I Gessi Triassici e la candidatura “Carsismo nelle evaporiti e grotte dell’Appennino settentrionale” a Patrimonio dell’Umanità Unesco: è il titolo dell’incontro organizzato dal Parco nazionale dell’Appennino che si terrà lunedì 15 maggio, a partire dalle ore 21:00, a Costa dei Grassi presso i locali del Circolo. Un incontro che fa seguito alla visita, dello scorso autunno, dei valutatori dell’Unesco.
“Per l’Alto Appennino reggiano stiamo parlando della candidatura conformazioni geologiche che, nel loro complesso, costituiscono il primo e il più studiato carso evaporitico del mondo– spiega Robertino Ugolotti, consigliere del Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano -. Con la peculiarità che la nostra Riserva di Biosfera Mab Appennino al suo interno custodisce entrambi i tipi evaporiti, quelle più antiche, triassiche e quelle più giovani messiniane. La candidatura a patrimonio mondiale dell’umanità si basa sul criterio VIII della Convenzione del 1972 e fa riferimento a testimonianze straordinarie dei principali periodi dell'evoluzione della Terra, riguarda una zona ricca di depositi evaporitici che generano forme carsiche, particolarmente significativa per lo studio della disgregazione del supercontinente Pangea avvenuta circa 200 milioni di anni. Se questo riconoscimento Unesco si tramuterà in realtà potremo avere una straordinaria opportunità per questi territori che, di fatto, sarebbero conosciuti nella rete mondiale dell’heritage”.
All’incontro di lunedì, oltre a Ugolotti, parteciperanno Emanuele Ferrari e Chiara Borghi in rappresentanza del Comune di Castelnovo ne’ Monti; Fausto Giovanelli e Alessandra Curotti per il Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano; il Gruppo Speleologico e Paletnologico G. Chierici di Reggio Emilia. Oltre ai gessi della Valle del Secchia, sono sette i siti interessati nelle province di Reggio Emilia, Bologna, Rimini e Ravenna. Più precisamente nelle zone di Alta Valle Secchia, Bassa Collina Reggiana, Gessi di Zola Predosa, Gessi Bolognesi, Vena del Gesso Romagnola, Evaporiti di San Leo, Gessi della Romagna Orientale.
Spero solo che questo riconoscimento non possa creare problemi o ulteriori difficoltà ad una potenziale fondovalle Val Secchia fino a Giarola/Collagna, questo sarebbe un grande danno. Per l’economia locale, mi riferisco al normale cittadino, non credo cambi nulla se i gessi triassici diventano patrimonio Unesco o meno, mi sembra che gran parte di questo appennino sia già Mab Unesco. Un giorno spero che qualcuno mi sappia dire a chi vanno i benefici di queste aree Mab Unesco, visto che personalmente, a me ma anche a tanti altri, non ne vedo e non ne tocco i benefici
Davide
Gentilissimo Davide, i “problemi o ulteriori difficoltà” cui lei si riferisce per una “potenziale fondovalle” fino a Giarola sono in primis dettati dalla geologia di quei luoghi, che ha tempi e dinamiche che l’uomo non può modificare se non ampliandone gli effetti, a volte accelerandoli. Effetti che diventano negativi solo se rapportati alle opere dell’uomo, poiché di per sé appartenenti alla storia fisica del nostro pianeta sul quale siamo di passaggio da pochissimo tempo rispetto alla sua storia evolutiva. Costruire qualunque opera che noi immaginiamo come duratura su un substrato gessoso attraversato da un corso d’acqua è pura incoscienza, null’altro. Farlo nell’ultima area realmente non antropizzata (guarda caso…), quella che conserva la maggiore biodiversità (vegetale e animale) dell’Appennino settentrionale, sarebbe stupidità assoluta. Oltre a buttare denari in opere di nessuna utilità collettiva (perché non un aeroporto, un centro commerciale, allora? visto tutta la ghiaia che c’è i piazzali si fa presto a farli) quello che si perderebbe viceversa subito sono proprio quei valori e quei benefici che lei purtroppo non è in grado, o non vuole, vedere e toccare. Non voglio tediarla oltre, ma su una cosa semplice la invito a riflettere: se le è possibile, faccia una semplice ricerca sui trasferimenti di denari pubblici (soldi di tutti noi, di quelli che pagano tasse, almeno) nell’area di riferimento, confrontandoli con quelli trasferiti prima delle tutele, poi parco regionale, poi nazionale, poi aree MAB. Se le rimane tempo, guardi anche i dati sugli occupati stabili e quelli legati al turismo e all’accoglienza. Tralasci pure quelli sull’educazione ambientale, sulle visite di studenti di ogni grado e nazionalità, sul numero di specie animali e vegetali conosciute negli ultimi 50 anni, sul numero di persone che visitano e percorrono quei luoghi, nutrendosi di pace, natura e bellezza e che ritornano, sapendo di ritrovarle intatte.
Cordialmente, Mauro Chiesi
libero professionista
Egregio Mauro Chiesi, le sue sono a mio avviso parole sagge. Il problema è che, per coloro che per interesse o fanatismo vedono solo infrastrutture e modernizzazione a tutti i costi, le sue posizioni sono annoverate tra i famigerati “no a tutto”, ignorando i si alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e dello sviluppo turistico . Nel nostro Appennino siamo seduti su un miniera d’oro che non sappiamo valorizzare , e allora pensiamo a strade, dighe, fabbriche e centri commerciali che fanno parte di un sistema di sviluppo che non ci appartiene.
Cordiali saluti
Andrea
Sostengo e sottoscrivo quanto espresso dai signori Chiesi e Andrea! Senza un passaggio culturale in tale direzione l appennino non si svilupperà mai. Sostenere ancora certe logiche di sviluppo significa essere veramente fuori dal tempo. Tra l’altro, abbiamo visto che danni hanno fatto.
http://PaoloRomei
Tutto dovrebbe avere un limite, parlare che certi riconoscimenti portano sviluppo ai paesi dell’appennino, è troppo. A chi sostiene il concetto che questi riconoscimenti portano sviluppo e turismo a territori montani, chiedo di verificare l’andamento demografico dei comuni coinvolti dalle aree mab e di verificare l’età media di chi abita su queste terre, questa è la realtà, questo è quello che conta. Le belle parole non portano da nessuna parte se non sono sostenute dai fatti concreti, e non sono certo le belle cartoline su cui scrivere area mab unesco che portano qualcosa ai montanari, questo sia chiaro, poi se portano altri interessi, questo non lo so.
Pierluigi
Gentile Pierluigi, tralasciando di chiederle se si è mai chiesto cosa sarebbe la montagna senza i fiumi di denari pubblici (e ora cominciano a investire anche capitali privati, guarda caso) che piovono proprio grazie alle politiche di valorizzazione ambientale e socio culturale del territorio, una domanda mi permetto di fargliela: lei cosa porta o ha portato alla montagna ?
(MC)