Acqua cheta
Cerco la vecchia estate,
appena nata si è già eclissata,
l’hanno vista dormire spossata
sui prati di Sara tra le radici eterne
del faggio gigante.
Giro in lungo e in largo,
salgo fin lassù, l’acqua cheta
del laghetto musica serenità,
scendo lungo le sponde dell’Ozola,
ma non trovo niente se non fatica.
Mi muovo per le vie del borgo,
le panchine, dipinte di solitudine,
soffermano lo sguardo sulle auto che,
con i migliori pettegolezzi ferragostani,
rombano via dal paese.
Cerco la vecchia estate dappertutto,
ma non c’è traccia: nelle pizzerie non è
più “sold out”, i tavoli sono vuoti
e le sedie scricchiolano senza la presenza
confortante del villeggiante.
La cerco intorno a casa, le persiane
delle dimore sono sprangate di tristezza
e non c’è presenza dei sacchi del “rusco”
a testimoniare la vita quotidiana.
Cerco la vecchia estate nei prati
di Pradarena, ma non c’è testimonianza
né di grigliate né di picnic ed il pallone
dei bambini giocherelloni giace
sgonfio e logoro tra l’erba di una scarpata.
La cerco dentro me e finalmente la trovo:
vissuta, conviviale, desiderata, ben truccata.
L’aspetto è ottimo, con i “pomi” delle guance
luminosi come i raggi del solleone, portatrici
di aria buona e benessere della mente…
se ne stava accoccolata dolcemente nel cantuccio
dorato dei ricordi… come acqua cheta.
Alberto Bottazzi