Abbiamo trattato proprio ieri del "Manifesto per la salvaguardia del torrente Enza", sottoscritto da tutte le più importanti associazioni ambientaliste, locali, e regionali, tra cui anche il WWF Emilia Centrale, Legambiente Emilia Romagna, l’Università Verde di Reggio Emilia, l’Associazione Terre di Canossa, La Federazione Nazionale e la sezione Val d’Enza di Pro Natura, e, infine, la Lipu.
Un attento lettore di Redacon interviene asserendo che le posizioni riportate nel Manifesto "sono opinioni di ambientalisti rispettabili e impegnati, ma che vanno valutate come tali - opinioni - nel contesto di un insieme di interessi collettivi plurimi su cui la società si deve esprimere nel suo insieme."
Il nostro lettore, S.C., sostiene che "i proponenti del Manifesto risiedono, e in qualche caso svolgono o hanno svolto attività politica e amministrativa, in luoghi come Bibbiano, Quattro Castella, Reggio Emilia e Correggio. Nessuno in montagna."
"Il dott. Cangiari - prosegue - è un funzionario dell'Ente Parchi dell'Emilia Centrale, occupandosi anche di parchi in alto Appennino, ma non c'è dubbio che in loro come in molti ambientalisti prevale una concezione museale della montagna: un luogo che si va a visitare senza lasciare rifiuti ma in cui i residenti sono figuranti."
Se non v'è dubbio che i cittadini delle due provincie sono in egual modo interessati dalla decisione, lascia però perplessi il fatto che se i residenti in città e pianura decidono che la diga non si deve fare, la partita è finita.
"Ma non si pretenda di avere l'approvazione obbligatoria anche di chi risiede in montagna! - esclama S.C. - Riguardo alle soluzioni tecniche riportate nell'articolo, la stazione di ricarica per infiltrazione della falda del fiume Cornia (provincia di Livorno, progetto LIFE REWAT) incrementa la ricarica naturale annua già operata dal fiume che passa da 1.825.000 Metri Cubi/anno a 2.000.000 Metri Cubi/anno, un incremento attorno al 9%. Naturalmente la ricarica rimpingua le falde e poi andrà ripompata a valle per uso irriguo. E' una apprezzabile ottimizzazione locale, i cui limiti rispetto ad un problema più ampio che si misura in decine di milioni di Metri Cubi, sono evidenti."
Lo stesso comunicato della Regione Toscana comunica e valorizza la ricarica della Val Cornia recitando: "La Toscana ha una elevata capacità di resilienza, dovuta principalmente agli invasi di Bilancino e Montedoglio. Ne servirà almeno un altro e stiamo sviluppando i necessari studi di fattibilità."
"Per intenderci - prosegue puntualmente il nostro lettore - il lago di Bilancino, invaso con diga sull'alta Val d'Arno progettato dopo l'alluvione di Firenze, ha una capacità di 84 milioni di metri cubi e mette a disposizione una portata tra 600 Litri/sec (minima) e 8 metri cubi/sec per integrazione delle acque dell'Arno, garantendone anche il deflusso minimo. I dati pubblicati dalla agenzia Toscana di gestione evidenziano come dal lago vengano prelevati tra i 20 e i 40 Milioni di Metri Cubi/anno di acqua, in particolare tra fine Maggio e Ottobre."
Ed ancora si rileva come il lago di Montedoglio, realizzato con diga in Val Tiberina tra Toscana e Umbria, ha una capacità di 150 milioni di metri cubi, potendo restituire al fiume fino a 100 milioni di metri cubi, con una portata restituita di 14 metri cubi/sec. rende disponibili per agricoltura ed uso idropotabile circa 100 milioni di metri Cubi / anno.
"Queste informazioni - conclude S.C. - sono tratte in parte da siti di associazioni ambientaliste della Toscana, che elogiano gli aspetti naturalistici riguardo a flora e fauna generati dal lago. Entrambe le opere sono assimilabili, per esigenze a cui rispondono, dimensioni dell'invaso, impatto ed effetti sul territorio, ad una eventuale diga sull'Enza molto di più di quanto può essere una zona di ricarica di falda, con effetti locali e molto limitati."
Desidero qui ringraziare il lettore S.C. perchè nel dibattito si pone in modo dialogante a differenza di molti altri che non riescono ad evitare offese , anche pesanti (non su questa testata ma in rete). Credo sia un limite tuttavia derubricare il tema alla sola montagna. E’ un limite storico nel dibatto sul rapprto tra montagna e pianura, negli ultimi anni arricchito dalla riflessione sui beni ecosistemici. Sulla ricarica assistita delle falde il discorso è più ampio. Non si sta dicendo che è risolutivo ed esclusivo ma ché va affrontato seriamente, perchè oggi è ancora a livello episodico. In ogni caso la discussione sarà ancora lunga come dimostrano le novità introdotte dal codice degli appalti entrato in vigore il 1 luglio 2023. P.s. unico appunto che faccio al lettore S.C. è che non conoscendomi non sa cosa penso dello sviluppo del territorio e delle aree protette…Cordiali saluti
duilio cangiari
Con lo stesso metro occorre osservare che i promotori della Diga di Vetto sono tutti della pianura, Bibbiano e Cavriago in particolare (dove la produzione di Parmigiano Reggiano in 15 anni è quasi raddoppiata senza la Diga).
