“L’Unione Montana secondo me è a un bivio. È nata su una legge regionale non ben definita, si fa fatica perché abbiamo 3 momenti diversi: l’alto crinale, la centralità e i comuni che guardano la faccia della città. Un conto è essere i comuni di Casina e Carpineti che sono di cerniera verso la città, al di là di Castelnovo che è centro di servizi, ma un conto è esser Ventasso e Villa Minozzo. Noi siamo in perenne sofferenza, cerchiamo di trovare il poco che unisce e non il tanto che divide per continuare a dare i servizi essenziali con una risposta condivisa ma non sempre unitaria.”
Sono piene di amarezza le parole che Elio Ivo Sassi pronuncia ai microfoni di Radionova in occasione della fiera di San Michele.
L’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano è subentrata alla Comunità Montana ai sensi della legge regionale n. 21/2012 con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi, risparmiare e far avanzare l’innovazione e la semplificazione amministrativa. Attraverso le Unioni, i Comuni mettono insieme risorse umane, finanziarie e strumentali con le quali riorganizzare e razionalizzare i servizi. Ma nella pratica il sistema scricchiola.
“Manca una legge chiara della Regione – continua Sassi - che assegni strutture e denaro all’Unione, come era per la Comunità Montana, perché se i Comuni devono mantenere l’Unione è come un cane che si morde la coda. La Regione deve rivisitare il principio che ha fatto sull’Unione perché così non funziona, se io trasferisco i soldi dal mio Comune all’Unione non li ho per il Comune. L’Unione è importante ma è importante anche il radicamento del territorio perché la montagna ha bisogno di essere vissuta ma anche di rimanere territorio forte e responsabile a Villa Minozzo come a Ventasso come a Vetto che sono comuni che hanno lo stesso diritto di avere i servizi non aggregati a Castelnovo.”
L’intervista integrale nel video.
Se non ho frainteso il senso di queste righe, mi par di intravedervi l’idea o l’auspicio che l’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano possa ritornare ad essere qualcosa di simile alla trascorsa Comunità Montana, ossia un Ente dotato di prerogative e risorse finanziare proprie, e che dava una riconosciuta identità all’intero nostro territorio, cercando di valorizzare e nel contempo “compensare” le differenze e peculiarità tra i vari ambiti del nostro bell’Appennino (da quello di “cerniera verso la città” fino alla fascia del crinale).
Se così fosse, se cioè stesse effettivamente emergendo una sorta di nostalgia per la disciolta Comunità Montana, ci si potrebbe legittimamente chiedere – una domanda che io, negli anni, mi sono fatto ripetutamente anche su queste pagine – perché mai i nostri decisori politici dell’epoca abbiano optato per “estinguere” la Comunità Montana, sostituendola con l’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano (un po’ come rimpiangere le Province di una volta, della cui intervenuta trasformazione molti non si capacitano).
Il leggere qui del “tanto che divide per continuare a dare i servizi essenziali …”, cui segue “nella pratica il sistema scricchiola”, pone a mio avviso una questione affatto secondaria, che l’Autore di queste righe avrebbe potuto porre nell’incontro dell’8 settembre, a Villa Minozzo, dove il Pd montagna discusse di sanità (se ci fosse ancora la Comunità Montana, forse non ci troveremmo oggi a preoccuparci così tanto per le sorti del nostro Ospedale, e lì qualcuno poteva forse spiegare i motivi dell’avvenuta sua “soppressione”).
P.B. 25.09.2022
P.B.
Sassi, vice Presidente Unione Comuni Appennino Reggiano, ci comunica che in queste condizioni di gestione diseconomica la nostra Unione non può più andare avanti a meno che non intervenga la regione.
A questo punto se la Regione non interverrà, è lecito chiedersi se i servizi ora in capo all’Unione saranno restituiti ai comuni e da quando. Ma le altre Unioni della regione Emilia Romagna come sono messe?
Credo che il consiglio dell’Unione debba approfondire la questione ed informare i Montanari sulle future prospettive dell’Ente.
Selvaggia