18 e 19 giugno: Sante Messe di Prima Comunione a Vetto

In questa domenica di festa dopo la Pentecoste, la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità. Di primo acchito ci si potrebbe domandare se è così necessario dedicare una giornata dell’anno liturgico alla Trinità: in fondo ogni celebrazione liturgica e ogni singola preghiera non sono forse tenute nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?
Se ciò è vero, è però anche positivo fermarsi a meditare su questo concetto così misterioso e così centrale per la nostra fede. Non dobbiamo però impostare la riflessione sulla Trinità come se fosse un problema teorico da risolvere: anche se studiassimo per un anno intero tutti i trattati sul mistero trinitario, sbaglieremmo se considerassimo quest’ultimo solo un problema filosofico da risolvere.
Dunque come potremo descrivere con poche parole la Trinità?

Le letture della liturgia odierna ci guidano verso una possibile risposta. Essa è una storia d’amore eterna che lega in modo profondissimo le tre Persone divine e che si rivela nella storia umana. Dio è infatti amore, proprio come Gesù ce lo ha rivelato: è Padre, che per amore ha creato l’universo; è Figlio, che per amore si è donato all’uomo sulla croce per mostrargli misericordia fino alla fine; è Spirito Santo, amore che si dona perché possiamo vivere come figli amati.
In effetti la stessa natura di Dio presuppone la dimensione della relazione: il “Padre” è tale proprio in virtù del “figlio”, inteso sia come Figlio divino che come qualunque uomo creato a sua immagine e somiglianza. Detto altrimenti, è la volontà eterna di Dio che non cerca l’autoreferenzialità ma si apre completamente all’altro; non è una cosa avvenuta per caso, ma appartiene alla sua stessa essenza. Come quindi definire, anche solo in modo abbozzato, la Trinità?
Essa è un legame di comunione, che non annulla la l’alterità delle Persone divine, ma le mantiene unite nell’amore.

Nel Vangelo ascoltiamo Gesù mentre confida agli apostoli di non poter dire loro le molte cose che ha ancora da dire, perché non sarebbero capaci di portarne il peso.
Sembra un atteggiamento paternalistico, ma in realtà dobbiamo riconoscere che a volte è necessaria una certa educazione per poter sopportare sia le cose brutte che le cose belle che accadono nella nostra vita.
Chi può educarci in questo cammino?
Proprio lo Spirito Santo che Gesù ci promette, che saprà guidarci alla grande verità che dobbiamo scoprire: che noi, esseri fragili e fallibili, siamo amati con un amore infinito da parte di Dio Padre.
Spesso nella nostra vita quotidiana abbiamo paura di riconoscere questa verità; a volte facciamo fatica ad accettare i nostri limiti, altre volte temiamo di essere rifiutati e tendiamo ad adeguarci a canoni precostituiti per farci accettare dagli altri.
Ma non dobbiamo temere il giudizio di Dio: nell’amore ci ha creato, con un atto estremo di amore ci ha salvato e continuerà ad amarci per sempre.