Vogliamo quindi che sia chi abita in pianura a decidere di fare la Diga, di quali dimensioni e dove, senza consultarci?
IE
PIANURA O MONTAGNA … E DIGA DI VETTO … CERCASI ESPERTI?
Il libro della natura è uno e indivisibile e include l’ambiente , la vita ,la differenza di genere ,la famiglia , le relazioni sociali , in sistema ecnomico e il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura forse sabagliata che modella tutta la convivenza umana .
Tutti esperti o non , cultori delle tradizioni e della vita della montagna o semplici cittadini debbono pensare che quando si parla di ambiente bisogna aprire la mente alle interdipedenze socio economiche che sono sempre esitite e che ora piu che mai vanno considerate.
Chi vive in montagna sa molto bene distinguere tra criticità e emergenza e quando queste si stanno trasformando come sta avvenendo in vere emergenze ambientali .
Agli esperti va ricordato un detto ” l’acqua da sempre obbedische ad un fatto naturale che non puo essere modificato ,dall’alto va verso il basso e non il contrario “.
MARINO FRIGGERI
PRESIDENTE PROVINCIALE MOVIMENTO CRSTIANO LAVORATORTI
MARINO FRIGGERI
Al di là di come la si pensi riguardo alla Diga vettese, trovo abbastanza realistica e disincantata l’idea che siano soprattutto i residenti della città e della pianura ad influenzare le scelte dei decisori politici, vuoi perché le esigenze idriche riguardano soprattutto il loro territorio, cioè i comprensori posti a valle, vuoi perché lì stanno i numeri, anche elettorali, dei quali la politica non può oggettivamente non tener conto (sempre per stare coi piedi in terra).
Non mi risulta del resto che la montagna soffra particolari carenze d’acqua, ed è piuttosto improbabile che un’opera di questa portata, anche sul piano dei costi, possa essere realizzata per “accontentare” la montagna, e quella linea di pensiero, ovviamente del tutto legittima, secondo cui l’invaso vettese porterebbe consistenti e diretti vantaggi al nostro territorio, vedi il richiamo turistico che potrebbe esercitare (stando giustappunto a detta corrente di pensiero).
Diversamente da detta tesi, e come ho avuto modo di sostenere più volte su queste pagine, io penso invece che i benefici per i montanari sarebbero di natura indiretta, se gli Amministratori locali, qualora la Diga andasse in porto, fossero in grado, e nelle condizioni, di negoziare preliminarmente adeguate contropartite e compensazioni, quali significative forme di detassazione per le attività qui svolte (ma questa è altra “storia”, da trattare semmai in altra sede).
Entrando maggiormente nel merito della questione, a me par di assistere a prese di posizione abbastanza “ideologiche”, che portano i tifosi dell’invaso a veder tutto “rose e fiori”, qualora lo stesso venisse realizzato, così come quanti, all’opposto, non ne riconoscono alcun pregio, il che mi sembra altrettanto preconcetto, e anche un po’ inverosimile, ma a mio opinabile parere sono soprattutto i secondi ad aver sbagliato “strategia” nel corso di questi anni.
Non ricordo infatti di averli visti insistere sulle cosiddette opere minori, in modo da ottenerne una nutrita realizzazione o fruizione – casse espansione, cave dismesse, ricarica della falda … – opere che avrebbero potuto costituire una “fase intermedia”, atta a verificare se potevano da sole corrispondere al fabbisogno idrico, mentre ora, di fronte ad un fabbisogno che pare acuirsi sempre più, cresce verosimilmente la voglia di saltare la fase intermedia (onde recuperare i ritardi).
Infine, penso anch’io che esista talora una “concezione museale” della montagna, e trovo altresì che tali due azzeccate parole esprimano bene il concetto, ma dobbiamo anche chiederci se ciò non dipenda in buona parte da scelte che hanno “imbalsamato” il nostro territorio puntando molto, o tutto, sul turismo, e chi lo pratica può alla fine accaparrare il diritto di concepire la montagna secondo i propri canoni (visto che la montagna, per certi versi, pare aver rinunciato ad essere protagonista).
P.B.
Non ho la più pallida idea di quali possono essere stati i motivi che hanno portato alla chiusura della Comunità Montana ma, dopo aver letto per anni Redacon, sono pronto a giurare che hanno solo trovato un pretesto.
