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Manghi (Italia Viva Reggio Emilia): “Avremo sempre meno acqua in certi periodi dell’anno, partire dalla diga di Vetto”

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Riceviamo e pubblichiamo

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Stamattina ho partecipato alla conferenza “Acqua per la vita: una sfida epocale per i nostri territori. Scenari futuri e sostenibilità” che si è svolta a Parma, organizzata dai Club Lyons.

Un incontro interessante e partecipato, che ha riportato ancora una volta l’acqua, l’emergenza idrica e proposte per il futuro, al centro dell’attenzione.

L'acqua è un bene prezioso ma, purtroppo, non ce ne rendiamo conto fino a quando non manca.

I cambiamenti climatici sono ormai un fatto dimostrato e temo non reversibile, se non nel lunghissimo periodo. Avremo sempre meno acqua in certi periodi dell'anno e troppa e troppo in fretta in altri.

Dobbiamo imparare a raccoglierla e a farne tesoro e dobbiamo farlo subito, non fra dieci o venti anni.

Per i nostri territori significa ripartire subito, senza temporeggiare ulteriormente sulla base di giustificazioni assurde ed obsolete, e ripartire dai progetti pronti e approvati, da adeguare alle normative vigenti.

Significa partire dal progetto Marcello e dalla diga di Vetto.

I benefit saranno importanti per l’agricoltura, per l’economia, per l’energia, per il marketing territoriale, l’hanno capito ormai (quasi) tutti, la politica locale, regionale e nazionale si attivi con coraggio e tempestività

(Maura Manghi. coordinatrice Italia Viva Reggio Emilia)

 

 

3 COMMENTS

  1. Complimenti a Maura Manghi, da anni sostengo la ripresa dei lavori della Diga di Vetto sospesi il 16 agosto del 1989 e partecipo a convegni per le necessità idriche ad uso idropotabile, irriguo ed energetico di Reggio e Parma e per evitare qualsiasi esondazione a Valle e a dare un futuro ai paesi montani; ma mai mi era capitato di ascoltare una persona che in un pubblico convegno esprimesse concetti chiari e concreti sulla situazione idrica in cui ci troviamo da decenni a seguito dei cambiamenti climatici; bravissima Maura Manghi, ti auguro i successi che meriti, hai sorpreso me ma tanti partecipanti a questo Convegno organizzato dai Lions di Parma, Reggio e Mantova. Dal Convegno è emerso chiaramente che il No alla ripresa dei lavori della Diga di Vetto come da progetto Marcello, previo adeguamento, è solo politico. il Prof. Ballarini, Professore emerito dell’Università di Parma e Membro di commissioni scientifiche della Repubblica Italiana ha illustrato le vicende storiche dei periodi di siccità in Emilia, il Prof. Fazzini docente di numerose università Italiane e membro permanente di Commissioni sul clima, ha illustrato i cambiamenti climatici e le conseguenze sul territorio e la necessità di invasi in montagna per trattenere le acque, specie nei periodi alluvionali. il Prof. Orlandini docente di costruzioni idrauliche dell’università di Modena e Reggio ha illustrato che i serbatoi in montagna sono indispensabili per creare riserve idriche, la prevenzioni delle alluvioni e per lo “stoccaggio Idroelettrico”, un invaso in montagna non è solo una riserva idrica ma anche una riserva energetica; è stato molto chiaro, l’invaso di Vetto dovrebbe essere di 150/180 milioni di metri cubi e non di 102 come da progetto Marcello. Voce fuori dal coro, contestata proprio da Maura Manghi e non solo, è stata quella della Dott.ssa Moroni dell’Autorità di Bacino del Po, illustrando che AiPo propone un invaso di 20/24 Milioni di metri cubi d’acqua sull’Enza, ma non è ancora definito dove e quando. La proposta di AiPo anche a mio avviso è pura follia, una proposta che prevede di spendere 250 milioni di Euro, e ripeto 250 Milioni, per un invaso che in pochi decenni si inertizza, che non avrà alcun potere di laminazione delle alluvioni a valle, che non produrrà energia, che si riempie e si svuota rapidamente e che costerebbe poco meno di una diga da 100 milioni, ma oltre a questo significherebbe rifare una nuova progettazione, anni di tempo e milioni di Euro, ottenere i pareri favorevoli, sperando di ottenerli ma non è certo di ottenerli; a fronte di un progetto già approvato e adeguabile in pochi mesi e con pochi Euro. Ma contro i no ideologici o politici, la speranza è solo una, che le cose cambino. Se siamo arrivati a questa situazione sia chiaro che, a mio avviso, le responsabilità della morte dei paesi montani, delle difficoltà degli agricoltori, dei danni da siccità e da esondazioni, della situazione energetica e tanto altro, è causa di chi ha sempre detto di NO alla ripresa dei lavori della Diga di Vetto come da progetto Marcello, no alla fondovalle Val d’Enza, no alla fondovalle Val Secchia, no al traforo del crinale, ecc. ecc.; una cosa è certa, quando in montagna non ci sarà più nessuno, la Diga di Vetto alla montagna non servirà e i NO a tutto avranno vinto la loro guerra.

