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Acqua cheta, poesia di Alberto Bottazzi

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Acqua cheta

 

Cerco la vecchia estate,                                  

appena nata si è già eclissata,

l’hanno vista dormire spossata

sui prati di Sara tra le radici eterne

del faggio gigante.

 

Giro in lungo e in largo,

salgo fin lassù, l’acqua cheta

del laghetto musica serenità,

scendo lungo le sponde dell’Ozola,

ma non trovo niente se non fatica.

 

Mi muovo per le vie del borgo,

le panchine, dipinte di solitudine,

soffermano lo sguardo sulle auto che,

con i migliori pettegolezzi ferragostani,

rombano via dal paese.

 

Cerco la vecchia estate dappertutto,

ma non c’è traccia: nelle pizzerie non è

più “sold out”, i tavoli sono vuoti

e le sedie scricchiolano senza  la presenza

confortante del villeggiante.

 

La cerco intorno a casa, le persiane

delle dimore sono sprangate di tristezza

e non c’è presenza dei sacchi del “rusco”

a testimoniare la vita quotidiana.

 

Cerco la vecchia estate nei prati

di Pradarena, ma non c’è testimonianza

né di grigliate né di picnic ed il pallone

dei bambini giocherelloni  giace

sgonfio e logoro tra l’erba di una scarpata.

 

La cerco dentro me e finalmente la trovo:

vissuta, conviviale, desiderata, ben truccata.

L’aspetto è ottimo, con i “pomi” delle guance

luminosi come i raggi del solleone, portatrici

di aria buona e benessere della mente…

se ne stava accoccolata dolcemente nel cantuccio

 dorato dei ricordi… come acqua cheta.

 

 

Alberto Bottazzi