I versi di Ted Hughes (1930-1998) ci portano in un mondo in cui la natura e gli animali rappresentano una forza primitiva e indomabile, una forza che va oltre il bene ed il male perché la natura ‘è’ e basta, non si chiede il perché delle cose. Semplicemente esiste. Da questo tipo di forza nasce anche la poesia.
The Thought Fox I imagine this midnight moment’s forest: Something else is alive Beside the clock’s loneliness And this blank page where my fingers move. Through the window I see no star: Something more near Though deeper within darkness Is entering the loneliness: Cold, delicately as the dark snow A fox’s nose touches twig, leaf; Two eyes serve a movement, that now And again now, and now, and now Sets neat prints into the snow Between trees, and warily a lame Shadow lags by stump and in hollow Of a body that is bold to come Across clearings, an eye, A widening deepening greenness, Brilliantly, concentratedly, Coming about its own business Till, with a sudden sharp hot stink of fox It enters the dark hole of the head. The window is starless still; the clock ticks, The page is printed. | La Volpe Pensiero Immagino la foresta di questo momento di mezzanotte: Qualcos’altro è vivo Oltre la solitudine dell’orologio E questa pagina vuota dove si muovono le mie dita. Non vedo stelle attraverso la finestra: Qualcosa più vicino Sebbene più profondo entro l’oscurità Sta penetrando la solitudine: Freddo, delicato come la neve oscura Il naso di una volpe tocca il ramoscello, la foglia; Due occhi fanno un movimento, che ora E di nuovo ora, e ora, e ora Fissa chiare impronte nella neve Tra gli alberi, e cautamente un’ombra Debole di un corpo audace che si avvicina Si attarda vicino al vecchio tronco e nella valle Attraverso le radure, un occhio, Verde profondo che si allarga, Brillante, concentrato, Arriva per il suo compito Finché, con un improvviso acuto caldo odore di volpe Entra il buco scuro della testa. La finestra è ancora senza stelle; l’orologio fa tic tac, La pagina è scritta.
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Cosa rappresenta questa volpe che arriva nella notte, nella neve e penetra con un balzo la mente del poeta? E’ il pensiero poetico che arriva all’autore da una forza pari a quella di un animale selvatico.
Ted Hughes raccontò in un’intervista che, quando era all’università, una sera tardi si sforzava di scrivere il saggio richiesto. Tuttavia le parole gli sfuggivano, le idee si intrecciavano e la pagina restava bianca. Alla fine, a notte tarda, rinunciò e decise di andare a dormire. Nel sonno ebbe una visione. Venne da lui un uomo-volpe che sembrava bruciare come un fuoco rovente, come se fosse appena uscito da una fornace. La creatura gli si avvicinò e posò la zampa, che era però una mano umana nera di bruciature, sulla pagina bianca e quando la rialzò l’impronta insanguinata rimase sulla pagina. L’uomo volpe gli disse: “Stop it or you will kill us. Smettila, o ci ucciderai”. L’interpretazione che Hughes diede al sogno fu che la voce poetica che era in lui gli stava dicendo che i suoi studi di letteratura, troppo accademici, stavano uccidendo la sua vera poesia. Hughes si iscrisse allora ad archeologia ed antropologia: da quel giorno la vena poetica riprese a scorrere.
Hughes aveva un fratello, Gerald, più grande di una decina d’anni. I due andavano a caccia sin da quando il poeta era bambino e da allora gli animali come simboli di una vita primordiale e istintiva, diversa da quella degli umani, divennero i protagonisti della sua poesia. Questi versi della Volpe-Pensiero sono quindi una specie di manifesto di come Hughes componga, di come i versi vengano a lui che li trasferisce poi sulla pagina.
Il nucleo della poesia è la figura della volpe che arriva nel gelo e la solitudine della notte con una struttura che rimanda alla poesia Anglosassone (500-900 dopo Cristo) perché utilizza la cesura (una pausa a metà del verso) e l’allitterazione (la poesia Anglosassone non aveva la rima e quindi usava la ripetizione dei suoni consonantici ad inizio di parola per dare ritmo e musicalità). Il richiamo a questo tipo di antica poesia si adatta perfettamente con l’immagine della volpe come essere spontaneo e primordiale, misterioso ed affascinante, preoccupante ed inquietante: la stessa immagine che certo avevano del mondo naturale popoli come gli Anglosassoni che vivevano in un periodo in cui la natura sembrava agli umani molto più potente, oscura e indomabile di quanto non sia oggi.