    • Firma - Franzini Lino Presidente della Municipalità di Ramiseto
  2. La questione “diga di Vetto” continua ad essere divisiva, posto che si va da quanti mantengono la loro ferma contrarietà all’invaso, a chi lo vorrebbe di dimensioni contenute, mentre per altri la sua capacità potrebbe o dovrebbe superare quella del “progetto Marcello” (senza contare l’ipotesi di invasi plurimi a ridotta capienza o portata).

    In attesa che i “decisori politici” vadano a determinare la strada da prendere in merito, varrebbe forse la pena di considerare altri aspetti, sempre in tema di acqua – bene parecchio prezioso – e di cambiamenti climatici responsabili di siccità oppure di forti precipitazioni, aspetti su cui potrebbe semmai esservi o trovarsi una qualche convergenza.

    Aspetti che possono anche apparire minori o secondari, ma che a me non sembrerebbero comunque irrilevanti, giusto per mettere in atto ogni mezzo o strumento utile a fronteggiare in maniera più compiuta e articolata un problema che, a sua volta, non si presenta con una sola faccia, e merita pertanto di essere affrontato agendo da più lati.

    Così come è stata incoraggiata la produzione di energia a livello “domestico”, tramite il ricorso ai pannelli fotovoltaici, potrebbe incentivarsi la raccolta dell’acqua piovana presso la propria abitazione o laddove si dispone di coperture che lo consentano, così da poterla poi utilizzare nella molteplicità di casi che non richiedono l’impiego di quella potabile.

    Mi riferiscono inoltre di località in cui le “acque bianche” piovane vanno inizialmente a finire in un tratto di fognatura interna alla proprietà, il cui diametro permette di trattenerla in modo che non “irrompa” di colpo nella rete fognaria pubblica andando ad ingrossare la portata e la “impetuosità” dei corsi d’acqua, con le eventuali conseguenze ed esondazioni.

    Riporto quest’ultima “notizia”, della quale non ho comunque certezza, riflettendo sui cambiamenti climatici che comportano non di rado intense precipitazioni, delle quali andrebbe possibilmente contenuta o regimata l’irruenza, tanto che sono state concepite le casse di espansione per taluni dei nostri fiumi-torrenti, e il principio mi sembra analogo.

    Da tempo sentiamo poi dire che le falde acquifere si sono progressivamente abbassate, col risultato che i pozzi “pescano” sempre meno acqua, e tra le ragioni del fenomeno parrebbe rientrare una minore percolazione di acqua piovana causa l’aumentata dimensione di superfici resesi impermeabili, da campi “filtranti” che erano stati in passato.

    Vi sono ovviamente casi in cui non era possibile fare altrimenti, ma mi è capitato di vederne altri in cui, ad es., i cosiddetti autobloccanti sono stati posati sopra un piano di cemento anziché di sabbia, come sarebbe stato verosimilmente possibile, col secondo dei quali attraversabile dall’acqua, e quindi più funzionale allo scopo di non far calare le falde.

    Capisco che i suddetti accorgimenti possono apparire quali “inezie” rispetto ad un’opera come la Diga, ma anche chi punta direttamente alla realizzazione dell’invaso può vederli come interventi complementari allo stesso, e hanno altresì il vantaggio, a mio giudizio almeno, che possono non essere divisivi e, anzi, trovare fors’anche buona condivisione.

    P.B. 07.11.2022

    • Firma - P.B.
  3. Purtroppo abbiamo dei politici che hanno una visione miope dei problemi montani e la diga di Vetto ne è un esempio, poi vi sono dei cosiddetti te nico che si a seguano visti gli incarichi che si ricevono. L’invaso deve essere plurimo per avere possibilità di un ritorno economico e sicuramente no deve avere dimensioni di una vasca da bagno ma visto gli importi in gioco de e essere pensato per le future generazioni in quanto l’acqua serve già oggi ed in futuro ancora di più, vi sono politici che si riempiono la bocca del fatto che l’acqua è l’oro del futuro e poi non fanno nulla per salvarla. Speriamo che chi di competenza si ravveda.

    • Firma - Gianni