Don Danilo Gherpelli ci ha lasciato da un mese ed ora riposa nel cimitero di Ramiseto. Questa sera, alle ore 19, nella chiesa parrocchiale di Ramiseto, il nuovo parroco don Evandro Gherardi celebrerà la messa del trigesimo della morte di don Danilo Gherpelli poi, per parlare di lui in compagnia, seguirà una pizza all’oratorio di Ramiseto.
Don Danilo è nato a San Martino in Rio il 12 settembre 1949, è stato ordinato sacerdote il 25 settembre 1976 dal vescovo di Reggio Emilia, monsignor Gilberto Baroni che, come raccontò, fu proprio lui ad indicargli la giusta strada da seguire, la via maestra mai abbandonata.
Don Danilo considerava settembre il suo mese fortunato, perché a settembre era nato e a settembre era diventato prete, poi tante altre cose si erano verificate proprio in quel mese tanto da rafforzare sempre più questa sua convinzione. Anche il 45esimo anniversario di sacerdozio di Don Danilo, una bella e semplice festa organizzata dai parrocchiani in un momento particolare a sorpresa dello stresso parroco, è stata fatta nel settembre dell’anno scorso in chiesa, luogo vocato al buon incontro.
Alla fine della messa si era scatenato un temporale e gli organizzatori, quei bravi parrocchiani che hanno guardato al presente pesando al futuro, hanno ritenuto di anticipare la festa di don Danilo ai 45 anni di sacerdozio ed hanno avuto ragione perché l’obiettivo dei 50 anni era troppo lontano. E’ stata una festa semplice spontanea in fondo alla chiesa dove le preghiere si mescolavano ai cibi preparati dai parrocchiani e il don sorpreso, sorridendo, si è complimentato con gli organizzatori partecipando serenamente, ma non senza pensieri, a quella mensa che sapeva tanto di “ultima cena”.
Dopo 45 anni, ricordava con grande emozione la prima messa celebrata al suo paese nella chiesa della parrocchia di San Benedetto in Rio. “Un giorno luminoso indimenticabile. Io, giovane prete, speravo di andare subito in qualche parrocchia e invece il vescovo mi ha assegnato altro compito: vice rettore delle scuole medie e superiori al Seminario di Reggio Emilia, dove sono rimasto 5 anni”.
Poi ha cominciato a girare la parrocchie, ma sempre della bassa reggiana e fra le tante che ha amministrato, non ha mai dimenticato quella di Castelnovo Sotto: “Lì sono rimasto ben 17 anni ed ho avuto modo di conoscere molta più gente di quei luoghi che ancora oggi mi vengono a trovare, siamo rimasti molto amici. Poi in quel periodo sono stato un previlegiato: avevo con me mia madre, 20 anni in carrozzella, è sempre rimasta con me. E’ stata una gran gioia averla accanto e seguirla”.
A Ramiseto don Danilo è arrivato il 4 ottobre 2014, vi ha trascorso otto anni della sua vita di cui gli ultimi due in condizioni di salute precaria, nascondendo la sofferenza con il sorriso fino all’ultimo, senza mai rinunciare al suo impegno di parroco di otto parrocchie, tali sono nel vasto territorio di Ramiseto in comune di Ventasso.
Inoltre l’Oasi di San Francesco da amministrare, una struttura parrocchiale per anziani con oltre 45 ospiti, per lo più non autosufficienti, che impegna molto.
L’amministratore don Danilo e la direttrice della struttura Guya Bianchi hanno affrontato, come tutte le case di riposo, momenti drammatici durante il periodo della pandemia del coronavirus.
“Ci sarebbero tante cose da dire, però non mi lamento, come in tutti i paesi ci sono persone che seguono bene, altre meno e noi preti, in questo mondo di bombardamenti dai media, ci possiamo fare poco. Sorretti dalla fede noi proviamo, ma tante volte ne usciamo sconfitti, resta la speranza”.
Stava volentieri in mezzo agli anziani dell’Oasi di San Francesco dove, tra l’altro, ha trascorso l’ultima settimana di vita con accanto il fedele accolito Valdo Bianchi che lo ha accompagnato nel sereno trapasso. Don Danilo diceva dell’Oasi: “E’ la mia palestra di vita, ci sono persone che non la pensano come me, ma questo è normale, basta dialogare per intendersi. L’Oasi di San Francesco per me è una grande opportunità, io sto benissimo con gli ospiti. E’ un luogo di sofferenza ma anche di serenità dove tutti ci possiamo riconoscere attraverso i volti, i comportamenti, le storie degli ospiti”.