Riceviamo e pubblichiamo
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Il 20 ottobre è apparso su Redacon un articolo dedicato agli alloggi per studenti universitari, e nel quale il presidente di una Associazione che dà voce ai proprietari d’immobili esponeva il proprio punto di vista circa l’allarme lanciato da studenti universitari nella difficile ricerca di alloggi da locare, fornendo al riguardo un insieme di argomentazioni, tra le quali la molteplicità di immobili sprovvisti delle condizioni per poter essere locati, condizioni rimediabili soltanto tramite costosi interventi di ristrutturazione (con importi fuori semmai dalla portata economica dei rispettivi possessori).
Trascorso un mese da allora, notizie di stampa hanno riferito di un composto corteo svoltosi in città per evidenziare il fenomeno delle “case sfitte”, sembra calcolabili in alcune migliaia, ossia una cifra abbastanza consistente, quando vi sarebbe invece un forte bisogno di abitazioni date in affitto, e tra i motivi di tale inutilizzo rientrerebbe la tendenza dei proprietari a non renderle disponibili per la locazione, specie nei confronti di persone provenienti da altri Paesi, anche quando offrissero garanzie in ordine al pagare il canone d’affitto (il che potrebbe dare l’idea di una certa qual “discriminazione”).
Sono senz’altro comprensibili lo stato d’animo e la delusione di chi, arrivando da via, ha trovato lavoro in terra reggiana, giovando a sé e alla economia locale, senza tuttavia trovarvi casa, quando i due aspetti dovrebbero idealmente viaggiare di “pari passo”, ma le cause di questo “scompenso” sono a mio avviso plurime, e se eventuali episodi di “discriminazione” non vanno perentoriamente esclusi, non possono comunque dirsi la norma, posto che anche i nostri studenti incontrerebbero difficoltà nel reperire un alloggio in locazione (stando giustappunto all’articolo di Redacon del 20 ottobre).
Rischio di andare incontro ad eventuali e lunghi contenziosi.
Sgombrato dunque il campo dalle “discriminazioni”, la scarsa propensione a locare una propria casa, lasciando dunque che il bene rimanga infruttuoso, potrebbe trovare in effetti ragione nella necessità di dover sottoporre l’immobile ad onerosi lavori di ristrutturazione, o nel ritenere che una casa sfitta sia più facilmente cedibile, per chi intendesse venderla o ne avesse necessità, o sul timore di non riuscire poi a riavere la disponibilità del bene, o di non vedersi casomai corrispondere il canone di affitto, nonostante le assicurazioni iniziali, col rischio di andare così incontro ad eventuali e lunghi contenziosi.
In buona sostanza, il fenomeno “case sfitte” non mi pare sempre e comunque interpretabile come una “ingiustizia” da addebitare ai proprietari, ma riconosce piuttosto motivazioni articolate, e non astratte, tanto da persistere talora anche quando trattasi di affitti transitori, e coi genitori a far da garanti, vedi il caso degli studenti, e forse un buon aiuto a vincere determinate “preclusioni” e diffidenze potrebbe giusto venire da uno strumento di garanzia, come quello attuabile da una Istituzione, vedi ad es. il Comune, che si faccia mallevadore degli impegni assunti dall’inquilino locatario verso il locatore
A mio sommesso vedere, laddove tra quei possessori di immobili, sempre rispettosi di tutti gli adempimenti previsti dalle norme riguardanti le locazioni, si arriva a sentirsi poco o nulla tutelati di fronte alle eventuali inottemperanze dell’inquilino - tanto da pensare di venir equiparati a chi non è altrettanto osservante delle regole - può farsi strada una sorta di sfiducia che porta qualcuno a “chiudersi a riccio”, al punto di desistere dal dare in affitto il proprio immobile, rinunciando in tal modo al relativo introito (anche quando potrebbe tornargli utile quale integrazione di reddito o pensione).
P.B.