"Ho sempre parlato poco dell’argomento, o meglio solo quando era necessario o mi veniva chiesto, perché ho preferito ‘lavorare’ concretamente al progetto (lavorare in modo “istituzionale”) invece di parlare in modo astratto della cosa; ho detto più volte, in diversi incontri istituzionali e pubblici, e lo ribadisco, che non sono assolutamente contrario a questo progetto così come non sono un fan ‘sfegatato’. Mi dispiace molto, anzi, che questa ipotesi di infrastruttura venga sempre 'utilizzata', cosa che accade ormai da moltissimi anni, solo come slogan da campagna elettorale, senza realmente approfondire nel merito la questione. Ritengo sia poco serio”.
A parlare è il sindaco di Vetto, Fabio Ruffini. Lo abbiamo intervistato.
D: Dunque sindaco, c'è il via libera del governo allo stanziamento dello studio di fattibilità dell’invaso dell’Enza...
Per me un invaso è semplicemente un’opera pubblica che, come tutte le opere pubbliche, deve essere realizzata dopo aver verificato, con studi specifici e approfonditi che tengano conto dell’attuale contesto, delle mutate condizioni climatiche, di tutto quello che è avvenuto negli ultimi anni e di quello che presumibilmente potrà avvenire in futuro, se ci sono i presupposti tecnico - economici, di sicurezza e paesaggistico - ambientali per farla. Per questo motivo, fin dall’inizio del mio primo mandato, abbiamo cercato di sollecitare tutte le istituzioni superiori in questo senso. Credo sia giusto ricordare che questo risultato è anche frutto del lavoro del tavolo tecnico, iniziato nel 2016 e concluso nel 2018, che ha visto il comune di Vetto promotore e sostenitore e a cui hanno partecipato i rappresentanti dei comuni “rivieraschi”, le province di Reggio e di Parma, le bonifiche e la Regione; questo tavolo di lavoro si è concluso con un documento approvato da tutti i partecipanti che, di fatto, ha dato il via al percorso che ha portato al finanziamento di cui stiamo parlando.
D: Con lo studio di fattibilità sapremo dove sarà posizionata la diga? Quali dimensioni assumerà?
Sapevamo di questo finanziamento che era già stato assegnato circa un anno fa dal governo e finalmente sembra essersi sbloccato: 3,2 milioni dal governo, 300mila euro dalla Regione, che serviranno proprio per fare uno studio sulla Val d’Enza e in particolare per capire se ci sono tutte le condizioni che dicevo prima per realizzare quest’opera e dove localizzarla, oltre ad altri possibili interventi sul torrente. A mio parere è prematuro parlare di capacità dell’invaso, questo, così come la localizzazione e tutti gli altri aspetti, dovrà essere oggetto di un ampio confronto durante e al termine dello studio. Per dimensionare l’invaso, verranno certamente considerati tutti i fattori in gioco, in primis l’uso plurimo di questa opera.
D: Si parla in questi giorni di contratto di fiume, nel caso la diga fosse realizzata a Vetto cosa chiederete in questo contratto?
Ho sostenuto e sostengo tuttora che un’opera di questo tipo deve essere un concreto aiuto non solo alla pianura ma anche alla montagna, in particolare ai comuni rivieraschi, quindi anche al comune di Vetto; noi abbiamo anche proposto, appunto, questo contratto di fiume perché crediamo sia necessario e opportuno, in questa fase, anche analizzare tutti gli aspetti che riguardano il fiume (non solo il deficit idrico) e tutte le opportunità che possono nascere in campo turistico, sulle fonti energetiche rinnovabili. Ripeto, dovrà essere una infrastruttura che porta vantaggi anche alla montagna e che valorizza il torrente per tutto il suo percorso.
D: Si dice che 50 milioni di metri cubi siano pochi e c’è una risoluzione regionale che parla di un grande invaso, lei consa ne pensa?
