È stato ufficializzato nei giorni scorsi dalla Commissione europea al Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano il finanziamento del progetto Life BEEadpt sulla conservazione degli impollinatori.
“Un patto per l'adattamento degli impollinatori ai cambiamenti climatici” è il titolo del progetto finanziato dal Programme for Environment and Climate Action (Life) di cui il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano è il capofila e che coinvolge i seguenti altri nove partner italiani: il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), L’Università degli Studi di Camerino, la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, U-Space, Confagricoltura latina, l’Università degli Studi Roma tre, il Comune di Aprila e l’Ente regionale per la Gestione delle Aree Naturali Protette nel Comune di Roma.
“Abbiamo a Ligonchio risorse umane di eccellenza nella capacita di ‘vincere’ bandi europei ed capofila con Università, Cnr e in particolare ai parchi di Roma metropolitana – osserva Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale dell’Appennino –. Gli sconvolgimenti climatici in atto impongono di agire con attraverso urgenti azioni di mitigazione e resilienza agli effetti della crisi climatica. Questo importante progetto, dalla durata quadriennale, va in tale direzione. La tutela degli impollinatori è una azione indispensabile per garantire nel futuro le produzioni agro-alimentari e la conservazione nel lungo periodo degli ecosistemi naturali da cui dipendiamo. Senza impollinatori, senza fiori e frutti, come ci ricorda Einstein, avremmo pochi anni di vita. La tutela della biodiversità e della bellezza che ne deriva è l’essenza delle azioni dei parchi”,
“Innegabile la nostra soddisfazione e dell’intero partenariato per questa straordinaria notizia – dichiara Willy Reggioni, responsabile dell’ufficio conservazione e natura del Parco nazionale dell’Appennino – è difficile ottenere questi finanziamenti, ma abbiamo proposto un progetto convincente e coerente con gli obiettivi del programma Life, il principale strumento finanziario dell’Unione Europea dedicato alla tutela dell’ambiente, alla conservazione della natura e all’azione per il clima a fronte dei cambiamenti climatici per le attività umane”.
La soddisfazione per questo nuovo finanziamento, trova conferma nella variazione di bilancio del Parco nazionale dell’Appennino che dispone di due soli milioni di euro di stanziamenti ministeriali per il funzionamento, ma sale a 16 milioni di euro grazi a bandi vinti, prevalentemente europei, grazie allo staff di collaboratori, progettisti, tecnici.
Life BEEadapt, finalizzato a migliorare la resilienza climatica degli ecosistemi naturali, agricoli e periurbani rendendoli capaci di supportare meglio gli impollinatori (domestici e selvatici) contro gli eventi meteorologici estremi indotti dai cambiamenti climatici, sarà finanziato per un importo complessivo di oltre 3,2 milioni di euro, di cui circa 500 mila ricadranno direttamente sul territorio del Parco, dal Programma LIFE 2021- 2027.
Tra le azioni previste dal progetto: la realizzazione di habitat più idonei agli impollinatori - attraverso interventi di miglioramento e diversificazione, creazione di rifugi e siti di riproduzione - oggi messi in crisi dal cambiamento climatico; implementare il quadro conoscitivo; il coinvolgimento e la sensibilizzazione degli stakeholder del territorio e la cittadinanza tutta.
Da quanto mi è capitato di vedere ed ascoltare, nell’anno in corso si è assistito ad una soddisfacente produzione di frutta, credo anche di quella selvatica di bosco, e detta buona riuscita può essere verosimilmente ascritta ad una pluralità di fattori, dei quali mi è dato di sapere, vedi l’assenza di gelate tali da compromettere la fioritura, o l’intervento di correnti d’aria favorevoli alla impollinazione, nonché, giusto per stare in tema, una presenza adeguata di insetti pronubi (il che deporrebbe per una popolazione di impollinatori tuttora in buona salute).
Condizione, quest’ultima, che potrebbe tuttavia cambiare, pure in fretta, a fronte degli andamenti climatici, ed è dunque opportuno “mettere le mani avanti” attraverso la sperimentazione, specie per “implementare il quadro conoscitivo”. Per analogia, se si fosse partiti per tempo in campo idrico, davanti ai ripetuti segnali provenienti dal fronte meteo, avremmo probabilmente affrontato in modo diverso “l’emergenza siccità” (mentre sono rimaste sulla carta anche le soluzioni ipotizzate come alternative alla diga di Vetto da chi non la vede con favore)
Immaginando poi che questo progetto per la tutela degli impollinatori si proponga di fornire, alla fine del “percorso”, una qualche indicazione pratica ed operativa, mi chiedo se possa esservi un Ente di ricerca che, allo stesso modo, riesca a dirci come aumentare la presenza di rondini, rondoni e balestrucci, per riavvicinarci un pò ai numeri di una volta, posto che detta avifauna viene data come quella in grado di contrastare le zanzare diurne, che da qualche anno a questa parte paiono diventare un crescente e sgradito problema in zone che un tempo ne erano esenti.
Mi premetto infine una chiosa riguardo al termine “stakeholder”, che troviamo sul finire di questo articolo, per il quale mi domando se non poteva essere usata una espressione “nostrana”, visto che la nostra bella lingua ce lo consente, o includere perlomeno la traduzione, perché se è comprensibile il ricorso agli “inglesismi”, così da accostarci sempre di più ad un linguaggio internazionale, capibile da tutti, il farne un impiego sostitutivo del nostro vocabolario mi sembrerebbe indebolire alla lunga la nostra identità (tutto qui).
P.B. 04.09.2022