Hughes immagina un momento di mezzanotte nella foresta, dove qualcosa vive oltre la solitudine dell’orologio, come se il tempo scandito dalle lancette diventasse improvvisamente inutile, inutile come la pagina bianca su cui le dita si muovono senza scrivere nulla. Dalla finestra non si vedono stelle: il poeta rifiuta il modo tradizionale e stantio delle stelle che ispirano la poesia, come se questa fosse mandata dal cielo. Però vede qualcosa di più vicino, profondo nell’oscurità (notate l’allitterazione che serve a rinforzare l’immagine ‘deeper…darkness’) che penetra la solitudine, così che questa non è più un vuoto inutile. È il naso di una volpe che, freddo come la neve nella notte, si struscia su rami e foglie (osservate l’ossimoro ‘dark snow’ che ci mostra contemporaneamente due immagini contrastanti). I due occhi creano un movimento che, attraverso la ripetizione di ‘now’, ora, produce momenti temporali che si susseguono e che tuttavia valgono come momenti a sé stanti, unici, e che richiamano i ticchettii dell’orologio. La volpe lascia impronte nella neve, come parole su un foglio bianco, e l’ombra del suo corpo che audace si avvicina si attarda nel paesaggio (Notate l’allitterazione e ripetizione della ‘s’, quasi ad imitare il fruscio del corpo della volpe tra la vegetazione e sulla neve. Invece l’allitterazione di ‘b’ in ‘body…..bold’ sottolinea l’audacia dell’animale).
Attraverso le radure un occhio si avvicina, verde e brillante, concentrato nel suo compito, finché con balzo finale di volpe, che ora si percepisce anche con le narici (‘stink’, puzza), entra il buco scuro, vuoto della testa del poeta (ancora si nota l’allitterazione e ripetizione di ‘s’ che sembra rendere il suono del balzo dell’animale: ‘sudden…sharp…stinks…enters’ e quella della ‘h’ che unisce ‘hole’ e ‘head’). Il cielo è ancora senza stelle, quello non è per Hughes il modo di ricevere ispirazione, ma l’orologio continua a ticchettare e finalmente, ora che il pensiero identificato nella volpe è nella testa del poeta, le parole coprono la pagina, con il suono ‘s’ che, ripetuto, imita il rumore della penna.
L’ispirazione poetica di Hughes si fermò per tre anni: dopo il suicidio della moglie, Sylvia Plath, avvenuto nel 1963, il poeta non scrisse niente. La morte di Assia Wevill, l’amante, avvenuta sei anni dopo ad imitazione di quella della Plath, non fece che rafforzare l’ostilità che veniva ad Hughes da molti ambienti, ostilità che trovò fondamenta ancora più resistenti quando il poeta ammise che, come esecutore testamentario in quanto vedovo di Sylvia, aveva distrutto parte dell’opera e dei diari della moglie per proteggere i figli. L’ostilità era tanto forte che il nome ‘Hughes’ fu tolto a colpi di scalpello dalla pietra della tomba di Sylvia (nel Regno Unito le donne assumono il cognome del marito). Motivo ulteriore per attaccarlo furono in seguito le parole di Sylvia stessa che rivelò alla terapista, che poi lo rese pubblico, di aver avuto un aborto tra i due figli causato dalla violenza di Ted.
Hughes fu in grado di rielaborare tutti questi drammi solo poco prima di morire. La raccolta Birthday Letters fu pubblicata nello stesso anno della morte del poeta. In una delle poesie della raccolta, ‘The Inscription’, Hughes racconta di una visita che Sylvia gli fece poco prima del suicidio, dopo che lui era andato a vivere da solo, e descrive la donna combattuta dai desideri opposti di riaverlo e quello di vederlo andare via per sempre. La poetessa scorre gli occhi sulla nuova casa del marito e lo sguardo si posa sul libro dell’opera omnia di Shakespeare della Oxford. La donna è sorpresa perché lei stessa aveva distrutto quel libro tempo prima in un momento di gelosia. Come può essere resuscitato? Aprendolo legge un’iscrizione: sono le parole della rivale, Assia, che ha donato il libro a Hughes. Queste parole colpiscono Sylvia come la pallottola del cacciatore che uccide l’animale che scappa, ciò che fece anche Sylvia. Ma prima che la donna se ne vada, alcuni versi mostrano il senso di colpa del poeta: “She wept, pleading for reassurance - that he have / Faith in her, and he reeled when he should have grabbed. Lei pianse, implorando rassicurazione - che lui avrebbe avuto / Fiducia in lei, e lui vacillò quando avrebbe dovuto afferrare”. Ted avrebbe dovuto afferrare Sylvia e salvarla dal baratro.
A proposito dei due suicidi il poeta disse che Sylvia era morta anche a causa delle sue “insane decisions, insane decisioni”, mentre nel caso di Assia si trattò delle sue “insane indecisions, insane indecisioni”. In entrambi i casi Hughes sembra agire con la stessa ineluttabilità dell’agire della volpe, insensibile alle debolezze come ai desideri degli esseri umani a lui vicini.