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LE VOCI DELLA POESIA

La saggezza della natura nella poesia di Mary Oliver

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Mary Oliver

La poetessa americana Mary Oliver (1935-2019), Premio Pulitzer nel 1984, fu spesso snobbata dalla élite intellettuale perché troppo facile, troppo accessibile, ma il pubblicò la premiò facendola diventare la poetessa americana più letta del suo tempo. Oliver superò un’infanzia molto difficile grazie al suo amore per la natura dell’Ohio, dove nacque, e poi del New England dove si trasferì: passeggiare per lungo tempo all’aperto l’aiutò a vincere gli incubi che vivere con un padre che abusava di lei le aveva causato. Il mondo naturale divenne quella famiglia che nella realtà non aveva, più che i legami con altri esseri umani valsero le affinità con la natura e gli animali perché vivere coi ritmi del mondo  naturale insegna come vivere pienamente: 

 

In Blackwater Woods (1983)

Nei boschi di Blackwater

 

Look, the trees                     

Guarda, gli alberi

are turning                           

stanno mutando

their own bodies                   

i loro corpi

into pillars                            

in colonne 

 

of light,                              

di luce,

are giving off the rich        

stanno emanando ricca

fragrance of cinnamon     

fragranza di cannella

and fulfillment,                  

e compimento

 

the long tapers               

le lunghe candele

of cattails                       

dei giunchi

are bursting and floating away over  

scoppiano e volano via sulle

the blue shoulders         

sponde blu

 

of the ponds,                 

degli stagni,

and every pond,            

ed ogni stagno,

no matter what its         

non importa quale sia il suo 

name is, is                    

nome, è

 

nameless now.           

senza nome ora.

Every year                 

Ogni anno

everything                  

tutto

I have ever learned    

ciò che ho imparato

 

in my lifetime             

in vita mia

leads back to this: the fires  

riporta a questo: gli incendi

and the black river of loss    

e il fiume nero della perdita

whose other side        

la cui altra faccia

 

is salvation,                

è la salvezza,

whose meaning          

il cui significato

none of us will ever know.  

nessuno di noi conoscerà mai.

To live in this world     

Per vivere in questo mondo

 

you must be able      

devi essere capace 

to do three things:        

di fare tre cose:

to love what is mortal;  

amare ciò che è mortale;

to hold it                       

tenerlo stretto

 

against your bones knowing   

contro le tue ossa sapendo

your own life depends on it;    

che la tua stessa vita dipende da quello;

and, when the time comes to let it   

e,  quando viene l’ora lasciarlo

go,                                           

andare,

to let it go.                               

lasciarlo andare.

 

Molly Malone Cook e Mary Oliver

Nei boschi di Blackwater, un luogo immaginario, si ripete il ciclo naturale degli incendi ricorrenti nelle foreste americane: gli alberi si trasformano in colonne di luce esalando profumo di cannella. Tuttavia, il fuoco non è una forza negativa perché produce luce e aroma e dona la sensazione che qualcosa si è compiuto, la distruzione è il necessario precursore del rinnovamento.  In questo fuoco anche le esistenze individuali si annullano: i nomi degli stagni sono ora perduti nella devastazione che riduce tutto in cenere, proprio come anche le individualità degli esseri umani vengono perdute dopo la morte, quando saremo dimenticati. Oliver cita spesso Lucrezio, nella cui teoria degli atomi la poetessa vede una modalità di continuazione della vita terrena, attraverso la mutazione delle nostre forme umane in atomi che possono ritrovarsi nella vita di un animale o una pianta, creando un ciclo vitale ininterrotto e costante. 

Ogni anno, seguendo il ritmo della natura, Oliver sperimenta la perdita nel cambiamento del panorama che la circonda, che le fa però dire anche che la perdita è l’altra faccia della salvezza perché solo comprendendo che questa perdita non è eterna, totale, si può annullare la disperazione e quindi avere la salvezza, che è lì per noi, seppur sia quasi impossibile comprenderne la sostanza.