Tornando ai numeri, io non sono onestamente in grado di dire quale sia il volume ottimale di un invaso. Per poter discutere concretamente di volumi dovremo aspettare di avere i dati dello studio di fattibilità. Nessuno, penso, è oggi in grado di stabilire una dimensione precisa; dobbiamo aprire un confronto serio, dialogando in modo costruttivo, sulla base di dati oggettivi; in poche parole dobbiamo semplicemente provare a realizzare quello che è giusto e si può fare, superando vecchi e nuovi pregiudizi.
D: Lei ha una idea sui tempi che ci vorranno?
Non saprei, sicuramente ci vorranno anni perché purtroppo sono procedure lunghe e complesse.
Approvo completamente e in modo incondizionato il contenuto dell’intervista al sindaco di Vetto Fabio Ruffini, riguardo al progetto diga…è l unico che responsabilmente non si guarda indietro, non fa voli pindarici, ma ragiona soltanto del possibile e dell’utile che può venire a tutti dalla realizzazione dell’invasione. Bravo sindaco!
Giordano Zambonini
Caro Giordano Zambonini credo che come tutti noi dobbiamo aver fiducia di quanto viene detto ma credo anche che si debba essere chiari se i tempi che il sindaco prospetta nei vari passaggi sono intorno ai 15 anni mentre per fare uno studio di quanta acqua (anche fra decine di anni) serve per usi plurimo come richiesto ad esempio dal presidente della C.I.A. bastano alcuni mesi e poi se come ritengo leggendo i numeri (basta fare delle somme) serve una diga come previsto dal progetto Marcello basta fare un aggiornamento alle attuali normative ed anche qui dopo un anno si partirebbe. Pensi signor Giordano se in Romagna (Ridracoli) o in Toscana (Bilancino) o in altri invasi avessero fatto come da noi in Romagna partiebbero la sete o in Toscana andrebbero o correrebero il rischio di andare sott’acqua. Occorrerebbe domandarsi come mai non è stata fatta la diga di Vetto come da progetto Marcello ma a me viene da dire perché non era gestito da chi governava in Regione ma da consorzi che erano a maggioranza Democristiana e quindi…… Speriamo bene e qualcuno rondavisca perché si deve pensare al bene pubblico ed ai nipoti.
http://Gianni
Approvo anche io l’intervista, concreta e senza tanti giri di parole, prima lo studio di fattibilità poi, a cascata, il posizionamento, i volumi e tutto il resto. Ottimo!
Max Giberti
I cambiamenti climatici e non certo le necessità idriche dell’agricoltura, stanno mettendo in luce la sconfinata miopia e interessi di parte e di partito, che non hanno mai consentito la ripresa dei lavori della Diga di Vetto, nonostante la comunicazione del Ministro dell’Ambiente, Carlo Ripa di Meana, del 6 ottobre 1992 che certificava la conformità del VIA (valutazione di Impatto Ambientale) alle nuove norme entrate in vigore il 1 gennaio 1989.
Ma il SI da parte della Regione non arrivò neppure dopo la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, depositata in Cancelleria il 12 febbraio 1999, che annullava, di fatto, tutti i ricorsi al TAR, salvaguardando il finanziamento dell’opera, ma i lavori, come tutti sappiamo non riprendevano. Giustamente immagino che la Regione fosse condizionata dai pareri di Province e Comuni amministrati dalle stesse linee partitiche; a Reggio Emilia in Consiglio Provinciale, allora Presidente Sonia Masini, la maggioranza era contro la diga di Vetto, ero presente in aula, ma si evitò il voto grazie a qualcuno; a Parma in Consiglio Provinciale, presidente Vincenzo Bernazzoli la maggioranza votò contro la Diga di Vetto, ero presente in aula, un colpo al cuore in quanto tra i Consiglieri che votarono contro c’erano alcuni amici.
