Ricorre giovedì 23 giugno il 78° anniversario della morte del partigiano Stefano "Nino Piccinini".
L'amministrazione comunale di Baiso commemorerà il caduto partigiano alle 19,30 presso il ponte del Carnione a Levizzano di Baiso, località Poggio del Bue, proprio nel luogo dove il giovane morì combattendo.
Stefano, familiarmente “Nino”, Piccinini era sassolese abitava in via Fenuzzi 18 e aveva 18 anni. Un suo congiunto Piccinini Triffone aveva combattuto nel 1848 per l’indipendenza d’Italia, partecipando al processo risorgimentale. Suo padre Francesco era stato consigliere comunale socialista tra il 1914 e il 1918 e aveva fatto parte della amministrazione socialista del Sindaco Paoli, che il fascismo nel 1921 sciolse con la violenza.
La madre Medici Irma era vedova e Stefano frequentava la IV istituto tecnico comunale a Villa Segrè. Suo fratello Pietro, appassionato di fotografia, ha lasciato immagini dei due carri armati brasiliani che entrano a Sassuolo e presidiano le due piazze e della sfilata dei partigiani nei giorni della liberazione. Ma Nino non potè gioire quel giorno di aprile col fratello e coi suoi amici partigiani perché era morto un anno prima nell’estate del 1944.
Sui fatti è stata lasciata una testimonianza diretta dal partigiano Vittorio Roncaglia, che era parte del manipolo: «La mattina del 23 giugno –ricordo che c’erano i covoni di grano nei campi – io, Nino Piccinini, Giorgio Fontana e uno che era stato nei pontieri e diceva di essere pratico di esplosivi, dalla base di Cerredolo fummo mandati a minare un ponticello sulla Radici, all’altezza del bivio per Baiso e Levizzano. Ci portarono giù con una macchina e sarebbero tornati a prenderci verso sera. L’ex militare iniziò a minare il ponte mentre noi ci eravamo messi in posizione da dominare la strada che veniva su da Sassuolo. Sono poi capitati lì dei borghesi, con i quali ci siamo messi a parlare. Dopo un po’, prima di mezzogiorno, abbiamo visto alzarsi una nuvola di polvere sulla strada bianca e poi intravisto un sidecar tedesco. Piccinini si è spostato verso il Secchia, io sono rimasto nella parte alta, vicino a una grossa siepe; la gente che era lì con noi è scappata verso il fiume. Quando ci siamo accorti anche della macchina che seguiva il sidecar era troppo tardi. Piccinini ha cominciato a sparare con il moschetto, ma i tedeschi l’hanno centrato subito con una raffica di mitraglia. Io, d’istinto, sono saltato dentro alla siepe fitta e piena di spine e sono rimasto lì tutto il giorno. I tedeschi hanno catturato Fontana e poi rovistato tutt’intorno, hanno interrogato gli abitanti di una casa lì vicino, li sentivo parlare e hanno anche sparato contro quei borghesi che stavano scappando verso il Secchia. Mi sono passati vicino più volte, anche a un metro o due di distanza… Solo quando ha fatto notte sono uscito dalla siepe e lungo il Secchia mi sono avviato verso Cerredolo; sulla strada mi sono incontrato con i nostri che stavano venendo in giù con le camionette».