Mahsa Amini, 22 anni, è morta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale a Teheran il 16 settembre 2022. Da allora in Iran è iniziato un movimento diffuso a favore dei diritti umani, dell'uguaglianza e contro il regime oppressivo. Questo è stato originariamente avviato da giovani donne e studenti che hanno protestato fuori dalle scuole. Ne abbiamo parlato con Martina Bianchi, giovane castelnovese, che nel 2019 ha visitato l'Iran.
Martina qual è il tuo legame con l’Iran?
Come prima cosa tengo a precisare che non sono un’esperta di Iran. Ho fatto un viaggio bellissimo che mi ha permesso di avvicinarmi ad un Paese molto complesso e per tanti aspetti diverso dalla narrazione che ne viene fatta sui media. Ho cercato di leggere, documentarmi e informarmi prima di partire, ma non mi ritengo assolutamente un’esperta di Iran o di politica internazionale, per cui quanto affermo è solo il personalissimo punto di vista di una persona che ha visitato l’Iran per piacere e curiosità, per farsi un’idea con i propri occhi di una realtà lontana e diversa dalla nostra. Il mio viaggio è durato 10 giorni, nell’agosto del 2019.
In Iran le proteste, dopo l’uccisione di Mahsa Amini e di Hadith Najafi, sembrano essersi trasformate in una vera e propria rivolta contro il regime. Vuoi dare un giudizio degli avvenimenti?
Le proteste che si sono accese dopo la morte di Mahsa Amini sono lo scoppio di un malcontento e di una situazione di sofferenza che va avanti da anni per il popolo iraniano. Non è facile descrivere e riassumere tutte le frustrazioni e i problemi che attraversano il Paese. Il velo è solo la punta dell’iceberg di tutta una serie di divieti e difficoltà che vivono le donne e i giovani in generale, legate sia a questioni morali e religiose, sia a impedimenti pratici ed economici. La svalutazione della moneta vanifica gli sforzi del lavoro e rende impossibile risparmiare. Per fare un esempio, la guida che avevo acquistato era aggiornata con i cambi del gennaio 2018 e dava 1€ = 43.357 IR (Rial iraniano). Quando sono andata, nell’agosto 2019, il cambio era 1€ = 128.000 IR, tre volte tanto in un anno e mezzo. E’ facile immaginare cosa vogliano dire questi numeri tradotti nella vita concreta delle persone, dove i risparmi di anni si trasformano in un pugno di mosche. Anche gli stipendi non seguono il passo dell’inflazione, e diventa molto difficile per le persone comuni permettersi una vita normale, soprattutto in città. Un altro tema è quello delle case. Mi hanno spiegato che non esistono gli affitti per come li intendiamo noi. L’unico modo per non comprare una casa è quello di versare una caparra di acquisto che poi viene resa dopo 1 anno se non si procede alla vendita. Per esempio, per una casa da €200.000, vengono versati € 80.000 di caparra. Il padrone di casa nel frattempo investe questo denaro, e gli interessi del “prestito” servono a coprire l’affitto, che dura sempre 1 anno o massimo 2. Il problema è che con l’inflazione molto alta, dopo 1 o 2 anni la caparra versata è molto bassa rispetto ai valori attuali, quindi viene chiesto di integrarla. Tutto questo sistema rende molto difficile per i giovani uscire di casa, intraprendere una vita autonoma. Il legame con la famiglia è forte, ma il fatto frequente che giovani di 30, 35 anni vivano in casa con i genitori, viaggino con loro, non abbiano una “indipendenza” per come la intendiamo noi, è legato anche a questi aspetti. Le scuole sono separate per sesso fin dalla prima infanzia, maschi e femmine si conoscono alle feste private che vengono fatte in casa, ufficialmente proibite dal regime. Non è sempre semplice far conoscere il proprio partner alla famiglia, e i giovani si frequentano magari per anni in segreto. Per le ragazze è impossibile viaggiare da sole già all’interno del paese, e l’idea di mandare una ragazza a studiare all’estero o trasferirsi per lavoro è spesso difficile da accettare per questioni morali nelle famiglie meno progressiste. Gli aspetti che ho descritto sono solo alcuni di un discorso molto più ampio, ma penso possano aiutare a comprendere l’insofferenza che porta le persone a rischiare la propria vita in piazza manifestando contro il regime.
Le donne in Iran vengono spesso descritte come passive di fronte ai soprusi, qual è stata la tua impressione durante il tuo viaggio?
Non conosco dove siano descritte le donne iraniane come passive, ma trovo questa lettura non veritiera e semplicistica. Le donne sono vittime di un sistema molto più grande di loro, sono stanche, esasperate e private di diritti che noi consideriamo scontati. Ribellarsi e scendere in piazza come stanno facendo in queste settimane è un gesto di un coraggio estremo, che non si può che onorare e ammirare profondamente. Vorrei consigliare due libri bellissimi su questo tema: “Persepolis” di Marjane Satrapi, che è sia un fumetto che un film, e “Leggere Lolita a Tehran”, di Azar Nafisi . Sono due testimonianze di autrici femminili molto preziose sulla storia recente dell’Iran e sulla situazione delle donne.
Durante la tua permanenza in Iran hai percepito questa forte sensibilità al velo?
Per l’esperienza che ho avuto io, al di fuori della città di Qom, la più religiosa, le donne e le ragazze indossano l’ hijab, una sciarpa appoggiata sul capo e a sulle spalle, ampia, come quella delle immagini di Mahsa Amini, oppure con veli più aderenti al viso. Altre donne invece portano una tunica lunga nera che copre le spalle e il corpo, lasciando scoperto il volto. Parlando con le ragazze, il velo era percepito come un'imposizione e mal sopportato. Molte lo portavano in fondo alla testa, cercando di renderlo simile a una sciarpa. "Puoi toglierti il velo" era la frase con cui le persone ci accoglievano in casa o nelle situazioni protette, come dire mettiti comoda, sentiti a tuo agio, sei al sicuro qui.
Come pensi si svilupperà la situazione?
E’ molto difficile prevedere quello che succederà. Da tempo sono chiari i segni di insofferenza al regime, ma allo stesso tempo è molto difficile scardinare un sistema che è al potere da quarant’anni. Le proteste stanno avendo forte eco internazionale, ma non sarà sufficiente questo per cambiare le cose.
L'Occidente come potrebbe sostenere il movimento delle donne nei paesi islamici?
L’Iran non è un paese islamico classico, la corrente che è al governo è quella Sciita, una minoranza nel panorama del mondo islamico, per la maggior parte sunnita. Quella che si sta sviluppando in Iran a mio avviso non è una ribellione all’Islam, quanto al Regime di dittatura religiosa che si è insediato dopo la rivoluzione per far cadere lo Scia nel 1979. Penso che il modo per sostenere questa rivolta sia quello di manifestare solidarietà, parlare con gli iraniani in Italia e chiedere il loro punto di vista, informarsi su quello che succede e sulla storia di questo paese.
Tornerai in Iran in futuro?
Mi piacerebbe moltissimo. L’Iran ha lasciato un ricordo molto bello in me, e la voglia di continuare a scoprirlo.