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Giuliano Razzoli pronto per la Coppa del Mondo di sci alpino

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E' un Giuliano Razzoli in splendida forma quello abbiamo incontrato qualche giorno fa nella sua abitazione di Razzolo; il Campione Olimpico 2010 di slalom speciale è pronto ad un’altra stagione di gare di Coppa del Mondo di sci alpino, che prenderà il via ufficialmente questo fine settimana a Solden (AUT) con lo slalom gigante sia maschile che femminile.

Campione Olimpico 2010 a Vancouver, 2 vittorie in Coppa del Mondo e altre 9 volte sul podio, 3 volte campione italiano, 2 medaglie d'oro ai mondiali militari e 3 vittorie in Coppa Europa, in slalom speciale, Giuliano Razzoli, si è concesso a Redacon per una breve intervista, prima di partire per ultimare la preparazione, in vista della stagione alle porte.

Giuliano, innanzitutto come stai e che tipo di preparazione stai facendo?

Più o meno sto seguendo la preparazione degli ultimi anni, ho iniziato a sciare a luglio, dopo avere fatto la preparazione atletica, e continuerò a sciare in ghiacciaio fino a che non ci saranno piste, anche con neve artificiale, pronte per terminare la preparazione.

La scelta di non andare in Argentina assieme ai tuoi compagni di nazionale è quindi una scelta tua condivisa con la federazione?

Si al contrario dello scorso, quest’anno, ho scelto io di non andare in sud America, perché ho notato che il recupero dei carichi di lavoro, fatto in modo continuativo per circa 25/30 giorni in altura era, per me, molto più lento nell'essere smaltito e impiegavo molto più tempo, nel raggiungere la condizione ottimale. Rimanendo in Europa, invece, ho la giusta alternanza sci/atletica e in questo modo, riesco a lavorare con i giusti tempi e i giusti carichi su entrambe le cose. D'estate naturalmente ho più tempo per la preparazione atletica, ma da fine settembre, inizio di ottobre in poi, gli allenamenti sugli sci diventano via via sempre più predominanti sulla parte prettamente fisica.

Sei uno dei veterani della Coppa del Mondo di sci, sicuramente uno dei più "maturi" del circo bianco; immagina per un attimo di avere a disposizione l'auto di Doc, quella del famoso film Ritorno al Futuro: Giuliano Razzoli,  se potesse tornare indietro nel tempo, cambierebbe  qualcosa della sua carriera sportiva, e se sì, che cosa?

(sorride n.d.r.) Rimpianti non ne ho. Col senno di poi è chiaro che se potessi tornare indietro qualcosa lo cambierei, ma non ho un vero e proprio rimpianto sportivo; sicuramente, a posteriori, con calma, è più facile giudicare ed analizzare le gare che non sono andate come ci si aspettava, ma questo fa parte della vita, e gli errori, così come le scelte giuste, fanno parte di questa. Sono molto contento di come è andata sin qui la mia vita sportiva, certo, se si potesse tornare indietro una due gare le aggiusterei, vedi Kitzbühel quest'inverno quando sono uscito a poche porte dalla vittoria, ma sarebbe troppo facile; credo invece che di opportunità potrei averne ancora in futuro, e, molto probabilmente, gli errori commessi in passato mi saranno d'aiuto per poterle coglierle.

Adesso tocca a me. La macchina del tempo io la imposto per tornare al quel 27 Febbraio 2010; il pettorale numero 13, la splendida prima manche conclusa al primo posto con 43 centesimi su Valencic, e poi l'attesa per la seconda, la piazza di Villa Minozzo gremita, il maxischermo, tu che ti presenti al via con 58 centesimi di vantaggio su un certo Ivica Kostelić, il silenzio, l'apprensione per un piccolo errore dopo l'intermedio, il traguardo che sembra non arrivare più, e poi quella luce verde e la gioia per una grande vittoria: è andata così?

Devo ammettere che la prima manche di Vancouver rimarrà dentro di me come la manche perfetta, fatta, per giunta con il pettorale numero 13, quando la pista iniziava già a non essere più così tirata, come invece lo era per i primi numeri;  non avrei davvero potuto fare di meglio, ho ripensato più volte a tutti quei passaggi, ma credo di non aver sbagliato ad interpretare un solo centimetro del tracciato. Poi la lunghissima attesa prima di ripartire per la seconda manche, la pressione che sicuramente era molto elevata, fattori questi, che non mi hanno per nulla aiutato, ma la situazione era uguale per tutti, ed ho pensato solo a fare del mio meglio, cercando di migliorarmi ancora. Sono scattato dal cancelletto consapevole di essere in vantaggio e di essere veloce, ma le condizioni del tracciato erano seriamente peggiorate rispetto alla prima discesa.  Nella prima parte andavo veramente a "tutta" ma, hai ragione, all'ingresso sull'ultimo muro ho fatto un piccolo errore, che mi ha fatto alzare un po’ il piede dall'acceleratore; sapevo di essere in vantaggio e ho cercato di ridurre al minimo la possibilità di farne un altro; nelle ultime 5/6 porte, invece, ho ritrovato un buonissimo ritmo ed alla fine mi sono messo la medaglia d'oro al collo.

