Riceviamo e pubblichiamo
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Nell’avvicinarci all’appuntamento elettorale del 25 settembre - e dopo che pare non aver funzionato granché, contro FdI, l’evocare il pericolo fascista - tra i simpatizzanti della sinistra che rifuggono ostinatamente dall’idea di un centrodestra quale possibile maggioranza nel Paese, ho sentito avanzare la tesi secondo cui, in siffatta eventualità, non potranno esservi comunque significativi scostamenti nella gestione economica del Paese, per una pluralità di fattori condizionanti, e vincolanti, a cominciare dal debito pubblico, che non lascerebbero comunque molti margini di azione ad un centrodestra che uscisse premiato dal voto.
Al di là dei sondaggi saranno ovviamente le urne a stabilire chi dovrà governarci, ma detta tesi pare intanto voler tatticamente scoraggiare quanti stanno oggi guardando al centrodestra quali suoi nuovi potenziali elettori, facendo loro intendere che rimarrebbero verosimilmente delusi, dal momento che il cdx non potrebbe in ogni caso abbassare le tasse, per fare un esempio, così che in questa sostanziale “parità”, sul piano economico, a dire della tesi in discorso, varrebbe la pena di scegliere partiti con “sensibilità” più avanzate rispetto alla destra, andando a preferire di fatto le sensibilità accampate dalla sinistra verso determinate tematiche.
Io non credo per niente alla tesi del “tanto non cambierebbe nulla”, giacché ritengo che i due versanti politici abbiano “ricette economiche” piuttosto diverse tra loro, in quanto rispettivamente ispirate da due diverse visioni della società, e penso altresì che non manchino affatto gli spazi per il centrodestra, una volta che dovesse assumere la guida del Paese, di poter rimodulare "vincoli” limitativi dati per intoccabili e insuperabili, ma se proprio si vuole far leva sulle differenti “sensibilità” esistenti tra destra e sinistra, a me pare esservi allora una ulteriore ragione per scegliere la prima nella cabina elettorale, per chi stesse valutando di seguire questa strada.
L’ulteriore ragione è riferita a quanti fanno affidamento su un insieme di principi e valori, anche identitari, sconosciuti come appartenenti al patrimonio della cultura politica di sinistra - al punto di averli visti dalla stessa casomai osteggiati o sminuiti - mentre oggi, nell’era della globalizzazione, ne avvertiamo sempre di più l’importanza, quale alternativa ad una progressiva ed incalzante omologazione, e dal momento che il centrodestra se ne è fatto in questi anni portavoce, e paladino, c’è ragionevolmente da supporre che continuerà a farlo anche per il futuro (tanto da meritare il voto di chi ritiene che tali principi e valori vadano mantenuti e salvaguardati).
P.B.