Dalla poesia di una goccia d’acqua che scorre tra altre gocce e i volti curiosi di un gruppo di bambini in gita, ai torrenti, fiumi, sorgenti e paesaggi dell’Appennino, per raccontare le sue storie, fatte di luoghi, uomini e acqua. Un nuovo ‘viaggio cinematografico’ - dopo l’incontro con il regista Alessandro Scillitani e la visione del docufilm “Il risveglio del fiume segreto” -, questa volta in montagna, con il documentario “Acqua chit ven”, accompagnati dalla regista Elisa Mereghetti, alla scoperta dell’alluvione del ’72, della rivolta delle donne di Casalino, della diga di Ligonchio, degli acquedotti rurali, delle Sorgenti del Secchia, e di questo tipo di opera audiovisiva, il documentario.
È la seconda, e per quest’anno scolastico l’ultima, esperienza che gli alunni della 1ª e 2ª media dell’Istituto Comprensivo di Villa hanno potuto fare grazie al progetto regionale “Doc a scuola”, ideato per “valorizzare l’audiovisivo in ambito didattico”. Anche questo documentario, come il primo, è stato scelto dagli insegnanti dell’I.C. di Villa tra un vasto assortimento presente nel catalogo proposto dalla Regione, in particolare tra quelli attinenti al tema “Ambiente” e “Acqua”, in relazione ai progetti didattici già in essere nella scuola.
L’incontro, svoltosi sempre al teatro “I Mantellini”, messo gentilmente a disposizione dal Comune, si è aperto con i saluti del sindaco di Villa Minozzo, Elio Ivo Sassi, che ha ribadito l’importanza di sensibilizzare gli studenti alle tematiche relative all’ambiente e all’acqua, e di Paola Ranzani, in rappresentanza dell’associazione Villacultura. La proiezione del documentario è stata poi introdotta brevemente dalla regista Elisa Mereghetti, che ha sottolineato che si tratta di “un film costruito su delle storie”.
“Frequento l’Appennino da tanti anni - ha precisato -, l’ho scoperto tramite amici che hanno un b&b a Busana e sono anche guide escursionistiche. In queste zone insieme al mio collega Marco Mensa (co-regista del documentario e socio della casa di produzione ‘Ethnos’) abbiamo realizzato tre documentari, che abbiamo chiamato ‘Trilogia dell’Appennino reggiano’ (‘In tel fade’, ‘Al Cusna’ e ‘Acqua chit ven’). Per ‘Acqua chit ven’ abbiamo impiegato un anno. Venendo su oggi sono rimasta sorpresa dal fatto che il Secchia non esiste più, siamo solo a marzo, ed è secco, mentre dovrebbe essere la stagione in cui è più pieno. Bisogna parlare molto di più delle problematiche legate all’acqua e alla siccità, per mettere in campo delle soluzioni, sia nel piccolo sia nel grande”.
Anche questa volta la proiezione del film è stata seguita dagli alunni con interesse e attenzione e, dopo la visione, si è aperto un intenso dialogo con la regista, che è stata letteralmente sommersa di domande fino al termine della mattinata, intorno alle 13,30. Fra le varie cose, gli alunni le hanno chiesto com’è nata la sua passione, come ha imparato, qual’è stato il suo primo documentario, se è stato difficile girare quello visto insieme, in quanto tempo è stato girato, quanto si guadagna, quante lingue parla e se ha viaggiato molto.
La regista ha rivelato di aver avuto “sempre tanti interessi, come il teatro, la musica, gli studi di psicologia” e poi di aver “scoperto il documentario come forma d’arte che permette di soddisfare tante curiosità, di conoscere tante persone e tante storie reali che poi si interpretano, e di unire immagini, parole e musica”. “Ho girato il mio primo documentario in Brasile da sola - ha raccontato -, quando avevo 27 anni, con una telecamerina. Raccontava di storie sulla ‘Madre delle acque’, una divinità del mare importante nella cultura brasiliana. Questo documentario mi ha aperto la strada a questo mestiere”.