Ma tra tutte queste vicissitudini, che ritengo abbiano dato un loro contributo alla mancata ripresa dei lavori della Diga di Vetto, quella più dolorosa fu il voto contro il progetto Marcello del Consiglio Comunale di Vetto, allora Sindaca Sara Garofani e Vicesindaco proprio l’attuale Sindaco Fabio Ruffini. questa per me sarà una ferita difficilmente rimarginabile, anni e anni di impegno da parte mia, a titolo gratuito, spendendo di tasca mia e senza alcun interesse di parte, per un’opera utile a tutti noi montanari come l’aria che si respiriamo, vederla annullata dal Comune che ritenevo ne traesse i maggiori benefici, fu per me un colpo mortale; alleviato solo in parte dal voto favorevole del Comune di Ramiseto, Sindaco Martino Dolci, a cui tutt’oggi va la mia riconoscenza. Ora leggo che il Sindaco di Vetto, Fabio Ruffini dice che la montagna deve trarre benefici dalla Diga di Vetto, c’è qualcuno che non è d’accordo?, non credo proprio, stiamo lottando proprio per questo, ma non credo si possa dire di no alla diga come da unico progetto esistente (allora) e chiedere benefici per i paesi montani, prima di chiedere benefici credo che si debba essere d’accordo sull’opera. I benefici possono essere di mille tipi, i più semplici possono derivare da royalti (una percentuale) su ogni mc di acqua venduta e su ogni kwtt di energia pulita prodotta, inoltre molti benefici deriverebbero da tutte le concessioni legate a scuole di nautica, aree di balneazione, associazioni di pesca, gare nazionali e internazionali di canoa e di kayak, concessioni di B&B e agriturismi, e mille altre cose, area faunistica, area camper, ecc. ma la stessa Legge 959 del 1956 riconosce ai Comuni rivieraschi speciali benefici; tutto questo si poteva già averlo da 30 anni, in questi 30 anni l’alta valle dell’Enza grazie al lavoro, alla nuova viabilità di valle, al turismo alle royalti e a tanto altro avrebbe cambiato il valore di queste terre, di questo patrimonio immobiliare che oggi vale zero, e di questo dobbiamo dire grazie a qualcuno e come lo so io, lo sapete anche voi chi dovete ringraziare; fatelo.
Franzini Lino
Nella introduzione di queste righe, il Sindaco dice di aver “preferito lavorare concretamente al progetto, lavorare in modo istituzionale”, e continuando poi la lettura del testo sembrerebbe che tale suo impegno sia avvenuto nell’ambito del tavolo tecnico, e nell’arco del biennio 2016 al 2018, con l’approvazione di un documento finale e conclusivo “che, di fatto, ha dato il via al percorso che ha portato al finanziamento di cui stiamo parlando”.
Se non ho frainteso il senso del suo dire, parrebbe dunque che il tavolo tecnico abbia proposto la realizzazione di “studi specifici e approfonditi che tengano conto dell’attuale contesto, delle mutate condizioni climatiche, di tutto quello che è avvenuto negli ultimi anni e di quello che presumibilmente potrà avvenire in futuro”, il che porterebbe chiedersi se occorresse proprio un tavolo tecnico per arrivare ad una conclusione di sostanziale rinvio.
Da un tavolo tecnico ci si poteva forse aspettare qualcosa di più – sempreché, come dicevo, la conclusione sia stata quella che io ho inteso – posto che della questione Diga si parla ormai da molto tempo, e visto altresì che da anni è insorto il problema idrico, causa i cambiamenti climatici, cui si è poi aggiunto pure quello energetico, e dunque qualche orientamento dovrebbe essere nel frattempo maturato, quantomeno di massima.
Come in ogni campo, compete ovviamente agli specialisti della materia il dire se l’una o altra soluzione prospettata sia o meno attuabile, ma l’idea di partenza spetta per solito a chi ricopre ruoli politico/istituzionali, tanto più che nella fattispecie abbiamo viste espresse per anni le differenti tesi, da chi è contrario agli invasi, e vorrebbe ricorrere solo alle opere “minori”, a quanti invece vi sono favorevoli, coi secondi che si dividono tra numero e dimensioni.
Al punto in cui siamo giunti, le posizioni tuttora interlocutorie, come pare essere quella del Sindaco, non si addicono a mio giudizio alla politica, perché così abdica alla propria funzione, demandando ad altri di decidere, e pure sul “contratto di fiume” io auspicherei maggiore chiarezza (io sono non da oggi dell’avviso che la Diga rappresenterebbe un sacrificio per la montagna, da “risarcire” sul piano fiscale o in altri modi da negoziare comunque a priori).
