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Memento mei, il racconto di Federico Romiti

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                                       IL VIALE DEGLI ALBERI DIMENTICATI

Amico, tutti i giorni zappo un canto

della mia terra e trancio i ributti

disordinati, e tutti gli anni pianto

un albero. Mai ne vedrò i frutti,

o la chioma solenne e maestosa.

E’ sol per te la ginko millenaria,

che nei secoli diverrà frondosa,

per te che ancora godi luce ed aria.

Questi alberi son semi di speranza.

la voce fievole  dei trapassati,

un segno, un simbolo di rimembranza,

per noi speranza d’esser ricordati.

Dai libri, dalle opere, sonora

balza dei grandi la voce immortale,

che vibra forte e ci parla ancora.

Io misi un segno muto  in questo viale,

umile esempio della mia fatica.

Riguardali con espressione amica

e rispetta, amico sconosciuto,

quanti nel tempo ti hanno preceduto.


Da fanciullo guardavo con molta attenzione lo zio Giandino, un vecchio già venerando, rude e irsuto montanaro allora quasi novantenne, che ogni anno sistematicamente innestava giovani castagni, ben conscio che non ne avrebbe mai colto una sola castagna  da seccare nel metato come aveva fatto per tutta la vita. Diceva che lo faceva per “quelli che verranno, come per lui l’avevano fatto quelli dei tempi andati”; era un dono alle generazioni future, in una catena nei secoli, che si materializza negli enormi fusti monumentali  dei castagni secolari che sono riusciti a sopravvivere al “progresso”. Le generazioni succedute, del tutto inconsapevoli, recisero quei gesti  generosi, per sostituirli con essenze ritenute più utili.

Il vecchio invece voleva dare un segnale di amore per la sua terra e lasciarla in ordine, funzionale, in produzione, dato che si riteneva solo un proprietario “pro tempore”.

Anche a me chiedono perché perda il mio tempo  e il mio sudore a piantare lungo la cavedagna avorni, cornioli, ginko bilobe, querce, ciliegi, castagni, sorbe, giuggioli; a innestare alberi dei cui frutti non gusterò mai il sapore. Queste domande per me denunciano solo arida grettezza. La Nike di Samotracia era sublime anche quando era sepolta sotto metri di rovine e i fiori della giungla amazzonica non sono meno splendenti perché nessuno li vede. Io pianto questi alberi per amore della mia terra e perché sono belli di per sé, come progetto. Che poi qualcuno in futuro possa  capire e gustare il mio progetto è solo una flebile speranza.

Federico Romiti