Al momento Elisa Mereghetti annovera una cinquantina di documentari, ognuno dei quali “racconta una storia e rappresenta un’esperienza di vita”. “Ho fatto la scuola dell’esperienza - ha rivelato -. A volte nella realizzazione di un documentario possono esserci difficoltà logistiche o organizzative, altre volte la difficoltà sta nel mettersi in relazione con le persone. È un lavoro fatto di contatto, di dialogo. C’è la fase dell’ideazione, in cui si pensa a un tema e lo si mette a fuoco. La fase delle riprese, in cui si viaggia molto. Poi c’è la fase del montaggio, che è sia tecnica sia artistica, faticosa ma molto creativa: è la parte più difficile, dove si devono selezionare le immagini, metterle in ordine e costruire un racconto. È un po’ come la scrittura, ma si scrive con immagini, parole e musica, che devono essere messe assieme, armonizzando tutti i linguaggi”.
Il film “Acqua chit ven”
“Acqua chit ven” racconta storie di paesaggi, di uomini e di acqua. L'Appennino reggiano, con i suoi fiumi, le numerose sorgenti, le montagne piene di storia, la sua bellezza naturalistica, rappresenta il luogo ideale da cui partire per parlare di acqua, o meglio, per far parlare l’acqua, metafora del legame fluido ma inscindibile tra passato e futuro. Quell’acqua viva che, con il suo fluire incessante, modella il paesaggio, unisce le comunità lontane, si fa strumento di comunicazione e trasporta a valle storie e ricordi.
Esplorando le montagne che circondano la Valle del Secchia si incontrano tante narrazioni in cui si intrecciano i destini dell'acqua e degli uomini: un solitario guardiadiga, alle prese con un carico di tonnellate d'acqua da controllare e con le suggestioni del paesaggio che lo circonda; le donne di Casalino, che nel 1928 si ribellarono alla milizia per chiedere la costruzione di fontane e affermare il loro diritto all'acqua; il percorso collettivo del Consorzio Ventasso che gestisce autonomamente le risorse idriche della zona, incanalandole in acquedotti rurali da cui sgorga acqua purissima; la visita di un gruppo di bambini alle sorgenti del Secchia, in uno strano viaggio a metà tra la gita scolastica e un percorso iniziatico di risalita alle origini; e ancora altri bambini che imparano a fare il bucato con la cenere, alla vecchia maniera. In tutto il film l'acqua scorre e si rinnova, elemento di trasmissione della memoria tra generazioni.
L’autrice Elisa Mereghetti
Elisa Mereghetti è una regista e documentarista italiana. Ha diretto oltre 40 documentari, con particolare attenzione alle tematiche antropologiche, della condizione femminile e dello sviluppo nel Sud del mondo. Il suo documentario ”Eyes Wide Open – Ad occhi aperti” sulla figura di Catherine Phiri e il problema degli orfani dell’AIDS in Malawi ha ricevuto il sostegno dal Programma Media Plus della Comunità Europea ed è dedicato alla campagna delle Nazioni Unite “Africa 2015 – Millenium Goals”.
Ha lavorato per il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo alla realizzazione di documentari in Russia, in Cina e nelle Filippine.
Ha curato la regia di numerosi documentari naturalistici per la rubrica di RAI3 “GEO & GEO” in Italia e all’estero. È socia fondatrice di “Ethnos”, società di produzione televisiva indipendente con sede a Bologna. Dal 1984 al 1989 ha lavorato presso la RAI Corporation di New York come produttrice e assistente alla regia. Ha partecipato come relatrice a diversi convegni sui temi della comunicazione e dello sviluppo.
Per la filmografia: https://www.cinemaitaliano.info/pers/012962/elisa-mereghetti.html
Il progetto “Doc a scuola”
Il progetto regionale “Doc a scuola” è stato ideato nel 2006 dalla Biblioteca e Videoteca dell’Assemblea Legislativa Regione Emilia-Romagna e dall’Associazione D.E-R/ Documentaristi Emilia-Romagna, con l’intento di “promuovere la cultura del video-documentario presso le giovani generazioni” e l’obiettivo di “valorizzare l’utilizzo dell’audiovisivo in ambito didattico e favorire la conoscenza della produzione video-documentaristica regionale”. Propone la proiezione, gratuita per l’Istituto scolastico, di film documentari in ambito didattico con la presenza in aula degli autori. Ogni scuola/ insegnante può scegliere il film documentario più consono ai propri progetti didattici da un ampio catalogo. I macro-temi sotto cui sono catalogati i documentari sono: ambiente, biografie, società e storia.