Al Teatro Bismantova di Castelnovo ne’ Monti il 24 aprile 2023 alle ore 21:30 debutta Arcuntara, il canto della leggenda. Si tratta di un nuovo progetto cantautorale la cui ideazione è del maestro Francesco Boni che si è occupato in prima persona della composizione delle musiche e dell’elaborazione dei testi. Gli arrangiamenti delle canzoni sono a cura di tutti i componenti del gruppo Arcuntara: affermati musicisti in vari ambiti, dal classico al jazz. Il lavoro prende spunto da “Usanze, tradizioni e leggende dell’Appennino reggiano”. Si tratta di una ventina di pagine scritte da Mario Vezzani e pubblicate nel 1933 dalla casa editrice Nironi e Prandi di Reggio Emilia nelle quali sono raccolte antiche leggende – anche matildiche - della collina e del crinale reggiano.
Con un dialogo con Francesco Boni e Clementina Santi si approfondisce il senso e il significato di Arcuntara.
Maestro Boni come nasce il progetto?
“Arcuntara nasce dal desiderio di valorizzare, attraverso un percorso di canzoni cantautorali, in maniera non convenzionale e filologica, una parte del patrimonio di leggende e storie antiche riguardanti il nostro territorio.”
Come è entrato in possesso del testo fonte di ispirazione dell’opera?
“Me ne è stata data una copia dal mio collega Mirko Ferrarini che colgo l’occasione di ringraziare pubblicamente. Le parole del libro di Vezzani le ritengo talmente importanti per l’opera nel suo complesso che l’interpretazione delle canzoni sarà preceduta dalla lettura di quella parte di testo che è stata la mia fonte di ispirazione. Esprimo sentimenti di gratitudine anche nei confronti di Clementina Santi per il fondamentale supporto storico e professionale oltre che per le necessarie informazioni che mi ha dato che mi hanno permesso di inquadrare i testi del Vezzani nell’ampio panorama letterario che abbiamo ”.
Professoressa Santi che notizie ci sono dell’autore del testo?
"Mario Vezzani è un medico e naturalista: uno studioso innamorato della storia locale, in particolare dell’Appennino. Nasce nel 1905 e muore nel 1986. E' stato membro della Sezione reggiana della Deputazione di Storia Patria accanto ad altri valenti studiosi che per fortuna hanno parlato di lui tramandandone la memoria. Mi riferisco a studiosi come Spaggiari, Veneri, Finzi, Mazzaperlini. Costoro hanno conservato tutte le sue prolusioni e i suoi discorsi in Deputazione".
Che produzione si trova in circolazione dell’autore?
"Se vogliamo essere precisi, possiamo dire che Mario Vezzani ha scritto poco, non ha lasciato tanti documenti. Fra questi merita di essere ricordato uno sulla storia dell’Amorotto e questo che è divenuto il propulsore di Arcuntara. Dalla lettura della sua opera si evince quanto è raffinato, delicato".
Maestro Boni da cosa è stato colpito?
“Il testo di Vezzani rivela la quotidianità di un mondo ancestrale e rurale piena di leggendarie verità. La poetica degli scritti a cui mi sono ispirato nonché il loro naturale suono governano nelle canzoni l’alternarsi di armonie e melodie drammatiche ad altre spensierate e giocose, quasi accompagnassero, in un viaggio emozionale dal presente al passato, la tipica festa di un borgo reggiano. Sono i testi che parlano un linguaggio già musicale e loro stessi mi hanno orientato senza nessuna mediazione imposta in fase ricevente. In Arcutara è la letteratura che la fa davvero da padrone. Mi sono approcciato ai vocaboli del Vezzani con un taglio artistico e distintivo che va oltre l’aspetto storico del libro. Ho coscientemente lasciato che il risultato finale fosse permeato a pieno dalla libertà e dalle emozioni che ho provato nella lettura della prosa dello scrittore”.
Le canzoni ripropongono il testo di Vezzani in modo integrale?
“Nei brani ci sono alcuni virgolettati che sono stati mantenuti tali e adattati in minima parte solo in base alla metrica della canzone. Alcune piccole frasi originali sono state inserite esse stesse all’interno dei componimenti ideati. Trattandosi tuttavia di uno scritto in prosa ho dovuto raccontare la leggenda “a mio modo” usando una metrica tale da abbinarsi alla musica. Quindi si alternano mie esposizione romanzate sia musicalmente che testualmente a momenti in cui ho mantenuto proposizioni autentiche”.
E’ partito dalla musica o dalle parole?
“Assolutamente dalle parole. Sono queste che già grazie alla loro intrinseca musicalità dettano le armonie da abbinarvi. L’opera di Vezzani ha davvero un suo sound che la caratterizza: è solo da tirar fuori. Per prima cosa e in linea generale il mio pensiero è che per chi compone è importante “non rovinare” le parole con la musica. Se le parole già di per se sono belle, la musica viene bella di conseguenza. Il mio intento era di accostarmi al volume di Vezzani con grande rispetto. Allo stesso tempo però credo di aver avuto anche il coraggio di proporre i testi con un linguaggio musicale moderno”.
