“La precondizione per entrare a fare parte dell’assemblea del Contratto di fiume è rappresentata dall’accettazione del percorso e delle regole comuni per arrivare alla definizione degli obiettivi utili”.
E’ quanto ha sottolineato il segretario generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, Alessandro Bratti, nel corso dell’incontro che si è tenuto ieri 21 marzo, nell’Aula Magna all’interno della sede dei Servizi Territoriali Agricoltura Caccia e Pesca della Regione Emilia-Romagna, in località Mancasale, alla presenza dei rappresentanti dei territori di Province, Comuni, Unioni dei Comuni e dei Consorzi di bonifica interessati. Al centro dell’approfondimento sicurezza idraulica, stoccaggio delle risorse e invasi, difesa ambientale e standard economico sociali.
Inizia dunque da Reggio Emilia, con i sindaci della Val d’Enza, sia reggiani che parmensi, il percorso che vedrà Istituzioni e portatori di interesse agire sul fronte dell’adattamento climatico.
Alessandro Bratti ha illustrato in modo approfondito il Piano di Intenti e ha anche fissato alla data del 2024 la fine del percorso del contratto di fiume della Val d’Enza.
“Gli obiettivi che perseguiamo - ha spiegato Bratti - sono di importanza vitale per incrementare la capacità di adattamento dei territori della Val d’Enza di natura idraulica, ambientale, paesaggistica, sociale ed economica. Pertanto è essenziale che tutti i soggetti che parteciperanno lo faranno con la consapevolezza e la correttezza di arrivare ad un obiettivo”.
Durante l’incontro, che prosegue nel solco di quel processo teso a delineare una governance condivisa per il bacino del torrente Enza, si è analizzato come, ormai da qualche anno, le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla resilienza del territorio abbiano richiesto l’impegno degli attori istituzionali del bacino dell’Enza nello sviluppare approfondimenti e studi tesi a definire scenari di gestione sostenibile della risorsa idrica, tale da contemperare esigenze ambientali, economiche e sociali. In particolare, gli approfondimenti finora condotti hanno consentito di individuare strategie urgenti di adattamento ad eventi climatici estremi che, se pur necessarie, possono richiedere anche importanti e complessi interventi strutturali, tali da determinare potenziali impatti ambientali sugli ecosistemi acquatici e sui servizi ecosistemici e che, pertanto, meritano valutazioni di fattibilità tecnico economica basata su una approfondita e trasparente analisi costi-benefici e costi-efficacia, nel rispetto delle prescrizioni già contenute nella direttiva quadro acque.
Il Contratto di Fiume rappresenta la sede privilegiata per il confronto e la partecipazione attiva, a garanzia di un approccio integrato, trasparente e a scala di bacino per costruire scenari ampiamente condivisi e per supportare le conseguenti progettualità, fino alla realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle future opere, consolidando un patto di governance pubblico-privato, non garantito da altri strumenti e/o processi
La vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Irene Priolo, ha sottolineato la necessità di avere un “approccio non ideologico verso il Contratto di fiume che deve mantenere una buona dose di concretezza nelle sue fasi. Oggi mettere in campo una strategia di adattamento al cambiamento climatico, in grado di avere esternalità positive di tipo ambientale, ma anche economica e sociale, è fondamentale, non solo una opzione”.
L’assessore all’agricoltura ER, Alessio Mammi, sul ruolo del Contratto di fiume ha aggiunto: “L’importanza di uno strumento politico-amministrativo capace di creare obiettivi comuni e condivisi per valorizzare il territorio e il paesaggio nel suo insieme, la sua sicurezza idraulica e l’incremento dello stoccaggio di risorsa idrica per migliorare a 360 gradi il rapporto tra componente pubblica e privata”.
Egr.i Sostenitori di un importante bene comune: l’acqua; lo è oggi e lo sarà ancora di più domani. Dopo il convegno di ieri a Reggio Emilia, da persona di buon senso, come spero di essere, tengo a dirVi di lasciare ogni speranza di poter disporre di questo grande bene comune; inutile continuare una lotta persa 34 anni fa e senza più speranze; io continuerò questa guerra, per me “Santa” per il bene della montagna e della pianura, ma Voi non seguitemi, perdereste il Vostro tempo. A me sembra chiaro che qualcuno ha già deciso che le eccellenze dell’agroalimentare di Reggio Emilia e Parma, Parmigiano Reggiano e tanto altro, devono finire; queste eccellenze in Europa e nel mondo sono una immagine troppo bella per l’Italia e per certi interessi economici. Come dall’Italia è scomparso il settore auto, eravamo primi al mondo, il Siderurgico, primi al mondo, il settore moda, primi al mondo, recentemente è scomparsa Alitalia/Ati, venduta ad altri, a breve toccherà al Parmigiano Reggiano, prima eccellenza mondiale; molto facile farlo morire, basta non dargli l’acqua da irrigare, basta mandarla a mare e non trattenerla nei periodi di abbondanza; senza acqua non possono essere rispettati i Protocolli del Parmigiano, sarà la sua fine.