Giovanni Annigoni
“ad aver sbagliato “strategia” nel corso di questi anni” ??? In che senso, la diga non s’è fatta quindi per il momento stanno vincendo
Fabio Abati
Riguardo all’ultimo commento, di Fabio Abati, io non credo che si vinca dicendo sempre e soltanto dei NO, anche perché rischiano di essere vittorie effimere, o momentanee, rispetto a quelle ottenute avanzando proposte alternative e realistiche, in una col metterle in pratica, il che, come dicevo, non mi sembra essere successo nel corso di questi anni, perché se fosse invece avvenuto ora saremmo verosimilmente in grado di sapere se l’insieme delle cosiddette opere minori riusciva a soddisfare il fabbisogno idrico, o dirci in quale misura poteva corrispondere a tale obiettivo (evitando semmai di dover ricorrere ad invasi come la Diga vettese).
P.B.
Buongiorno PB, io sulla diga ho la mia opinione, però è innegabile che per il momento a vincere siano i contrari: la diga è attesa da molti ma continua ad essere una chimera
Fabio
A Gazzano la diga, che alimenta la centrale di Farneta, è stata costruita 100 anni fa. il Dolo non ne ha sofferto minimamente, scorre tranquillo e sereno (ancora abbastanza incontaminato) senza aver subito. Non ci vuole tanto per arrivare lassù. Altrettanto per il Lagastrello, gli invasi hanno sempre portato beneficio. Invito tutti gli oppositori al progetto “diga di Vetto” ad andare a visitare, anzi ad ammirare Gazzano.
Giubba
Signori datevi una calmata. nessuno di voi vedrà mai la diga di Vetto, neppure i vostri nipoti.
Giovanni
Io non so per quale ragione Giovanni Annigoni abbia ritenuto di evocare qui la Comunità Montana, ma è in ogni caso apprezzabile il menzionare un Ente che al nostro territorio aveva dato identità e molto altro, e circa i motivi che hanno portato alla sua chiusura trattasi a mio vedere di domanda che andrebbe rivolta alla forza politica che fece allora tale scelta, ossia la “chiusura” (e che, su altro piano decisionale, ritenne altresì di procedere alla trasformazione delle Province).
P.B. 24.07.2023
P.B.
Se non cambia l’amministrazione Regionale, ciò che dice il Sig. Giovanni in merito alla Diga di Vetto, che non la vedremo ne noi ne i nostri nipoti, corrisponde al vero, se dopo 34 anni dalla sospensione dei lavori siamo a parlare di studi di fattibilità, le speranze sono nulle, considerando la burocrazia sulle pratiche autorizzative di una diga in Italia, a cui occorre aggiungere i “pareri” di lontre, sardine, foche, lupi e orsi, ecc.
Come accenna il Sig. P.B. sui paesi della Val d’Enza, e in montagna in generale, non si riscontriamo carenze idriche, riscontriamo spopolamento totale, abbandono di paesi, chiusura di scuole e servizi, dissesto generale del territorio; per alcuni anni i paesi montani saranno un grande centro per anziani; forse non avrò modo di vedere la diga di Vetto, ma forse avrò modo di vedere la cancellazione di tanti paesi montani grazie ai NO a tutto e a quelle Amministrazioni Comunali, Provinciali e Regionali e a Enti vari che non sostengono le infrastrutture come la Diga di Vetto e le Fondovalli. Chiunque riesce a svincolarsi per un attimo dalle ideologie di parte o di partito comprenderebbe che il lavoro, i proventi dai sovracanoni BIM e dalle royalty per la cessione delle acque, la nuova viabilità, turismo, energia, ecc. porterebbero benefici ai territori montani di questa Valle, anche se i benefici diretti andrebbero sicuramente ai paesi a Valle. Ma nei paesi a Valle e nelle città si preferisce bere acqua piena di nitrati, a svuotare le falde, a pompare quelle del Po verso monte, a consentire le esondazioni e i danni che ne conseguono, ad aumentare l’inquinamento e a mille cose, ma l’importante è dire di NO alla diga di Vetto da almeno 100 milioni di metri cubi, meglio sarebbe da 180 milioni di metri cubi come in tanti propongono. Ma ora si raggiunge il paradosso di proporre un invaso da 40 o 70 milioni di metri cubi, che costa quasi uguale a quello da 100/180 milioni di metri cubi. ma che in estate a Vetto non permetterebbe un lago balneabile e navigabile, ma solo versanti fangosi e rocciosi che allontanerebbero ancora di più quei pochi turisti. Mi fermo, ai lettori e ai Cittadini la scelta.
Franzini Lino
Oggetto ad uso e consumo della politica, ecco quello che da sempre ha ammorbato questo argomento… E la solfa non è mica cambiata
Fabio