Erano gli anni di Hermann Maier, Bode Miller e gli Italiani avevano ancora negli occhi le vittorie di Alberto Tomba, che come te è nato e cresciuto in appennino. Personalmente, fossi stato un dirigente sportivo, ti avrei invitato in qualsiasi scuola o in tutte le manifestazioni sportive per fare da traino a tutti quei giovani che in quel momento sognavano di diventare dei vincenti. La tua vittoria olimpica che impatto ha avuto, sulla tua vita, dopo Vancouver?

Nel 2010 ancora non vi era stato il boom che c'è attualmente attraverso i social, ma nonostante questo la mia vittoria ha avuto una grossa importanza a livello mediatico, in quanto quell'anno fui l'unico medagliato della spedizione olimpica azzurra. Avrei dovuto avere il triplo del tempo che ho dedicato a tutte le attività che ho fatto dopo la vittoria, e visto che prima abbiamo parlato di passato, se tornassi indietro, dopo Vancouver farei un po’ più di vacanza. (sorride n.d.r.). Sono stato molto attento nel non perdermi troppo in attività extra sportive, in modo da farmi trovare pronto alla stagione successiva, la prima che avrei affrontato da campione olimpico in carica. Ho rifiutato quindi un sacco di proposte, per potermi allenare serenamente, dedicando il giusto spazio alla preparazione, perché nella nostra disciplina non ci si può mai fermare, sono troppi gli impegni tra coppa del mondo, mondiali, olimpiadi, allenamenti, trasferte anche impegnative come quelle americane. A dire la verità qualche attività interessante con i giovani, con le scuole, negli anni, è stata fatta, ma non nell'immediato, bensì anni dopo, quando, passato l'interesse per la vittoria olimpica, avevo un po’ più tempo da dedicare a questi progetti; tempo che sicuramente non mi mancherà una volta che avrò appeso gli sci al chiodo.

Abbiamo parlato e ricordato con piacere di quello che è stato il momento più bello e sicuramente più importante della tua carriera, quale è stato invece il momento di maggiore difficoltà della tua vita sportiva?

Fortunatamente mi ritrovo oggi ad analizzare ed a guardare con soddisfazione ciò che ho costruito; la mia è una carriera abbastanza lunga e i momenti difficili arrivano più o meno per tutti. Non c'è un periodo particolare che ricordo come momento peggiore, ma la mia grande soddisfazione è stata quella di tornare ai vertici dello sport che amo, dopo gli infortuni, dopo gli stop o dopo alcune gare che non sono andate come ci si aspettava. Di momenti difficili, nella mia vita sportiva, ne ho passati diversi. Prima di entrare in nazionale ho avuto uno stop abbastanza lungo, di circa due anni, dove ho rischiato il ritiro ancor prima di iniziare; nel 2013 quando ho avuto un sacco di problemi fisici che mi hanno molto penalizzato, e poi il grave infortunio al ginocchio nel 2016 dal quale per riprendermi a pieno ho impiegato circa tre stagioni. Purtroppo, come ti dicevo prima, nello sci e soprattutto nello slalom "chi si ferma è perduto" perché poi quando si rientra in pista bisogna ripartire da dietro, con pettorali molto alti, che sicuramente non facilitano le cose. Ecco, penso che la mia più grande vittoria sia stata quella di dimostrare a tutti, e anche   me stesso, che dopo un periodo non facile si può tornare ai vertici e che il lavoro, l'allenamento ed i sacrifici alla fine pagano sempre. Come quando a Madonna di Campiglio arrivai al quinto posto partendo con il numero 69, quasi tutti mi davano già per finito e fuori dalla nazionale, mentre invece sono ancora qua con una bellissima stagione alle spalle dove ho ottenuto diversi piazzamenti nei dieci, un podio nello slalom di Wengen, ed un ottavo posto alle olimpiadi di Pechino, primo italiano al traguardo, dove ho mancato la medaglia veramente per un soffio.

Proprio a Wengen il 16 Gennaio 2022, hai stabilito il nuovo primato di atleta più anziano sul podio, di slalom speciale, in coppa del mondo. Parlando di olimpiadi, forse non tutti sanno che, Giuliano Razzoli ha già partecipato a 4 Olimpiadi, eri presente infatti a Torino 2006 come apripista di slalom speciale, (terzo tempo assoluto di manche n.d.r.) e poi Vancouver 2010, Sochi 2014 e Pechino 2022. Nel 2026 avrai solo 41 anni, un pensiero alle olimpiadi invernali di Milano-Cortina si può fare oppure no?