Da alcuni anni si parla di Contratto di Fiume e se ne parlerà ancora per anni, un nuovo “calderone”, a mio avviso completamente inutile, anzi utile a qualcuno per avere sedie e poteri politici. Sui fiumi si è sempre fatto ciò che andava fatto con i poteri attuali, ora serve il Contratto di Fiume, chissà perchè; sento parlare solo del contratto di Fiume Enza (che di fiume non ha neppure il nome) visto che è un torrente e in estate è in secca; un motivo ci sarà, facile da immaginare.
Intanto gli anni passano, ne sono già passati 34 da quando le famose “Lontre” occuparono il cantiere nella Stretta di Vetto, lontre fantasma in quanto mai viste da nessuno; ma Vi rendete conto in che paese viviamo?, a chi siamo in mano?. Mi risulta che ieri a Reggio Emilia si sia parlato di una diga sull’Enza di 20/25 milioni di metri cubi d’acqua; in Italia si sono fatte Strade, Autostrade, Ponti, Gallerie, Alta Velocità, Aeroporti e Porti per oggi e per il domani, e sull’Enza per mettere in sicurezza le terre del Parmigiano Reggiano si parla di una diga da 20/25 milioni?; una diga che in pochi decenni perderà gran parte delle sue capacità idriche per l’inertizzazione e non darà acqua all’agricoltura ne benefici ai paesi montani, anzi, darà la vista lunare di una diga vuota. Mi fermo qui, ai lettori di Redacon le conclusioni. A Reggio Emilia erano presenti gli Amministratori che avete eletto, se va bene a loro, probabilmente va bene anche a Voi.
Franzini Lino Presidente della Municipalità di Ramiseto
Buonasera, in effetti questo previsto contratto di fiume mi ingenera più perplessità e dubbi che aspettative sulla soluzione del problema. Probabilmente il mettere insieme, in una sorta di betoniera programmatica non risolverà il problema idrica perché, trascorsi decenni in evanescenti bla, bla, bla, chi era preposto alla programmazione delle risorse idriche e per una soluzione del problema non ha fatto nulla e probabilmente brancola ancora nel dubbio su cosa fare. Dopo il taglione inaugurato a Vetto, con grande risalto e sperpero vergognoso di risorse; dopo il pozzangherone di Cerezzola, dopo un mancato e razionale uso delle casse di espansione di Montecchio… ecco qua la betoniera programmatica. Chi avrà la governance delle opere e le proprietà dei manufatti e delle acque? Quali equilibri e appetiti politici faranno da base alle risorse (ancora tutte da definire in importi e chi li sborsa). Si terrà conto del uso plurimo dell’acqua? E… visto che si parla del mantenimento delle eccellenze “nostrane”
nella valle del Secchia non avranno bisogno di risorse idriche? E, i comuni rivieraschi della bassa? La betoniera programmatica si limiterà alla valle dell’Enza. E degli agricoltori/allevatori montani? L’assessore regionale, che presumo in scadenza il prossimo anno, è in grado di impegnare la Regione o si limiterà a vaghe quanto poco impegnative promesse in vista delle prossime elezioni amministrative? Altre perplessità mi sorgono, ma non voglio annoiare i lettori. Avremo tempi di riparlarne, tanto la betoniera programmatica, non è neppure partita. Cordialità C.d.P. Conte da Palude
http://Conte da Palude
Ogni giorno vediamo le necessità idriche a livello Nazionale e a livello mondiale, ci sarà sempre più bisogno di acqua. Leggevo che in Italia si raccoglie solo l’11% delle acque che cadono dal cielo mentre in Europa ne raccolgono molte di più, per Reggio Emilia e Parma mi sembra una grande percentuale visto che in queste due province non ci sono dighe ad uso irriguo e idropotabile, ma solo alcune vasche delle centrali Enel. Ma chi ha sempre amministrato questa Regione non capiva che per irrigare serve acqua?, ma ora lo capiranno?, ho forti dubbi. Mi auguro che il Governo decida per ciò che questa Regione non ha mai deciso, di fare a Vetto una diga di almeno 200 milioni di metri cubi d’acqua, almeno si avrebbe una discreta riserva idrica per il futuro.
