Teatro Bismantova pieno di ragazzi questa mattina, 26 novembre, per il consiglio comunale aperto, nel corso del quale è stata consegnata la cittadinanza onoraria di Castelnovo ne' Monti al giudice Andrea Rat, magistrato che ha fatto parte del Collegio giudicante del processo Aemilia, e che proprio a Castelnovo è nato nel 1977.
È stata una mattinata all’insegna delle emozioni, in primis proprio quelle espresse dal magistrato: “Qui a Castelnovo c’è la mia storia – ha detto – ci sono parenti che oggi vedo qui in teatro con enorme piacere, e ci sono i ricordi più vividi della mia infanzia. Sono davvero molto orgoglioso di questo riconoscimento: qui in montagna, dalla mia famiglia ho ricevuto un imprinting, quei valori di sacrificio, dedizione, servizio dello Stato e delle persone su cui ho costruito la mia vita”. Valori che ha voluto trasmettere anche ai ragazzi: “Scegliete la vostra strada, che può essere qualunque vogliate, ma dedicatevi con cuore, testa e passione, così da diventare membri a pieno titolo di una società attenta, partecipe, pulita”.
In precedenza il Sindaco Enrico Bini aveva espresso “grande orgoglio nell’attribuire la cittadinanza al giudice Rat, proprio per il suo forte legame con l’Appennino, per il lavoro che ha svolto in questi anni, e per far capire ai ragazzi che anche loro, così come noi, devono contribuire a mantenere alta l’attenzione: questi fenomeni criminali purtroppo non spariscono con la sentenza, magari si acquietano per un po’ ma continuano a lavorare sotto la cenere”.
Su quest’ultimo aspetto Rat ha sottolineato “il grande lavoro che viene portato avanti dalla Prefettura, in particolare attraverso le interdittive antimafia: oggi a Reggio ne è stato emesso un numero che è tra i più alti in Italia, anche più che in Calabria, un dato sicuramente impressionante ma che certifica come il lavoro contro le infiltrazioni vada avanti”.
Trovandosi di fronte a ragazzi molto giovani, Rat ha spiegato cosa ha significato il processo Aemilia, rispondendo anche a domande presentate da loro stessi: “Il più grande processo sulle infiltrazioni criminali nel nord Italia, non solo in Emilia ma anche in Lombardia, in Veneto, fino alla Valle d’Aosta. Lavorarci ha significato analizzare una mole enorme di documentazione probatoria, 100.000 pagine solo di intercettazioni, 30.000 di testimonianze. Essere arrivati alla sentenza, oggi a quella della Cassazione, significa aver preso pienamente atto che le infiltrazioni sul nostro territorio erano molto forti e radicate. Ciò è possibile quando il crimine trova un substrato sociale e culturale malleabile”. E ha aggiunto: “Noi giudici emettiamo le sentenze nel nome del popolo italiano, quindi il nostro lavoro è anche vostro. Questa sentenza, la storia di Aemilia, cercate di fissarvela nella memoria, e cercate sempre di tenere le antenne dritte, se vedete qualcosa che nella società, nel vostro ambiente non vi convince, qualcuno che si arricchisce molto in fretta, senza capire la provenienza del reddito, parlatene, denunciate, non siete soli. Magistratura, forze dell’ordine, amministrazioni comunali e la parte sana della comunità fanno fronte comune. La migliore risposta alle infiltrazioni è che restino ben svegli i cervelli, le anime e i cuori. Non abbiate mai paura, altrimenti vincono loro”.