Professoressa Santi, cosa può aggiungere circa la musicalità della prosa di Vezzani?
"Il ritmo della sua scrittura è molto musicale e non mi meraviglio se Francesco Boni abbia trovato qualcosa di molto vicino alla musica. E non mi stupisco neanche che si tratti quasi un incontro spontaneo. Non so se Vezzani avesse o meno conoscenze musicali specifiche, quel che è certo è che lui è stato uno straordinario esempio tipico degli studiosi dell’età precedente alla nostra che presentano in una sintesi meravigliosa gli aspetti umanistici e scientifici. In lui c’è lo storico rigoroso da un lato e il cultore della bella parola colta e raffinata dall’altro. Mazzaperlini dice che Mario Vezzani è stato “ingiustamente dimenticato”. Credo quindi che ciò che gli artisti di Arcuntara stanno facendo sia davvero un bell’omaggio a uno scrittore a cui successivamente hanno attinto in tanti spesso senza averlo nemmeno citato".
Maestro Boni, a cosa si riferisce il titolo dell’opera e qual è il suo significato?
“Dal percorso interiore che ho fatto assorbendo e facendo mie le pagine del libro di Vezzani, nascono 10 canzoni, che hanno il sapore di un certo “ri-raccontare” – in dialetto, al presente arcuntar, al futuro arcuntara appunto. Come se all’arte del “raccontare di nuovo” fosse affidata un’inedita memoria, quella della parola che diventa musica e quella del canto che rende suonabili e ascoltabili i ricordi. Nella realizzazione dell’iniziativa c’è stata la volontà di ridare nuova voce a antiche parole che in realtà sono attualissime potendo essere calate in diversi ambiti anche della vita contemporanea in quanto propongono concetti e tematiche valide anche nel presente e che dal passato ci sono arrivate immutate”.
Quali sono le musicalità proposte?
“In Arcuntara si unisce musica a tratti estremamente moderna con leggende antiche, arcaiche. Viene presentato un sound inconsueto per me, se lo si rapporta alle mie altre esperienze artistiche. Prevalgono le sfumature del Jazz che influenza e che a tratti affiora con evidenza negli impianti armonici di alcuni brani del progetto. In maniera quasi costante, nelle parti condotte con stile ”improvvisativo”, grazie alla maestria dei colleghi musicisti che mi affiancano, emerge in sezioni musicali che fungono a pieno da collegamento intertemporale tra lo stile dei testi che richiamano e la contemporaneità delle musiche”.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
“Preciso innanzitutto che senza di loro non si sarebbe potuto veder nascere Arcuntara. La voce è di Chiara Pelloni, cantautrice essa stessa e artista di formazione classica e jazz. Alle tastiere c’è Daniele Incerti, già maestro accompagnatore del conservatorio Peri Merulo. Giorgio Genta, polistrumentista e maestro di chitarra classica, si occupa di chitarra elettrica, bouzouki e basso. Edoardo Ponzi, maestro percussionista, con al suo attivo importantissime collaborazioni artistiche, è stato anche fondamentale nel creare l’assetto del gruppo avendo in corso già attività con diversi componenti dello stesso”.
Ci dica qualcosa in più di questi artisti.
“I colleghi che partecipano all’iniziativa provengono da Reggio Emila e Bologna. Questo consente una più ampia portata dell’agire artistico dal punto di vista territoriale. Uniscono in questa iniziativa le loro esperienze ed approfondimenti culturali e musicali anche differenti. Questa varietà è risultata preziosa, non solo per definire gli arrangiamenti dei brani, ma anche contribuendo ad elementi ispirativi delle composizioni stesse.
Professoressa Santi, che rilievo può assumere Arcuntara nel panorama culturale del nostro territorio?
"Ritengo che Arcuntara rientri a pieno titolo nell’operazione di recupero della “Letteratura d'Appennino” che stiamo cercando di fare da tempo e che ormai comincia ad essere riconosciuta e quindi ad avere un posto nel anche panorama letterario nazionale".
Maestro Boni qual è il pubblico destinatario dell’opera artistica creata?
“Credo che i fruitori di Arcuntara possano essere estremamente eterogenei. Sicuramente gli addetti ai lavori, cioè chi “mastica” la letteratura e soprattutto la letteratura storica che fa riferimento alle tradizioni popolari. Data la mia esperienza di insegnante di scuole medie, posso però dire che anche gli stessi ragazzi potenzialmente possono apprezzare la musicalità dell’opera. Sostengo questo perché ho proposto loro riflessioni “sull’ottava rima” e per certi aspetti ne sono rimasti colpiti e oserei dire emozionati e addirittura commossi. Arcuntara non rientra nella fattispecie della musica cosiddetta commerciale. Le interpretazioni di artisti di alto livello ne fanno qualcosa di molto raffinato. In teatro non saranno i watt di potenza della musica a catturare il pubblico. Aruntara parlerà con la forza dei concetti e delle idee espresse, non con la forza del volume. Sarà la potenza interiore propria di questa letteratura intermediata dai suoni e dalle melodie, in prevalenza sussurrate e raccolte, a catturare, spero, il cuore e l’anima del pubblico”.