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Fucilato il 5 luglio 1944 a Bora di Ramiseto

La fucilazione di Aristide Catti, luglio 1944

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Riceviamo e pubblichiamo

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Aristide Catti, soldato italiano in congedo, fucilato il 5 luglio 1944 a Bora di Ramiseto, dagli invasori tedeschi.
Fu testimone della messa al muro di Aristide, cugino di mio nonno Luigi Catti, mia madre, Lara Rosa, undicenne.
Dalle finestre della sua casa lo vide a pochi metri, di la della strada provinciale ... Mio nonno Luigi, socialista ed antifascista, sergente maggiore decorato al valore militare durante la prima guerra mondiale, conosceva la lingua tedesca. Per non piegarsi al regime fascista, fu obbligato ad emigrare prima in Francia, in miniera e poi, già abile “maestro fonditore” all’Ansaldo a Genova, venne inviato nella fabbrica Stuka in Germania, a fabbricare le eliche dei caccia bombardieri.
Uscì di casa quel 5 luglio, per tentare di salvare Aristide, cercò di spiegare al gruppo di 13 soldati della Wehrmacht ed SS, (Einsatzgruppen) che si trattava di un errore. Aristide era stato congedato dal Regio esercito italiano, dopo la ritirata di Russia del gennaio 1943.
Sopravvissuto, ma gravemente ferito, benché poco più di ventenne si trascinava malamente, per gli effetti devastanti del congelamento ai piedi. Non poteva essere un combattente, non era certo un pericolo per l’esercito tedesco.

Un soldato tedesco, del plotone di esecuzione, già schierato, ferma Luigi, mio nonno, puntandogli il mitra al petto e urlando: “wachlossen, wachlossen !” (Queste parole si  ricordava ancora bene la mia mamma) ... ho fatto la traduzione:  “Incosciente, incosciente ...!”

Luigi, mio nonno, non poté fare altro e sotto la minaccia di essere ucciso, dovette rientrare in casa ...

Lara, la mia mamma, anche da anziana, più volte mi ha raccontato la scena, impressa nella sua mente di bimba:

“Aristide, colpito alla testa da uno sparo .. alza il braccio destro e la mano a coprirsi, come per difendersi. Cade. Un tedesco si avvicina e gli dà il colpo di grazia”.

Più tardi il suo anziano padre, rientrando da Castelnuovo, vede da lontano il corpo immobile a terra, riconosce che è il suo unico figlio. Urla, urla disperato ... viene trattenuto da alcuni parenti.
I tedeschi non permettono a nessuno di avvicinarsi al giovane, pena la morte.

Ore dopo il padre viene di nuovo bloccato a stento dai parenti e dai vicini. Armato solo di un falcetto, si è incamminato deciso verso la Sparavalle, in direzione di Castelnovo. Vuole tagliare la testa al primo soldato tedesco che incontrerà. È disposto a morire anche lui, per vendicare il figlio, portandosi dietro almeno un soldato della Wehrmacht. Urla che non gli importa di morire: è vedovo, e ora ha perso l’unico figlio.

Lo fermano, lo convincono, temono un attacco di ritorsione al paese, che i tedeschi possano bruciare le case. Lo aiutano a preparare il funerale.

Aristide intanto, avvolto in lenzuola da mia nonna Maddalena, è stato portato a casa, distante poco più di una decina di metri dal luogo della fucilazione.

Il padre di Aristide Catti morirà anni dopo la fine della guerra di ... crepacuore. Suo fratello pose, negli anni ‘50, una madonna in marmo e una dedica, nel muro, poco sopra il punto dove fu ucciso Aristide ... tutti gli anni qualche anziana porta fiori di campo e recita una preghiera ...

