Ultima prima del Natale, la quarta domenica d’Avvento potrebbe essere detta “la domenica dell’attesa”. Nel relativo brano del vangelo abbiamo il racconto dell’annuncio della nascita di Gesù a Giuseppe, protagonista assoluto del brano. Per capire il contesto del vangelo, dobbiamo ricordare che all’epoca il matrimonio ebraico si svolgeva in due momenti distinti: dapprima si formalizzava il matrimonio, ma i due sposi tornavano alle rispettive case; solo dopo un periodo che andava da un anno a un anno e mezzo il matrimonio si completava e la coppia andava a coabitare.
L’episodio del vangelo si svolge proprio in questo periodo intermedio: «Maria, […] promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo». Dobbiamo fare attenzione: questa gravidanza non è analoga alle gravidanze “divine” che costellano le mitologie pagane. Lo Spirito Santo non è un individuo, ma è la stessa forza creatrice di Dio, all’opera nel momento della creazione del cosmo (cfr. Gn 1, 2); il suo ruolo nel concepimento di Gesù appare una continuazione della creazione, anzi il suo compimento, dato che tutte le cose furono create in vista di Cristo (cfr. Col 1, 16). Inoltre la parola ebraica ruach (che significa “spirito”) è di genere femminile: ciò esclude ogni possibile riferimento a un concepimento derivante da un atto sessuale.
Secondo la legge mosaica, se una promessa sposa restava incinta di un altro uomo prima del completamento del matrimonio, doveva essere lapidata. Giuseppe «era uomo giusto» (cioè osservante della legge mosaica), tuttavia «non voleva accusarla pubblicamente»: egli non condivideva la concezione della giustizia propria degli uomini del tempo, ma la giustizia di Dio, che preferisce salvare i suoi figli invece di condannarli. Perciò, per salvare Maria «pensò di ripudiarla in segreto» (sacrificando probabilmente la sua reputazione di uomo rispettabile), finché ricevette un‘apparizione in sogno, che nell’immaginario biblico è un canale privilegiato con cui Dio comunica agli uomini (cfr. Nm 12, 6). Il brano nomina un angelo del Signore, da intendersi come Dio stesso che comunica a Giuseppe che la gravidanza è stata causata dall’alto, dallo Spirito Santo. Giuseppe dovrà chiamare il bambino Gesù, che significa “colui che salva”. Egli infatti non è un bambino come gli altri, ma Dio stesso venuto in mezzo a noi per salvarci, il Dio-con-noi già profetizzato da Isaia (cfr. Is 7, 14).
Ciò che caratterizza l’atteggiamento di Giuseppe è che per tutto il vangelo egli non pronuncia alcuna parola. Questo suo silenzio è il segno del suo mettersi in ascolto, abbassando sé stesso per lasciar crescere il progetto che Dio ha su di lui e su tutta l’umanità. Per prepararci con serietà al Natale dobbiamo fare la stessa cosa: ascoltare in silenzio il Signore e metterci al servizio della sua volontà. Solo così sapremo accogliere Gesù che viene in mezzo a noi e chiamarlo per nome.
Buona domenica.