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Assegnista Unimore

Il baisano Riccardo Fantini vincitore del Premio di Dottorato nazionale con.Scienze

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Il baisano Riccardo Fantini è uno dei sei vincitori del Premio di Dottorato nazionale con.Scienze 2021-22 per il suo progetto sullo sviluppo di filtri solari UV innovativi, lavoro che ha portato al deposito di un brevetto italiano.

Assegnista di ricerca Unimore, dopo la laurea sia triennale che magistrale, Fantini ha conseguito il dottorato con lode nel corso Models and Methods for Material and Environmental Sciences del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche di Unimore nel 2022.

Riccardo congratulazioni. Ci racconti in cosa consiste la sua ricerca.

Il progetto si intitola “Zeolite-Encapsulated UV-filters: the key for more safe, effective and eco-friendly sunscreens”, svolto in collaborazione con varie istituzioni italiane ed estere, ha riguardato lo sviluppo di filtri solari UV innovativi, basati su zeoliti, da utilizzare nel campo della cosmetica, nel packaging, nei tessuti e, più in generale, ove sia richiesta protezione dalla radiazione UV. I fx e UVB più comunemente utilizzati mostrano vari limiti, in particolare sono caratterizzati una elevata foto-labilità, dunque risultano instabili e, in alcuni casi, nocivi per l’ambiente.

 Che detto con parole più semplici…

Noi tutti sappiamo che quando ci esponiamo alla luce del sole, ad esempio durante l’estate, abbiamo bisogno di applicare delle protezioni solari, e queste protezioni contengono dei composti, inorganici o organici, che assorbono la radiazione ultravioletta che proteggono quindi la nostra pelle da tutta una serie di effetti collaterali, tra cui i più gravi sono ad esempio i tumori alla pelle. O più semplicemente dalle bruciature. Quindi noi siamo partiti da una serie di problematiche che hanno questi filtri e cioè dalla perdita di efficacia nel tempo, ragione per cui si dice che queste protezioni vanno ripetutamente applicate per mantenere la loro efficacia. Abbiamo utilizzato materiali, che si chiamano zeoliti e sono dei materiali inorganici, minerali, da molto tempo applicati in industria e studiati per la loro capacità di assorbire acqua e altri composti. E questo tipo di materiali è da sempre studiato a Modena, che è stata ed è un punto di riferimento anche a livello internazionale nel campo. Le applicazioni più tradizionali riguardano l’industria del petrolio, dei saponi, e l’agricoltura, ad esempio. Abbiamo sfruttato questo tipo di materiali per inserire all’interno questi filtri UV organici e riuscire in qualche modo a stabilizzarli, e ottenere dei nuovi materiali che abbiano le performance migliori.

Mi preme sottolineare che questo tema che abbiamo trattato è molto interdisciplinare, abbiamo avuto il contributo di chimici e chimici organici che ci hanno aiutato in questo progetto, ma anche di farmacisti. E quindi in realtà anche questo premio, che è stato vinto a mio nome perché la tesi di dottorato era la mia, ha visto la collaborazione di diversi centri di ricerca e molte persone sia qui in Italia sia all’estero. In particolare, appunto, il Dipartimento Scienze Chimiche e Geologiche di Unimore, il Dipartimento di Chimica ed il Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università di Torino, ma anche il centro e Institut Charles Gerhardt Montpellier, in Francia.

 Insomma, una bella soddisfazione

Sono molto felice; è arrivato un po’ inaspettato. È stato un piacere proprio perché riconosce un lavoro davvero di gruppo, comunque di molte persone che hanno dedicato tre anni. E non è finito.

Cioè?

Si sta sviluppando ulteriormente ed è stato depositato anche una richiesta di brevetto su questo materiale che noi abbiamo ottenuto; lo studio adesso sta andando avanti per vedere se effettivamente possa avere una ricaduta anche da un punto di vista industriale, quindi, riuscire a passare dal laboratorio alle industrie, ma ovviamente sarà fondamentale il contributo anche di aziende eventualmente interessate a sviluppare questa tipologia di prodotti.

 Lei vive ancora a Baiso?

Per motivi logistici io e mia moglie ci siamo trasferiti a Sassuolo, però siamo rimasti molto legati a Baiso.

Si parla tanto della fuga dall’Appennino, cosa ne pensa?

Penso che sia importante che si cerchi di offrire il giusto sostegno ai giovani che vogliono restare. Occorre creare condizioni ed opportunità. Il mio caso è diverso, nel senso che per quasi 10 anni, tutti i giorni, ho fatto avanti e indietro dalla fondovalle del Secchia fino a Modena, andata e ritorno. Poi per necessità mi sono traferito a Sassuolo, ma non escludo un giorno di tornare se le condizioni lo permetteranno.

Si parla tanto di ‘cervelli in fuga’, cosa ne pensa?

Sono molti i giovani che fanno ricerca in Italia, avendo avuto comunque esperienze anche all’estero. Durante il dottorato io sono stato in Francia per tre mesi e ho fatto varie, brevi, esperienze in centri di ricerca esteri. E posso affermare che la qualità della ricerca in Italia è comunque ottima ed è molto molto elevata. Lo dimostra in realtà anche questo premio: la Commissione è stata seriamente in difficoltà nell’individuare sei tesi vincitrici, tanto che hanno proposto un encomio ad altre due tesi di dottorato. Quello che preoccupa i giovani che svolgono ricerca in Italia, è la questione della stabilità, soprattutto a lungo termine. Speriamo che le cose cambino.

Cosa direbbe ad un giovane studente universitario?

Quello che direi ad un giovane, in generale, a parte che sia studente universitario o altro, è di cercare qualcosa che lo stimoli a dare il meglio di sé in quello che fa. E quindi, sia che decida di intraprendere l’università, sia che decida di entrare nel mondo del lavoro, penso che questa sia la cosa fondamentale. E durante l’università, appunto, decidere se quella sia effettivamente la sua strada e, in ogni modo, mettere tutto l’impegno e passione che può.

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