Alessandro Raniero Davoli

1 COMMENT

  1. FUCILAZIONE DI ARISTIDE CATTI (aggiornamento e precisazioni)
    Sabato pomeriggio, una riunione indetta dell’Anpi a Ramiseto, ha fatto incontrare alcuni testimoni della barbara esecuzione di Aristide Catti, già soldato del Regio esercito italiano. Il nipote Glauco Catti, novantenne, ha ricordato con lucidità quei momenti concitati. Alcide prelevato dalla sua casa, 4 luglio 1944, era attonito. Giovane uomo di 24 anni, benché fosse stato avvisato da alcune donne del rastrellamento in corso: “Aristide scappa, ci sono i tedeschi”, rispose che lui non aveva nulla da temere, aveva i documenti in regola, era un ferito di guerra, il congedo dall’esercito lo esentava dal bando Graziani di richiamo alle armi, nella RSI. Giunse correndo un plotone di una dozzina di soldati tedeschi, era arrivato a Bora di Ramiseto, all’inseguimento dei Partigiani. In particolare uno, che era entrato nella casa dei miei nonni. Questo, un certo Magnani, ne era subito uscito, da una porta sul retro, verso un orto e poi, in salvo nei boschi sovrastanti. I militari tedeschi, erano impegnati con altri 5/6 mila nell’operazione Wallestein 1, diretti dal generale Walter von Hippel, comandante della Flak, arma della contraerea germanica, nel contrasto alle formazioni partigiane che operavano sul nostro Appennino. Giunti di fronte a casa sua, lo scorsero dalla finestra, a pianoterra, mentre stava tranquillamente facendo colazione. Lo trascinarono fuori, colpendolo ripetutamente con i calci dei fucili. Camminava lentamente, trascinava i piedi come un vecchio, (e aveva solo 24 anni), a causa del congelamento patito in trincea, nei combattimenti dell’inverno 1941, sulla linea del Tomori, i terribili monti innevati della Grecia del nord. (Da -10 a -40, oltre i duemila metri di altezza!).
    Tentò di mostrare il documento che portava sempre con se nella tasca dei pantaloni. Un tedesco lo colpì al braccio e glielo fece cadere a terra. Tutto inutile, anche l’intervento in extremis di mio nonno Luigi Catti, che parlava tedesco, non fermò la barbarie. La soldataglia tedesca, frustrata dalla fuga del partigiano che aveva inseguito inutilmente, si sfogò su Alcide, innocente di tutto, lui, che solo tre anni prima aveva combattuto con gli stessi “alleati” la guerra alla Grecia. L’ordine dato dal comando nazista era incutere terrore nella popolazione. Ma così inasprirono ancor più gli animi. Fu uno dei tanti episodi crudeli, fu un crimine di guerra, che, assieme ad altre barbare uccisioni, portò ad un aumento degli attacchi armati dei Partigiani, le brigate Garibaldi 144* e 145*, la SAP 285* montagna, (dove combatteva mio padre Nino Davoli), e altri distaccamenti, contro gli invasori tedeschi e i loro alleati fascisti.
    Alcide, non era un partigiano, ma un soldato italiano in congedo, innocente di tutto, travolto dalla follia di una guerra di invasione e civile, feroce. Solo oggi arriva il ricordo di quella vittima, di quel giovane, che non essendo schierato, non è stato sin qui onorato come merita: “vittima sacrificale delle criminali élite naziste e fasciste, di ideologie perverse e folli, aberrazioni dell’animo umano”.
    Riposa dal 1944 in pace nella tomba di famiglia, nel piccolo cimitero di Ramiseto.
    Aristide, da quell’altura puoi vedere il sorgere del sole sopra il piccolo borgo della Bora, l’antica tua casa dei Catti, i tuoi boschi, i tuoi prati, i tuoi monti. Riposa qui in pace per sempre, sei nel nostro tranquillo giardino fiorito, con tua madre, tuo padre, i tuoi cugini. Li ci riuniremo tutti noi della Bora, un giorno.
    Li parleremo per sempre di pace.

    Alessandro Raniero Davoli