Ieri, dopo anni di atroce sofferenza, ci ha lasciati. Personalmente lo ricordo come “spalla” necessaria quando facevamo incontri sul dialetto (Vetto 3 volte, Roncroffio, Piagnolo, Castellaro, Roncaglio). Sapeva a memoria molte satire di Isaia, cavallo di battaglia per quegli eventi.
Era nato a Donadiolla nel 1939. Da giovane si era trasferito a Genova dove lavorava presso l'American bureau come autista. Ricordava con soddisfazione un viaggio Roma-Genova. Era partito in ritardo dalla capitale, e doveva trovarsi ad una certa ora a Genova, con molti km da percorrere e poco tempo. Per cui fu costretto ad usare spesso il piede destro. Riuscì comunque ad arrivare in orario all'appuntamento di Genova. Quando scesero l'ospite che viaggiava col presidente dell'American bureau gli si rivolse così: “Complimenti, autista! Ma io con lei non salgo più”. Carattere estroverso e un pochino guascone, Domenico amava la compagnia, il gruppo. Gli piaceva cantare i “nostri canti”, le bisbocce, i ballabili del territorio. Rientrato in Appennino negli anni '70, si fermò prima a Costa de' Grassi ove la moglie gestiva un bar e lui guidava grossi macchinari per il movimento terra. Nel frattempo a Donadiolla prendeva forma la villetta “Mafalda” in onore della moglie, ove ha abitato fino a circa due anni fa.
Un importante episodio nella vita di Domenico fu il salvataggio di una bimba sfuggita alla mamma e caduta nel Piave ghiacciato. Domenico non esitò a tuffarsi nelle acque gelide del Piave e salvò la bambina. Ma questo lo sanno in pochi.
Un male atroce, contro il quale neppure i medici sono riusciti a trovare rimedi, lo ha costretto a riornare a Genova e ricoverarsi in una struttura assistita. Ciao Domenico. In Val Tassobio ti ricorderemo a lungo così!
(Savino Rabotti)