È difficile, molto difficile. Il livello è attualmente molto molto alto, e alla mia età è più complicato mantenere una condizione fisica per poter gareggiare a questi livelli. Il mio obbiettivo olimpico era quello di Pechino 2022, ed era nella mia testa da quando non partecipai a Pyeongchang 2018 per i postumi dell'infortunio al ginocchio. Ora, non credo sia possibile porsi un ulteriore traguardo quadriennale, ma credo sia più lecito e realizzabile, per me, avere un obbiettivo anno dopo anno e fare i conti a fine stagione; sinceramente non credo sarà possibile pensare di arrivare fino a Milano-Cortina, ma invece penso sia possibile ogni anno cercare di confermarsi e migliorare le proprie prestazioni. Al momento sto bene ed ho scelto di continuare per un’altra stagione, ma se il fisico dovesse iniziare ad accusare un po’ l'età verrà dire che sarà giunto il momento di salutare tutti. Per ora, però, quel momento non è ancora arrivato.

Quando arriverà quel momento, come vedi il movimento dello slalom speciale senza Giuliano: dopo di te e gli atleti che normalmente vediamo in gara nel fine settimana, ci sono dei giovani che stanno crescendo?

C'è stato un periodo dove i giovani facevano veramente tanta fatica, generazioni di atleti, ai quali, per vari motivi, è sempre mancato qualcosa per emergere. Ultimamente però qualche giovanissimo che sta facendo bene c'è, e lavorando nella giusta direzione penso che quando lascerò, dopo di me, ci possa essere una buona squadra che tenga alto il tricolore. Tra l'altro, nello staff della nazionale, abbiamo due bravissimi tecnici locali, che per giunta sono stati anche i miei tecnici; Samuele Sentieri di Collagna, che sarà alla guida della nazionale C, e Riccardo Coriani, di Villa Minozzo, tecnico della nazionale A di slalom gigante. Questo mi fa stare molto tranquillo per quanto riguarda il futuro, perché, Samuele e Riccardo, assieme a tutti gli altri tecnici del team Italia, sapranno mettere i giovani nelle migliori condizioni per emergere.

Per quanto riguarda lo sci, sei l'atleta che, molto probabilmente, ha vissuto più cambiamenti; dai materiali ai format di gara, passando per gli impianti alla neve stessa, allenandoti e gareggiando sui comprensori sciistici di tutto il mondo. È indubbio che i nostri piccoli comprensori d'appenino siano da anni in difficoltà, sicuramente per la mancanza di neve, ma anche per i costi di gestione che ogni anno aumentano. Che cosa pensi si possa fare per rilanciare location come Febbio, Cerreto, ma anche Civago, che hanno alle spalle un appennino stupendo?

Una risposta vera e propria a questa domanda non ce l'ho. Purtroppo, come hai appena detto tu, negli ultimi anni la mancanza di neve ha penalizzato gravemente la stagione invernale, che in passato era il fulcro di tutte le attività. Quello che vedo mancante, rispetto agli altri comprensori, è un vero "sistema montagna" completo, che funzioni tutto l'anno, con le attività di ogni settore che lavorano coese tra loro su una programmazione a lungo termine. Può sembrare facile da dire ma credo che la nostra splendida montagna, attualmente, abbia bisogno di un aiuto per potersi risollevare e fornire ai montanari nuove opportunità. Sicuramente la voglia di fare qui in montagna non manca, io stesso ho scommesso, con forza, su questo, ma non basta; le singole iniziative purtroppo, oggi giorno, portano a poco, invece, se ci fosse un sistema montagna completo e funzionante, potrebbero arrivare turisti, sportivi ed appassionati non solo dalla città, ma anche da tutta la regione. Non è sicuramente facile e la scarsità di neve è, evidentemente, un bel problema; mentre d'estate le nostre montagne si possono vivere in modo diverso, d'inverno è la neve, e quindi lo sci, l'elemento predominante per fare funzionare la montagna. Le stazioni sciistiche sono quindi molto importanti per fare sì che i giovani inizino a sciare, creando quel movimento per cui le persone tornino in montagna e sostengano di conseguenza le attività locali.

Un’ ultima domanda, ormai la stagione 2022/23 è alle porte; dai conti che ho fatto, in Val d'Isère, l'11 dicembre, quando prenderà il via il primo slalom speciale della stagione, dovresti partire in primo gruppo di merito. Quali sono i tuoi obbiettivi per quest’anno?

L'obbiettivo è sempre quello ogni anno: migliorarsi sempre. Si lavora d'estate, si lavora in pista, si lavora in autunno per cercare di fare un passo in avanti, sia tecnico, che fisico che atletico, rispetto al passato.  E'molto difficile realizzare tutto questo; ad esempio, l'anno scorso ero molto in forma e mi basterebbe avere la condizione del 2022, con un anno più, per ripartire. Sicuramente il mio obbiettivo è puntare nuovamente al podio, ho un conto ancora aperto con Kitzbuehl, e poi ci saranno i mondiali in Francia e tante altre belle gare per potere fare bene.