“La piena integrazione in una società richiede un impegno reciproco, sia da parte degli immigrati che degli abitanti della città ospitante. Entrambi devono essere aperti al dialogo, alla comprensione reciproca e alla volontà di superare le barriere culturali e linguistiche”.
Lo afferma Mohamed Messaoud, 40 anni, è arrivato a Sordiglio di Casina quando ne aveva otto e presidente associazione Il Dialogo.
“È fondamentale – spiega - che gli immigrati si sforzino di apprendere la lingua locale e di comprendere le tradizioni e le norme sociali del nuovo contesto in cui si trovano. Allo stesso tempo, gli abitanti della città devono accogliere gli immigrati con tolleranza, rispetto e solidarietà, offrendo opportunità di lavoro, alloggio e integrazione sociale. Solo attraverso uno sforzo collettivo e una volontà sincera di cooperazione si può creare un ambiente inclusivo e accogliente, in cui tutti possano contribuire e beneficiare reciprocamente".
La nostra intervista.
Mohamed puoi condividere con noi la tua esperienza personale sull'arrivo a Casina?
Sinceramente, non è stato facile integrarsi inizialmente. È importante considerare che, all'epoca, il più giovane del paese aveva 50 anni e tutti parlavano il dialetto locale. Ricordo che avevano difficoltà a pronunciare il mio nome, quindi, per semplificare le cose, mi chiamavano affettuosamente "marochin". Tuttavia, devo dire che, dopo un breve periodo di tempo, io e la mia famiglia ci siamo sentiti parte integrante della comunità. Come probabilmente sapete, la vita in collina o in montagna è diversa rispetto alla città. C'è una maggiore condivisione e aiuto reciproco. Ricordo che molti abitanti anziani che avevano lavorato per anni nelle grandi città, specialmente Milano, sono tornati a trascorrere la loro vita da pensionati nella loro città d'origine, in modo più tranquillo. Avrei molte storie da raccontare, ma mi fermo qui. Voglio sottolineare che, nella vita collinare o di montagna, c'è una maggiore chiusura rispetto alla città, ma credo che sia normale dato che ci sono meno stranieri.
Cosa ti ha spinto a impegnarti nell'accoglienza?
Il motivo principale che ci ha spinto a fondare l'associazione è il desiderio di essere parte di una struttura organizzata che ci faciliti l'interazione con le istituzioni ufficiali riguardo alle questioni fondamentali che riguardano gli immigrati tunisini in Emilia-Romagna (lavoro, alloggio, istruzione, ecc.). Desidero sottolineare che il principale fondatore è Samir Manai, che ha svolto un ruolo di grande importanza in questi anni.
Come hai fondato l'associazione "Il Dialogo" e quali sono i principali obiettivi dell'organizzazione nell'ambito dell'accoglienza?
Dal 2015 ufficialmente, la nostra associazione ha lavorato per creare canali di comunicazione con le istituzioni ufficiali, le associazioni della società civile e persino il consolato, al quale facciamo riferimento. Abbiamo ottenuto risultati apprezzabili in questo campo, come la visita di una delegazione del comune di Reggio Emilia a Zarmadine, una piccola città tunisina e la visita di una delegazione della società civile di Zarmadine per partecipare a un workshop presso il centro Loris Malaguzzi.
Dove ha sede l’associazione?
Negli anni abbiamo avuto diverse sedi in base alle disponibilità dello spazio. Attualmente ci appoggiamo al circolo sociale Sergio Stranieri e colgo l’occasione per ringraziare il presidente del circolo Maurizio Ientile.
In che modo l'associazione "Il Dialogo" collabora con le istituzioni locali e le altre organizzazioni della zona per promuovere l'accoglienza e fornire supporto ai migranti e ai rifugiati?
Ci impegniamo anche nel seguire l'istruzione della lingua araba per i figli dei tunisini a Reggio Emilia, in coordinamento con i servizi consolari. È importante che i bambini imparino la loro lingua di origine. Conoscere la propria lingua madre preserva l'identità culturale, permette una comunicazione più autentica con la famiglia, migliora le capacità cognitive e accademiche, offre opportunità professionali e contribuisce alla preservazione delle radici culturali. Personalmente, ho beneficiato di corsi di lingua arabba da piccolo, che mi hanno aiutato nella mia carriera come commerciale estero e nella comunicazione con i nonni che vivono nel mio paese di origine.
Quali sono le sfide principali che i migranti e i rifugiati affrontano quando cercano di integrarsi nella nuova comunità?
Le sfide principali che i rifugiati affrontano nel loro percorso per ottenere il permesso di soggiorno comprendono: alloggio, lavoro, lingua.
Cosa consiglieresti ad altre comunità o individui che desiderano promuovere l'accoglienza e l'integrazione dei migranti? Quali sono le azioni concrete che possono intraprendere?
Le associazioni che intendono coinvolgersi nelle questioni dei richiedenti asilo, in particolare, e degli immigrati, in generale, devono operare in modo professionale e coordinarsi con le associazioni che rappresentano i loro paesi, se esistenti. È anche necessario avere una metodologia chiara ed efficace che alla fine permetta all'immigrato di acquisire competenze linguistiche, manuali e culturali per raggiungere un cambiamento qualitativo e una sincronizzazione tra la sua identità originale e la sua nuova realtà, con tutte le differenze e le contraddizioni che ciò può comportare.