La constatazione di questo ininterrotto processo le consente di esprimere le tre cose che dobbiamo imparare a fare per vivere bene: prima di tutto amare ciò che è mortale, il nostro corpo, i corpi degli altri e tutte le creature, rispettarle, non considerarle solo passeggere ma vederne la bellezza e la peculiarità. Poi imparare a proteggere ciò che è mortale, perché la nostra vita individuale dipende dalle altre vite, dagli altri esseri; infine capire che quando arriva l’ora bisogna accettare la perdita, lasciar andare la persona amata accettando il dolore come il bosco accetta il fuoco, perché oltre il fuoco e la sofferenza c’è la salvezza nel riconoscere di far parte di un ciclo continuo. Così come fece Mary Oliver alla morte di Molly Malone Cook, la fotografa che fu la sua compagna di vita per lunghi anni. 

Quella che è probabilmente la sua poesia più famosa, Wild Geese, Oche Selvatiche, sottolinea ancora come la natura sia fonte di saggezza e accettazione:

 

Wild Geese (1986) 

Oche selvatiche

 

You do not have to be good.

Non devi essere buono.

You do not have to walk on your knees

Non devi camminare sulle ginocchia

for a hundred miles through the desert repenting.

facendo penitenza per centinaia di miglia attraverso il deserto.

You only have to let the soft animal of your body

Devi solo permettere al morbido animale del tuo corpo

love what it loves.

di amare ciò che ama.

Tell me about despair, yours, and I will tell you mine.

Parlami della disperazione, la tua, e ti dirò della mia.

Meanwhile the world goes on.

Intanto il mondo va avanti.

Meanwhile the sun and the clear pebbles of the rain

Intanto il sole e i chiari ciottoli della pioggia

are moving across the landscapes,

si muovono attraverso i paesaggi,

over the prairies and the deep trees,

sulle praterie e gli alberi profondi,

the mountains and the rivers.

le montagne e i fiumi.

Meanwhile the wild geese, high in the clean blue air,

Intanto le oche selvatiche, alte nell’aria chiara e azzurra,

are heading home again.

si dirigono nuovamente verso casa.

Whoever you are, no matter how lonely,

Chiunque tu sia, non importa quanto solo,

the world offers itself to your imagination,

il mondo si offre alla tua immaginazione,

calls to you like the wild geese, harsh and exciting -

ti chiama come le oche selvatiche, duro ed eccitante -

over and over announcing your place

annunciando ancora ed ancora il tuo posto

in the family of things.

nella famiglia delle cose.

 

Oche Selvatiche, dipinto di Larry Fanning

I primi versi sono un’incitazione a rigettare tutto ciò che ci dice che dobbiamo pentirci per essere salvati, che il pentimento è necessario perché siamo imperfetti. Invece Oliver ci dice che non ce n’è bisogno, che non dobbiamo attraversare il deserto in ginocchio come gli antichi eremiti, perché ciò che dobbiamo davvero fare è accettare ed amare “the soft animal of our body”, “il morbido animale del nostro corpo”. Il nostro corpo mortale è come quello di un tenero animale, delicato nella sua fragilità, ma non per questo corrotto. E dobbiamo consentire al nostro corpo di amare ciò che ama, senza farci tormentare da sentimenti di inadeguatezza e di colpa. 

Siamo insieme in questo mondo, a parlarci, l’un l’altro, della nostra disperazione, così che questa diventa meno travolgente perché nel frattempo il mondo va avanti, col sole o le gocce di pioggia pesanti come ciottoli, nelle praterie e nelle profondità dei boschi, nei monti come nei fiumi: la nostra vita è un cerchio di continuità col mondo naturale, e questa idea della continuità è rafforzata dalla ripetizione della parola “meanwhile”, “nel frattempo”. Intanto, infine,  anche le oche selvatiche del titolo si presentano tornando a casa, dandoci la sensazione che anche noi siamo a casa, che questo mondo è qui per accoglierci e sostenerci: anche se siamo soli, la natura si offre alla nostra immaginazione, fa nascere in noi sentimenti, ci chiama come chiama le oche, perché anche noi apparteniamo, come questi animali,  al ciclo della vita. Questa vita dura, difficile, ma anche eccitante ed inebriante, ci dice che facciamo parte di una famiglia di cose terrene, che questo mondo è il nostro posto e non dobbiamo avere paura perché, come le oche che volano alte nel cielo azzurro, troveremo sempre la via verso casa, una casa terrena ed eterna al tempo stesso.