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Don Paul, le letture di questa domenica affrontano i temi della morte e della resurrezione

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XXXII Domenica anno ordinario (C)
(2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38)

don Paul Pokudon Paul

“Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui"

Le letture di questa domenica sono particolarmente delicate poiché affrontano i temi complessi della morte e della resurrezione. Prima di commentarli occorre fare una premessa: nei libri più antichi dell’antico testamento (quelli che compongono la Torah) non si trova nessun riferimento specifico alla resurrezione; è solo nei libri più recenti (come il libro dei Maccabei da cui è tratta la prima lettura) che compaiono i concetti dell’immortalità dell’anima e della resurrezione dopo la morte, peraltro già presenti in diverse culture coeve.
La prima lettura descrive il coraggioso martirio di sette fratelli durante le persecuzioni del re seleucide Antioco IV Epifane: i fratelli accettano di morire pur di non trasgredire i comandi del Signore, per custodire così la purezza della loro fede. Ma come è possibile per loro accettare un simile destino? Perché alla base del loro sacrificio c’è la fede incrollabile nella resurrezione. La morte non è in grado di intaccare la loro fede, perché sono consapevoli che dopo la morte Dio li chiamerà «a vita nuova ed eterna». La fede è quindi per loro un cammino da seguire fino alla fine, anche fino al dono estremo della vita (che sarà loro restituita). Dobbiamo notare che l’idea di resurrezione professata dai Maccabei (e successivamente condivisa anche dai Farisei) riguardava solo i giusti: non c’era speranza di risurrezione per i malvagi come il re Antioco («per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita»).
Nel Vangelo il tema della resurrezione ritorna col celebre colloquio tra Gesù e i Sadducei. Questi, che erano la corrente dominante tra la classe sacerdotale ebraica, traevano le loro credenze principalmente dalla Torah e in polemica con i Farisei non ammettevano quindi la resurrezione dopo la morte. Credendo che anche Gesù abbracciasse la stessa idea di resurrezione dei Farisei, questi sacerdoti lo interrogano su un esempio fittizio (una donna che sposa sette uomini, di chi sarà moglie alla resurrezione?) per metterlo in difficoltà su questo punto da loro contestato. Ma la risposta di Gesù spiazza completamente la loro ottica, e in un certo senso anche la nostra.
L’errore principale compiuto dai Sadducei è quello di considerare la vita dopo la morte come un semplice prolungamento di questa vita terrena. Ma secondo Gesù non sarà così: essa avrà una sua qualità tutta propria. Quale sarà il suo fondamento? L’amore di Dio. Noi esistiamo nell’amore di Dio, che nemmeno la morte è in grado di rubarci; e sappiamo che Dio non si stanca mai di donarci il Suo amore, perché è questo che ci ha promesso con la Sua alleanza (stretta già con Abramo, Isacco e Giacobbe). Con la resurrezione il nostro amore, che in questa vita ci lega insieme agli uomini, sarà pienamente realizzato dall’amore di Dio, davanti a cui staremo faccia a faccia «simili agli angeli». Da ciò consegue che, contrariamente a quanto la domanda posta dai Sadducei lascia supporre, nella vita nuova i rapporti di matrimonio, di parentela o di amicizia perderanno significato: non avrà più senso prendere «né moglie né marito», perché l’amore di Dio colmerà appieno tutta la nostra sete di amore.
Ma se è per mezzo dell’amore di Dio che noi godremo della vita eterna, ciò significa che la nostra resurrezione inizia già oggi, nella nostra vita presente! Se vivremo infatti nella continua ricerca dell’amore di Dio mettendo in pratica la Sua parola (nonostante tutte le nostre debolezze e fragilità), allora potremo sperare fermamente di essere davanti a Lui per l’eternità. In caso contrario, che cosa ci accadrà se vivremo nell’odio e nella malvagità? In tal caso saremo destinati all’inferno, che però non dobbiamo interpretare come un luogo fisico, quanto la condizione di non-amore, di lontananza dalla grazie salvifica di Dio che ci condannerà alla perdizione.
Una volta compreso appieno questo profondo passaggio si può anche capire il senso della seconda lettura: Paolo ci indica i doni che il Signore ci ha dato e ci esorta a glorificare il Suo amore, perché è mediante esso che noi possiamo ricevere il dono della resurrezione. Se oggi non viviamo con fede l’amore di Dio, testimoniandolo con le nostre opere, come potremo pretendere di ricevere dal Lui la vita eterna? Egli è misericordioso e non si stanca mai di chiamarci «all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo»: camminiamo verso di lui con fede salda, più forte della morte.
Buona domenica.

Don Paul