Sergio
Par di capire che questo organismo, ossia il Contratto di Fiume della Val d’Enza, sia agli esordi, se non ai preamboli o blocchi di partenza, e pertanto non si sia ancora entrati nella “definizione degli obiettivi utili”, ancorché nel corso dell’incontro sarebbe già emersa la precisa intenzione di mettere “al centro dell’approfondimento sicurezza idraulica, stoccaggio delle risorse e invasi, difesa ambientale e standard economico sociali”, stando almeno al resoconto della giornata che viene qui riportato.
Io non so cosa si intenda per “standard economico sociali”, ma auspico che nel corso dei lavori di detto organismo – visto che riguarderanno anche stoccaggio delle risorse e invasi, come possiamo leggere – si tratti pure l’aspetto delle compensazioni, nutrendo io l’opinione che ove si propendesse alla fine per una diga, qualunque fosse la sua dimensione, ciò comporterebbe in ogni caso di “sacrificare” un tratto di questa incantevole vallata, posto che cambierà giocoforza il suo aspetto.
So bene che questa mia idea può non trovare condivisione, ma mi sembra difficile non convenire che l’invaso in causa gioverebbe soprattutto ai territori a valle, quanto a rifornimento idrico per uso irriguo, civile, ecc ., il che mi porta a ritenere che, onde equilibrare i benefici, occorrerebbe riconoscere una compensazione – per non parlare di “risarcimento” – alla montagna, perlomeno questa sua parte (io penso ad agevolazioni fiscali, ma possono esservi altre forme, da definire comunque a priori)..
P.B. 23.03.2023
P.B.
Ecco un nuovo organismo, presumo politico dove si evidenzierà se ancora ce ne fosse bisogno la maggiore capacità dei nostri politici. Ossia, ” decidere di non decidere”. La diga in questione non può che essere ad uso plurimo ( caratteristica tanto cara al Sen. Carri già alla fine degli anni 70) diversamente non porterebbe alcun beneficio all’ alta Val d’Enza anzi, un maggiore degrado del territorio. La polica abbia il coraggio di scegliere ed i tecnici studiare la risposta più praticabile.
Alberto Tondelli
Più di un elemento sembra far credere che Alberto Tondelli veda giusto, o ci vada comunque vicino, quando accenna al “decidere di non decidere”, perché dopo i tanti anni in cui si è parlato e discusso di Diga, insieme a quelli dedicati alla incalzante “questione idrica”, i decisori politici dovrebbero aver maturato idee abbastanza precise al riguardo, nel senso che se oggi si sono casomai “convertiti” all’idea di un invaso, dovrebbero quantomeno sapere se debba essere o meno a uso plurimo, essendo questo il parametro che stabilisce di fatto la sua capacità e dimensione.
Naturalmente competerà poi ai tecnici esprimersi sulla fattibilità dell’opera, così come il definire in che modo eseguirla, ma in ogni caso su indicazione del “committente”, nella fattispecie la politica, alla stregua di chi commissiona la costruzione di una casa fornendo al progettista i relativi ragguagli, quantomeno di massima, circa le principali caratteristiche che dovrebbe possedere l’immobile, ossia altezza, ampiezza, uso abitativo o commerciale, ecc …, salvo poi verificarne la realizzabilità col progettista medesimo (questo è perlomeno il mio pensiero, ovviamente opinabile)
Ritengo nel contempo che pure un’eventuale Diga ad uso plurimo, idroelettrico incluso, riserverebbe sempre i maggiori vantaggi ai territori a valle, mentre la montagna perderebbe di fatto questa sua bella vallata, a meno di negoziare contropartite quali significativi sconti nella bolletta energetica, in alternativa ai benefici fiscali, a cominciare dai residenti ed esercenti attività nell’area territoriale che converge sull’Enza (continuo poi a chiedermi perché mai in questi anni non si sia attuata una politica di stoccaggio dell’acqua in cave dismesse, invasi aziendali, ecc ..).
P.B. 24.03.2023
P.B.