Home Diocesi ne' Monti Un patrono per le Valli dei Cavalieri
il Beato cardinale Andrea Carlo Ferrari

Un patrono per le Valli dei Cavalieri

551
0

Lo scorso 6 marzo la Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, dopo aver esaminato la richiesta dei vescovi di Reggio Emilia-Guastalla e Parma e con voto unanime, ha “eretto il Beato cardinale Andrea Carlo Ferrari Patrono dell’Alta Val d’Enza e Val Cedra”.

L’annuncio ufficiale alle comunità è stato dato domenica 16 aprile con una solenne eucaristia presieduta dal vescovo di Parma, Enrico Solmi, e concelebrata da monsignor Giacomo Morandi, il nostro pastore. Il luogo simbolo per quest’annuncio è stato la Pieve di San Vincenzo, nel comune di Ventasso, oggi un gruppo di case nel cuore dell’alta Val d’Enza che porta lo stesso nome, ma nei secoli sede di canonici che si occupavano della cura pastorale degli abitanti di queste due valli, con un territorio che abbracciava l’alta montagna reggiana e quella parmense; quello stesso territorio che ha visto i natali del beato Andrea Ferrari (il nome Carlo lo aggiunse solo quando fu eletto vescovo di Milano in memoria di san Carlo Borromeo) e che, se alla Pieve di san Vincenzo non ci è mai arrivato, sicuramente ne ha sentito parlare.

Un caldo sole primaverile splende il 16 aprile sull’antica Pieve e la gente, come succede spesso in montagna, arriva presto per la celebrazione delle ore 16.

Infatti, già un’ora prima i banchi della chiesa sono quasi tutti occupati, con in prima fila le autorità civili e militari e a fianco gli stendardi dei comuni delle due Valli.
Appena fuori, accanto all’ingresso su un tavolino, si raccolgono le iscrizioni all’“Associazione amici del beato cardinal Ferrari”, che si occuperà di organizzare una serie di iniziative per ricordare e celebrare l’indimenticato vescovo di Guastalla.

Si comincia col saluto del parroco don Giovanni Davoli, che sottolinea la gioia delle comunità riunite per l’arrivo di due vescovi a celebrare il solenne momento che vedrà il Beato Andrea Carlo a proteggere queste comunità sparse fra le montagne.

Tocca poi a monsignor Giovanni Costi inquadrare storicamente l’avvenimento e subito dopo il canto del coro dà inizio alla celebrazione. Monsignor Solmi, nell’omelia, pone l’accento su come la Provvidenza porti a momenti come questo, in cui due comunità, separate dell’acqua e ora anche dai confini di due Diocesi, si riuniscono per celebrare la figura e la memoria, ed invocare la protezione, di un uomo come il beato Ferrari, gloria della nostra montagna, un pastore che ha continuato a guidare il suo gregge dal letto della malattia, muto pulpito eloquente di una dottrina ininterrotta.

Un padre - continua monsignor Solmi - che diventa per noi un punto di riferimento importante su cui radicarsi; infatti se le radici della nostra collettività civile, come anche di quella religiosa, non sono piantate in beni che non tramontano, quell’albero non cresce e secca in fretta.

Commentando le letture il vescovo Enrico ha continuato citando il Salmo responsoriale: “Il suo amore è per sempre”. Un amore che racconta la fedeltà di Dio, un amore che, nel passo del vangelo di Giovanni in cui Gesù appare agli Apostoli nel cenacolo, arriva a diventare carne - questo il salmista non poteva immaginarlo - e arriva a diventare il Verbo di Dio che si fa uomo e che entra a porte chiuse in quella comunità pavida che era scappata nel momento del bisogno voltando le spalle all’amico: i dodici chiusi dentro il cenacolo. A queste persone il Risorto non porta il risentimento di un’amicizia tradita, ma la Pace, una pace che viene dalla Pasqua di resurrezione ed è per le persone e per i popoli.

Tutto questo è espresso in quel mandato che viene offerto con l’effusione dello Spirito Santo.

“A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati”: in questo perdono del Signore, per così dire verticale, si innestano il perdono e la pace che acquistano una dimensione orizzontale, diventando realmente possibili per tutti. Essere qui oggi, conclude il vescovo di Parma, potrebbe essere un qualcosa finito dopo aver condiviso un bicchiere di malvasia, si torna a casa ed è successo poco... No, non è così: questa celebrazione può fortificare le nostre coscienze personali e comunitarie e può essere, anche con l’aiuto e la protezione del beato cardinale, un momento di passaggio e di svolta per noi, per le nostre chiese, per le nostre comunità con tutto quello che dal Paradiso il beato vorrà ispirarci.

Nel saluto finale monsignor Morandi, sorridendo, sottolinea come due vescovi di origine modenese, uno oggi a Parma e l’altro a Reggio, possa essere considerato uno dei primi miracoli del cardinale Ferrari, che potrà essere collaudato già il prossimo anno con le tre squadre di calcio in serie B. La cronaca - dice ancora il nostro Arcivescovo - racconta che il beato Andrea Carlo, nominato vescovo di Guastalla, sia stato accolto dalla comunità in un clima di grande conflitto, ma anche che quando la lasciò dopo pochi mesi per la sede di Como la gente piangeva per il distacco da un uomo tanto mite e paziente. Chiediamo allora la grazia, conclude, che questo giorno possa essere una tappa importante per le nostre comunità e per le nostre Diocesi, affinché si possa crescere nell’unità e nella concordia e se proprio ci deve essere una gara tra di noi, sia quella della stima reciproca.

Giuseppe Maria Codazzi
(Da La Libertà nr.16 - 26 aprile 2023)