P.B. 18.03.2023
P.B.
A Giordano Zambonini mi sentirei di dire che talvolta il guardarsi indietro è cosa alquanto responsabile, oltre che buona – se non più che buona, e fors’anche ottima – perché il presente è spesso figlio del passato, dal quale possiamo altresì trarre insegnamenti ed indicazioni piuttosto utili per il futuro, se abbiamo la saggezza di non liquidare il passato in modo sommario e frettoloso, come talora siamo portati a fare, specie se si tratta di un passato “scomodo”, e a noi poco gradito perché ci ricorda gli errori che possiamo aver commesso (per ragioni politiche, ideologiche, ecc …).
Qui non andrebbe infatti dimenticata l’esistenza di una linea politica da sempre prevenuta e contraria all’invaso vettese, posizione di per sé del tutto legittima, ma che nel contempo sembra aver minimizzato, se non trascurato, il problema del fabbisogno idrico (sopraggiunto a fronte dei cambiamenti climatici, con precipitazioni sempre più irregolari), tanto da non aver insistito a dovere, nel corso di questi anni, su quelle opere cosiddette “minori”, vedi ad esempio lo stoccaggio delle acque in cave dismesse, rispetto alle quali pare oggi volersi accelerare onde supplire al ritardo via via accumulato.
Se a tempo debito fosse stato incoraggiato ed incentivato il ricorso alle cave in disuso, o agli invasi aziendali, ecc .., potremmo ora disporre già di riserve idriche non insignificanti (in attesa che si decida il da farsi riguardo alla Diga, e visti i tempi del suo eventuale realizzo), mentre questa lungimiranza pare essere mancata, e si è semmai optato per declassare “come slogan da campagna elettorale” le voci che da “moltissimi anni” hanno invece cercato di mantener viva l’attenzione sul crescente “rischio siccità” (se pregiudizi vi sono stati, hanno una paternità abbastanza precisa, mi concedo di pensare).
P.B. 18.03.2023
P.B.
Sono da sempre riluttante a questo metodo di confronto, ma in questo caso è necessario, per onestà e chiarezza, rispondere al commento dell’amico Lino Franzini e di altri per evidenziare alcune “inesattezze/mancanze”, per fornire nuovi elementi e per esprimere ulteriori considerazioni.
– Non penso che cambiare idea, soprattutto quando emergono nuovi dati e/o cambiano le condizioni e i bisogni, sia sbagliato, anzi.
Più volte mi è capitato di rivedere le mie posizioni e di riconoscere i miei errori; sul tema invaso/diga, però, avevo e ho tuttora la stessa idea: dobbiamo avere a disposizione tutti i dati per fare quello che è giusto e si può fare, superando vecchi e nuovi pregiudizi.
Il Consiglio Comunale di Vetto a cui si riferisce Franzini (allora io ero Assessore e non Vicesindaco, ma questo poco importa) è il Consiglio comunale del 14 aprile 2011 in cui non venne accolta una mozione della minoranza ad oggetto: MOZIONE DIGA DI VETTO.
Quel documento, una paginetta scarsa, era generico, poco argomentato rispetto a un intervento del genere e privo di elementi oggettivi di qualsiasi natura; era generico a tal punto che gli stessi consiglieri che presentarono la mozione lo definirono un “atto di buona volontà”.
Un progetto di questa portata, tanto “impattante” (nel bene e nel male) che P.B. nel suo commento e altri in diverse occasioni (anche alcuni consiglieri proprio nella seduta del 14 aprile 2011) arrivano addirittura a parlare di “sacrificio” per la montagna/il territorio da risarcire, non può essere trattato dal punto di vista istituzionale in un modo così superficiale.
Votai contro quel documento allora e lo rifarei anche oggi.
Franzini omette completamente quello che dissi in quella seduta e che è trascritto (in parte) sul documento ufficiale: la Delibera di Consiglio Comunale n. 04 del 14/04/2011.
