“Oggi il giro passa da Felina”, mi sono svegliata con questo pensiero nella testa, allora mi sbrigo a fare le faccende di casa e alle dieci e mezza, accendo di già la televisione dove su “Telereggio” presentano Sacandiano in rosa. E’ molto presto per vedere la carovana dei ciclisti, partiranno alle dodici, perciò penso di cucinarmi un po’ di pasta, così sposto il pranzo alle undici e trenta, dopo nessuno mi toglierà da davanti allo schermo.
“Ma cos’è sta mania del giro d’Italia?”
Questo ve lo chiederete voi e io vi voglio raccontare com’è cominciata.
Ero ancora una bambina e sentivo parlare di questo giro che doveva passare da Castelnovo, non so dirvi che anno era, ma coi miei fratelli, i miei cugini e gli amici della Macchiusa ci eravamo piazzati sull’argine delle curve del Ponterosso.
Arrivarono questi ciclisti, ma in discesa, senz’altro venivano dalla toscana, perché scendevano non salivano. Passarono tutti così veloci che non facevi in tempo a vederli, la strada allora non mi sembra che fosse asfaltata e uno che era un po’ attardato, prese una buca e cadde rovinosamente davanti ai nostri occhi. Subito i ragazzi grandi corsero in suo aiuto era tutto graffiato su un fianco e sulle braccia e un po’ rimbambito dalla botta presa.
Lo accompagnammo nel cortile della zia Wilma, questa si prodigò a disinfettarlo, fasciarlo e rifocillarlo, poi mise a sua disposizione uno sdraio nel cortile, dove poteva aspettare il pullman che lo avrebbe raccolto, la bicicletta era fuori uso. Era un tedesco o un austriaco, così disse mio cugino Cesco che era tornato da poco dalla prigionia in Germania.
Ricordo che noi bambini gli stavamo attorno, era una nostra ambita preda, ma le nostre ombre gli davano fastidio, gli era venuto freddo, allora la zia lo coprì e pregò noi di non stargli davanti. Dopo tanto tempo passò un camioncino che lo caricò bicicletta compresa e lo portò via.
Ecco questo è il primo ricordo che ho del “giro d’Italia”.
Anni dopo conobbi colui che poi divenne mio marito ex corridore molisano, difatti al suo paese era conosciuto come “Giulià lu curridure”. Si anche lui nel dopoguerra era partito a sedici anni e tornato a ventuno dopo un lungo periodo di prigionia e in Molise non c’era assolutamente lavoro ed era troppo vecchio per tornare a scuola, allora decideva di correre in bicicletta, naturalmente compratagli dalla madre. Gli piaceva e ci metteva tutto l’impegno necessario, ma non esisteva nessuna squadra e nessun sponsor, si iscriveva alle gare da solo e poteva contare solo sulle sue gambe e il tifo dei suoi paesani. Mi raccontava che a un giro del Molise, passando vicino al suo paese era in fuga, naturalmente molto forte in salita e spericolato in discesa, aveva preso molto vantaggio, ma sapete non sempre tutti i salmi finiscono in gloria, volò per aria e si risvegliò dentro a una chiesa “unico luogo pubblico” dove lo avevano portato e lui per un attimo ebbe anche il dubbio di essere morto. Allora dietro a queste gare non c’era l’ambulanza solo qualche macchina o qualche moto, perciò certi atleti dovevano arrangiarsi. Così lui ripartì per tornare a casa in bicicletta, ma caro mio aveva messo l’asciugamano sul manubrio della bicicletta e piano piano gli era scivolato in mezzo ai raggi della ruota davanti con conseguente capitombolo. Così l’ultima caduta assommata alla prima lo hanno fatto decidere ad arruolarsi in polizia proprio in quel periodo avevano aperto gli arruolamenti e lì finì la sua carriera da ciclista, ma ogni tanto la nostalgia della bicicletta gli tornava.
Così con lui cominciai a seguire questo “giro d’Italia”, naturalmente sul Corriere dello sport o su Stadio, allora la televisione era solo nei bar e una ragazza “da marito” non li frequentava molto spesso.
Però quando il giro passava nel modenese o nel bolognese noi due partivamo in “vespa” per andare a vederlo e ricordo un anno che pioveva come oggi, noi ci siamo presa tutta l’acqua per arrivare a Paullo nel Frignano per vedere un nugolo di corridori tutti in gruppo passare davanti agli occhi in un solo attimo.
Ecco la mia passione per il “giro” è nata così e anche oggi davanti al televisore ho tifato per quei quattro che si erano messi subito in fuga, poi uno si è perso per la via, naturalmente ho tifato anche per quelli che hanno tentato di raggiungerli, non conosco più i nomi, perché non c’è più un Coppi o un Bartali,… o un Pantani che ho seguito e amato come un figlio.
Me la sono presa coi giornalisti che tutto il giorno hanno fatto bla…bla…bla…e non hanno detto una parola su Matilde di Canossa e il Castello di Carpineti e neanche su Dante e la Pietra di Bismantova, va bene che c’era la nebbia e la pioggia, ma bastava schiacciare su internet e ti venivano fuori tutte le foto che volevi.
Meno male che hanno raccontato la storia di San Pellegrino, altrimenti mi veniva la nausea a forza di vedere quel carro di carnevale in disuso a Viareggio.
Vedremo oggi cosa succederà e viva il “Giro d’Italia”
Elda Zannini
Quel corridore divenne Suo marito e quel giorno non lo immaginava nemmeno. Non riesco nemmeno a pensare cosa è successo il giorno in cui vi siete ritrovati ed avete iniziato una storia di una famiglia bellissima! Signora Elda Lei ci stupisce sempre.
(Elda Bizzarri)
Dal momento che porti il mio stesso nome, ti dirò che quando ci siamo incontrati,
siamo stati colpiti ambedue dallo stesso “colpo di fulmine” io 18 e lui 30 anni,
ma credi non sono state tutte rose e fiori, anzi, ma sappi che ci “siamo e abbiamo”
voluto molto bene anche ai nostri figli, naturalmente anche sbagliando
come succede a tutti i genitori.
(Elda Zannini)