Nelle giornate di Carnevale, un tempo sospeso che corre parallelo al nostro, tormentato e compresso nelle attività quotidiane, è concesso dare libero sfogo alla fantasia, nei travestimenti, negli scherzi, in un divertimento sfrenato che ci fa tornare bambini. Un tempo che è occasione per ripensare ai giochi in cui si era soliti perdersi da piccoli, nelle nostre
montagne. Proprio come ha fatto un nostro attento lettore, G. P., dal quale riceviamo questa lettera.
“Buongiorno, sono originario della Val D'asta. In questi giorni di Carnevale mi sono tornate in mente le cose che facevamo in questo periodo dell'anno quando, da piccolo, abitavo ancora nella nostra bella valle. Una, in particolare, per la quale non ho mai trovato nessun riscontro nell'infinito mondo di Internet, è (era?) la 'Galinera' (così mi sembra di ricordare che si chiamasse); erano fuochi che venivano accesi la sera di carnevale nei vari paesi della valle, solitamente dai ragazzi del paese.
Ho un ricordo vago e molto lontano nel tempo e, come dicevo, non sono
mai riuscito a trovare citazioni di questa tradizione. Mi piacerebbe sapere se il mio ricordo è corretto e, nel caso, quale fosse il significato e l'origine di questa tradizione. Sarebbe bello, se aveste informazioni a riguardo, trovare su REDACON un articolo in merito”.
Noi allora abbiamo volentieri coinvolto in uno scambio il nostro Savino Rabotti, che così risponde al gentile lettore.
“Ho chiesto ad amici a Civago, Gazzano, Gazzolo, Langhirano. In questi luoghi esiste una tradizione dei falò tra il giovedì e il martedì grasso. Tutti ‘bruciano’ qualcosa: chi la ‘vecchia’, chi la ‘pojana’, chi semplicemente il carnevale, ma non compare la parola galinêra o galinâra. Tenendo presente che la pojana caccia pulcini e galline, potrebbe essere che in qualche località della Val d'Asta chiamassero con quel nome la pojana, e che bruciarne l'immagine fosse un gesto scaramantico per allontanare quel pericolo. Ma dovrebbe trattarsi di una espressione circoscritta alla Val D'Asta. Già a Civago e a Gazzano non conoscono l'espressione”.
Buon giorno, io ricordo che da bambino abitavo a Villaberza, esisteva si la tradizione dei fuochi ma, era la sera del sabato Santo per l’occasione veniva bruciata la quaresima.
Ricordo bene, all’imbrunire andavamo tutti fuori possibilmente su una altura e magicamente spuntavano grandi falò dai paesi anche a distanza.
Bei tempi!
Eros
GALINERA Monte Orsaro 1957
Come da tradizione
nei 45gg antecedenti l’ ultimo giorno di carnevale
bambini e ragazzini davano inizio ai preparativi per la realizzazione della Galinera.
al pomeriggio si radunavano e muniti di PNAT (pennato in toscana)
attrezzo del boscaiolo indispensabile per tagliare i ginepri,
raggiungevano “e burel del bish” a nord della borgata e
accumulata una abbondante quantità di materiale da bruciare;
procedevano al taglio di un bel faggio, rettilineo, da inffiggere nel terreno come palo,
in modo da infilarvi le forcelle dei ginepri.
A fine lavori si era ottenuto un cilindro avente diametro di circa 3 m e altezza di 5-6 m.
La sera del martedì grasso del 1957 dopo aver fatto il giro del paese a raccogliere paglia
(per facilitare l’ accensione ) e muniti tutti di campanacci, nell’ entusiasmo e nella euforia generale
veniva incendiata la Galinera, dando vita ad un grandioso “spettacolo”
Nello stesso momento i ragazzi di Coriano incendiavano la loro grande Galinera,
posta sul monte Torricella ( punto trigonometrico e panoramico).
Anche i ragazzi di Roncopianigi avevano fatto la loro Galinera.
Nei giorni successivi il maestro di Monteorsaro ci propose un tema avente come titolo:
“ La mia Galinera”,
chi scrive, nei limiti dei suoi nove anni, partecipò attivamente ai lavori , alla festa e al divertimento.
ivano togninelli
P.S.
il ricordo di G.P. è corretto
sul significato e origine non so rispondere.
Ivano togninelli
Buongiorno a tutti ho chiesto ora a mia madre, nata e cresciuta quasi ottant’anni fa a Riparotonda, e conferma che in Val D’Asta al martedì grasso prima delle feste danzanti venivano accesi i fuochi chiamati Galinera. La vallata era illuminata fa questi falò.
Saluti Lucia