Nella delibera, che ovviamente è una estrema sintesi di un ragionamento più ampio e articolato e di una lunga discussione e che quindi non contiene tutto quello che venne detto quella sera, ci sono comunque passaggi che fanno comprendere chiaramente la mia posizione; di seguito, li riporto:
“Prende la parola l’assessore ai Lavori Pubblici, geom. Fabio Ruffini e dice: L’argomento diga di Vetto è una cosa giusta da trattare, indipendentemente dalla parte politica. E’ una cosa da valutare bene, con un progetto aggiornato, in tutte le sue peculiarità.
Trova inesatto dire che la diga non avrà implicazioni sul territorio dal punto di vista geologico e che verrà costruita in sette anni. Occorre partire con dati molto precisi per poter valutare la cosa nella sua completezza; pertanto, a livello personale, non può approvare la mozione della minoranza.
L’assessore Fabio Ruffini chiarisce che vuole capire bene cosa significhi veramente “sacrificare del territorio” e quali sono i costi precisi.
L’assessore Fabio Ruffini ribadisce che prima di pronunciarsi sulla diga vuole poter disporre di dati veri e rinnova la richiesta di elementi per capire i termini di sacrificio del territorio.”
Da quando sono stato eletto sindaco, maggio del 2014, ho proprio cercato di lavorare dal punto di vista istituzionale per avere quei “dati precisi” necessari per poter valutare la cosa nella sua completezza.
La politica in questo caso, per rispondere a P.B., non abdica alla propria funzione lasciando decidere altri, ma vuole e deve avere tutte le informazioni per fare la scelta giusta; semplice e, a mio parere, di grande responsabilità, serietà e buon senso.
Per essere più chiari: l’invaso va fatto solo se ci sono tutte le condizioni di cui ho parlato nel mio intervento e se porta benefici (non sacrifici) a tutti; queste condizioni sono dimostrabili solo con un nuovo, preciso e aggiornato studio.
– A riprova del mio impegno riporto anche questo episodio probabilmente sconosciuto ai più.
Nel 2015, Franzini, che allora era sindaco di Palanzano, fece conoscere a me e ai sindaci di Ramiseto e Neviano degli Arduini (Martino Dolci e Alessandro Garbasi) un rappresentante di una ditta di costruzioni che era intenzionata (o almeno così diceva) a realizzare, trovando direttamente le risorse economiche, non uno ma bensì due invasi; fui proprio io a redigere una “lettera d’interesse” che poi venne condivisa e sottoscritta anche dagli altri sindaci.
La cosa si concluse, per farla breve, con un bel nulla di fatto.
Ecco, in quella occasione, sbagliai; sbaglia a fidarmi degli esperti di dighe e a seguire certe proposte.
A quel punto ho capito che dovevamo cambiare completamente strada, abbandonare certe idee, e così, grazie a una intuizione del vicesindaco Aronne Ruffini, condivisa anche dal Sindaco del comune di Bibbiano, del Presidente della provincia e dell’Assessore Regionale, abbiamo pensato di promuovere e sostenere quel “Tavolo Tecnico Enza” avviato 2016 e conclusosi nel 2018.
– Onestamente non capisco la posizione o le posizioni di Franzini.
Franzini, in qualità di sindaco di Palanzano e in rappresentanza, assieme al Sindaco di Sorbolo Nicola Cesari, dei comuni “rivieraschi” parmensi, ha partecipato ai lavori del “Tavolo Tecnico Enza” e ha firmato, il 5 giugno 2018, il documento finale dove non si parla mai di riprendere il “progetto Marcello”.
Quel documento, dove si individuano azioni e si “traccia” un percorso (quello che ha permesso di ottenere il finanziamento per lo studio), supera anzi, e in modo definitivo, il progetto Marcello.
Pochi giorni dopo la firma di quel documento, lo stesso Franzini torna a ribadire sui giornali la necessità di riprendere i lavori del progetto Marcello.
Ricapitolando: Franzini prima del 2018 vuole andare avanti a tutti i costi con i lavori del progetto Marcello, poi, nel giugno 2018, firma da Sindaco un documento che non prevede la ripresa dei lavori del progetto Marcello e in fine, dopo pochi giorni dalla firma del documento, ritorna sul progetto Marcello.
