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L’ isola che non c’è

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L'isola galleggia nel mezzo del Mediterraneo e le fa da corona un mare cobalto e intenso in correnti. Dal traghetto, la si vede verdeggiare con le sue creste di frastagliati monti calcarei. Avvicinando la rotta, i fondali chiari mettono la pace nel cuore mentre il vento sferza con un'abbondante audacia. Non crescono alberi ma soltanto cespugli. Mirto, elicriso e cisto multicolore, rosmarino in fiore. Sbarcando, ci si sente dapprima letteralmente spersi anche se, a ben vedere, le leggende narrano che propio qui Ulisse facesse ritorno, dopo le sue peregrinazioni. Eppure si parla un dialetto stretto, da Magna Grecia, e gli abitanti hanno facce bruciate dal sole e nulla fa presagire qualcosa di aulico e di leggendario. Ma camminando verso la meta, fra le sole poche strade percorribili, in assenza di traffico e nemmeno in presenza di un solo altro veicolo rumoreggiante, si sentono i propri passi e questo fa paura. Abituati come siamo al frastuono del vivere moderno, ci si sente davvero persi e malfidenti quando ci si affaccia al balcone proprio sentire. Nella via centrale, poche persone a passeggio, mentre un bambino si palesa alla porta di un locale che serve birre ghiacciate e panini imbottiti. Il gestore lo saluta con il cuore colmo di riconoscenza e gli chiede come sia andata la scuola. I nostri bambini invece sanno rientrare a casa accolti già dall'ansia dei nuovi compiti, da madri spaurite, nel mezzo di frequenti crisi di nervi. Qui, sull'isola, il bambino è accolto come un dono del cielo e ogni giornata insieme ha il sapore di un prodigio. La lentezza rende le cose importanti davvero importanti e il silenzio mette a fuoco le cose del cuore, illuminandone le cavità nascoste. È difficile non sentire la ferocia di un'energia sferzante che sprona al moto e ci si incammina volenterosi e prodi verso le alture che sommergono il paese, per metterla a frutto. All'ombra delle tamerici, ci si avvia verso un lontano castello normanno che sembra svettare laggiù in fondo, come uno strano miraggio, sulla punta settentrionale dell'isola. Tornando poi sui propri passi, ci si propone di mettere una preghiera in serbo per Dio nel cimitero, sulla sinistra, appeso alla scogliera, ma si rimane sospesi e incantati dalle chiare lapidi in marmo e dalle candide madonne che sembrano guardare il mare con un fare riconoscente. La bellezza è talmente preponderante che ci si sente piccola cosa. Dopo il cimitero, una spiaggia protetta da faraglioni e falesie sporgenti che riparano un poco dal vento. La distesa di piccoli sassi rincuora con il suo calore assorbito dal sole e ci si può rilasciare al suo contatto. Una frenesia invece che sembra ancora investire le tre turiste che invadono lo spazio silente, con ancora nel petto l'adrenalina della recente impresa sulle alture. Una di loro, si sdraia su un masso ma si ridesta poco dopo al suono della sveglia del suo cellulare perché il momento di libertà sembra già volgere la termine. La società impone ritmi travolgenti e sempre nuove sfide da vincere in cui l'unico obiettivo del vivere sembra la corsa e la rincorsa, il premio e il predominio sull'altro. Non v'è spazio e tempo per mettersi a confrontarsi con il proprio io, quel cavo che spaura, quel luogo incantato e magico dove regna il silenzio e sbandiera l'oscurità. E quindi si va veloci verso nuovi traguardi e sfide da vincere su cui apporre il vessillo della vittoria, in uno sbandierare inutile e senza frutto.

Rientrando in paese, il campanile batte le cinque. Ci si rintana volentieri alla messa domenicale, dove un poco di ristoro sembra venire dal rinchiudersi fra le sue quattro pareti ecclesiali. La bellezza dell'isola sa affascinare e buttare a terra, con un fare di rapina e con un battere di tuono. Meglio allora affidarsi alle letture e ad un parroco che entra gioviale e sorridente. Inizia la celebrazione con un poco di indugio, spiegando all'assemblea come fosse triste e sconsolato, poco prima, per non aver visto entrare Billie. Ma ora, al prete, sta tornando in viso il sorriso perché il cagnolino sta sdraiato, come d'abitudine, proprio in fondo alla navata centrale, a vegliare in guardia sull'ingresso dei fedeli. La celebrazione ha il sapore delle cose vibranti e rende il cuore molle come un budino. La presenza del cane rende lecita qualsiasi stramberia e l'anima si sente a proprio agio in questo lasso di tempo libero e scanzonato. Le melodie sono stonate e la questua è portata in giro da una ragazzina disabile che si aggira fra i banchi decine di volte, scordandosi di esserci passata di già. La stranezza degli accadimenti rende possibile appigliarsi al mistero del divino con un poco più di agio e di misericordia nell'animo. Ci si libera, più indulgenti verso se stessi. Anche le cose di fede possono accadere su quest'isola che appare come preda di un incantesimo e sbalzata dal tempo. Se si fa circolare lo sguardo fra i banchi non è insolito accorgersi dello sbucare di facce normanne fra i presenti. Sono uomini barbuti, dalla corporatura possente, che ancora nel proprio corredo genetico sbandierano una predominanza norrena e gentili dame dai capelli di rame e bambini dalle facce chiare e lentigginose.

A sinistra della chiesa, dopo la piccola piazza, un vicolo con gli aromi del pane. In assenza di additivi, si percepisce la fragranza di ciò che davvero dà la vita e nel suo spezzarsi fra le mani del Cristo, pellegrino risorto, il riconoscimento da parte degli increduli discepoli della sua santità e della sua venuta. Nel pane qui sembra esserci davvero incastonato il mistero della vita. Lo si sente serpeggiare in forma di aulente fragranza dal vicolo, per tutte le piccole strade. A osteggiare il suo aroma, invece, ondate ripetute di un salmastro che scuote e si corre ai ripari, rintanandosi dentro la propria stanzetta in affitto. Ma il mare sa invadere anche le più recondite stanze e danza appeso alla finestra, dagli infissi turchesi, in forma di pesci irretiti a lenzuola che sbandierano. Meglio lasciarsi andare al sonno notturno. Il mare resterà comunque a vegliare con il suo vocio sommesso e un rumoreggiare sordo e onnipresente.

4 COMMENTS

  1. grazie per qs.descrizione di vita e dintorni.mi hai fatto fare un viaggio in Sicilia stando comodamente a letto ,,ho potuto percepire il profumo del pane,la calma e la quiete che regna sovrana e collega il terreno al divino i colori del mare con i suoi rumori piacevoli e stonati come lo squillare del cellulare. Il cuore che diventa” molle “Pura magia.grazie.

    Romagnani Maria Grazia

    • Firma - Romagnani Maria Grazia