuola nelle scuole primarie dell’Istituto Comprensivo di Castelnovo ne' Monti e Vetto e che lavorano anche nei servizi di assistenza educativa domiciliare per minori e assistenza educativa a nuclei familiari residenti e/o domiciliati nel territorio dell’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano.

“Le richieste delle educatrici riportate ai tavoli sindacali – si legge nella nota di Adl Cobas - sono rivolte al riconoscimento dell’effettivo orario di lavoro svolto, il riconoscimento di ore di progettazione rispettando le indicazioni contenute nel bando di gara, stabilità dell’orario di lavoro che ad oggi vede lavoratrici con contratti part-time a tempo indeterminato lavorare ad intermittenza”.

E aggiungono: “Le richieste al centro del confronto non sono rivolte ad aumenti salariali ma necessarie per stabilizzare le lavoratrici del settore e dare continuità ai percorsi e progetti socio/educativi, adeguando le condizioni lavorative in questi territori. Le conseguenze dei bandi al ribasso si materializzano nelle perdita media di un mese all'anno per ogni educatrice che in caso di assenza del bambino/a da scuola perde le ore previste da contratto. Inoltre l'ampio territorio in cui si svolgono i servizi 'buona parte dell'appennino reggiano' impone alle educatrici continui spostamenti giornalieri con i propri mezzi dove vengono rimborsati i costi del carburante, ma non vengono riconosciute le ore impiegate come tempo di lavoro, con una perdita media che va dalle 6 alle 8 ore a settimana”.

“A Reggio Emilia - spiegano - dove le figure educative sono considerate figure importanti per il gruppo classe e in caso di assenza di bambini/e seguiti nei percorsi educativi, non sono costretti ad andare a casa e rimanere senza retribuzione, ma rimangono in supporto alla classe. Queste condizioni lavorative non considerate nei bandi di gara dei servizi, creano l’instabilità dell’organizzazione dei servizi scaricandola sulle lavoratrici e i lavoratori che non hanno continuità lavorativa. Questo determina l’alta percentuale di turn-over, cioè di figure educative con formazione adeguata ed esperienza che decidono di lasciare il lavoro”.

E concludono: “Per questo ci chiediamo le motivazioni per cui chi amministra i servizi socio/educativi non intervenga nel merito per affrontare quelle che oggi sono le caratteristiche di un bando che crea precarietà lavorativa, povertà sociale, compromettendo la qualità e l’efficacia degli interventi sociali ed educativi a scapito anche delle famiglie del territorio montano”.

 

1 COMMENT

  1. Solidarietà per le lavoratrici ed i lavoratori, educatrici ed educatori nelle scuole e nel sostegno domiciliare alle famiglie. il loro contributo è fondamentale per una buona attività pubblica. Con una dignitosa retribuzione e garantendo continuità, si rafforza il servizio offerto alla comunità ed incentiva l’economia locale.

    Fausto Franchi

    • Firma - Fausto Franchi