– P.B. si chiede se occorresse un tavolo tecnico per arrivare a quelle conclusioni. La risposta è: assolutamente sì.
E’ stato l’unico modo per far dialogare le diverse istituzioni e per trovare, non con poca fatica, un punto di incontro; doveva essere fatto prima.
– La montagna, salvo rare eccezioni, soffre in tutta Italia (probabilmente in tutto il mondo) di diversi e analoghi problemi, primo fra tutti il continuo spopolamento che è presente anche in quei territori dove sono presenti dighe e invasi (basta vedere i dati).
E’ per questo motivo che dobbiamo analizzare bene tutti gli aspetti e tentare di cogliere tutte le opportunità e i benefici con uno studio approfondito e aggiornato; la realizzazione di un’opera, per quanto possa essere necessaria e importante, di per sé, non “salverà” la montagna.
Ci sarebbero molte altre cosa da dire e soprattutto da approfondire sul tema Enza e sulla montagna più in generale ma credo di essermi dilungato anche troppo e sicuramente non è questo il modo giusto di affrontare temi così importanti; mi scuso e prometto di non ritornare sull’argomento invaso/diga fino a quando non ci saranno nuovi sviluppi e nuovi elementi di interesse.
Sono convinto che la gente sia veramente stanca della stucchevole litania “diga sì diga no” che non ha mai portato a niente di concreto.
Sottolineo infine che tutto quello che ho detto/scritto, ad eccezione ovviamente delle considerazioni personali, è “attestato” da documenti e invito chi vuole realmente confrontarsi sul tema, avanzare suggerimenti/proposte e anche critiche (ma per favore evitiamo le inutili polemiche da social o da bar alle quali non rispondo) a contattarmi per un appuntamento; sono sempre disponibile al confronto e lo trovo molto utile.
Ringrazio Redacon per lo spazio dedicatomi e porgo cordiali saluti.
Fabio Ruffini, sindaco di Vetto
Nella sua replica il Sindaco accenna alla fatica incontrata nell’ambito del tavolo tecnico per trovare “un punto d’incontro”, ma a me pare che la priorità di un tavolo di tale natura non sia la ricerca dell’unanimismo, obiettivo sicuramente importante ma non tanto da sostituirsi al fornire indicazioni che vadano oltre al proporre uno studio preliminare di fattibilità, il quale, se non ho frainteso il suo dire, dovrebbe comunque ritenere superato in modo definitivo il Progetto Marcello.
Trovo abbastanza strano questo modo di procedere, perché da un lato si rimanda ad uno studio preliminare, che dovrebbe essere a tutto campo, visto che “dobbiamo avere a disposizione tutti i dati per fare quello che è giusto e si può fare, superando vecchi e nuovi pregiudizi”, ma poi si mettono perentori paletti sul Progetto Marcello, che sanno quasi di “pregiudizio ideologico”, a meno che, da “indovini”, si sia già in grado di anticipare le risultanze dello studio in questione..
Non credo poi che occorra uno studio preliminare per attestare il “sacrificio” che la Diga comporterebbe per la nostra montagna, segnatamente la parte rivierasca dell’Enza, che metterebbe a disposizione la sua stupenda valle, posto che i benefici dell’invaso, una volta che fosse realizzato, riguarderebbero essenzialmente i territori a valle, per uso irriguo, civile, ecc …, il che mi fa ritenere, non da oggi, che tale sacrificio meriti un risarcimento o compensazione (per equilibrare i benefici).
Infine, non banalizzerei affatto i discorsi, e anche le polemiche, che si definiscono da “bar”, perché si tratta di non inutili confronti delle rispettive idee, sull’uno o altro problema, quasi sempre a più voci, e proprio in forza di questa “collegialità” talvolta forse più utili dei discorsi a due, così come non vedo il perché si debba esprimere riluttanza a “questo metodo di confronto”, che permette a quanti intendono farlo, di esporre il proprio pensiero, anche in contraddittorio del tipo a “botta e risposta”.
P.B. 20.03.2023
P.B.