Quando una donna scompare noi altre pensiamo “l’avrà uccisa il fidanzato o marito o ex compagno”. È il primo pensiero che facciamo, poi ci aggrappiamo alla speranza che non sia così e troppo spesso la speranza è vana.
Sono morte altre due donne per mano di due uomini, non è necessario tirare fuori numeri e statistiche, ormai ne siamo assuefatti e quasi annoiati, ma due vite interrotte e una vita a cui non è stata data la possibilità di sbocciare non possono scorrere via come numeri, non possono non colpirci.
Sono storie che vengono da luoghi distanti da noi ma siamo proprio sicuri che non ci riguardano? Le morti di questi giorni ci insegnano che le bassezze umane serpeggiano anche tra gli insospettabili, che dietro la porta di una coppia in attesa del primo figlio non sempre c’è la gioia di una famiglia che nasce, dietro la porta di un uomo delle forze dell’ordine non sempre c’è un porto sicuro. Le morti di questi giorni ci insegnano che nessuno è immune, che i mostri a volte sono i nostri vicini e a volte i mostri possiamo esserlo noi.
Giulia Tramontano, 29 anni, era incinta di 7 mesi, è stata accoltellata, il suo corpo coperto di benzina per dargli fuoco. Il suo assassino si chiama Alessandro Impagnatiello, era il suo compagno e aveva una relazione parallela. Dopo il duplice delitto ha chiamato la sua amante dichiarandosi “finalmente libero”. Pierpaola Romano, poliziotta di 58 anni, è stata ammazzata con tre colpi di pistola alla testa nell'androne di casa. Il suo assassino si chiama Massimiliano Carpineti, poliziotto anche lui, non accettava la fine della relazione. Vite così simili alle nostre, sia quelle delle vittime che quelle dei carnefici.
Non basta più l’indignazione, le giornate contro la violenza, l’inasprimento delle pene. Seppur necessari non bastano più per un problema che ormai è diventato strutturale e sistemico. E che questo non sia l’ennesimo articolo sulla violenza contro le donne ma un appello accorato a partire dalle nostre porte, dalle nostre famiglie, dai nostri figli. Dietro quelle porte crescono gli uomini di domani ed è responsabilità di tutti noi aiutarli a crescere nel migliore dei modi prendendoci cura delle loro emozioni. Diamo ai nostri figli gli strumenti per capire che se si vuole essere liberi si può andare via senza ferocia, che se si ama si regala un pezzo di sé ma non si è proprietari del pezzo che ci viene regalato.
Non normalizziamo la violenza, non diventiamo noi stessi “mostri”.